Anno: 2012
Regia: Christopher Nolan
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Per l’ultimo capitolo della trilogia sul cavaliere oscuro, il regista Christopher Nolan decide di giocare di contropiede. Una strategia inaspettata per il regista, che ci ha abituati a giochi di prestigio narrativi e visivi fin dai tempi di “Memento”. Invece con “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” Nolan gioca d’attesa, come se aspettasse il momento giusto per fare punto. L’incontro però è altalenante, e più che altro si avverte una certa stanchezza a bordo ring, laggiù, dalle parti del coinvolgimento; come pure una vaga mancanza di idee davvero incisive sul versante registico. Bella la sequenza iniziale che richiama la verticalità di “Inception”, suggestive le panoramiche catastrofiche, ma francamente non si va così lontano come in passato. Insomma, Nolan confeziona una degna chiusura per la saga - la parabola dell’eroe che cade per rialzarsi, un motivo che qui diventa risorgimentale -, ma manca in qualcosa.
Otto anni senza Batman. Gotham vive la menzogna secondo cui Harvey Dent avrebbe redento la città, costringendo in carcere centinaia di malviventi. Ma come si dice niente è per sempre e l’arrivo di Bane cambierà le cose assecondando un piano folle. Creare l’anarchia prima della distruzione totale. Batman, completamente fuori allenamento, deve tornare per fermarlo…
Prima ancora che come film singolo, “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” funziona guardandolo nella totalità della trilogia. Qui infatti si percepisce una certa fretta nel racconto, malgrado le oltre due ore di durata. A essere precisi trattasi di vere e proprie accelerazioni temporali. Passaggi narrativi che frenano all’ultimo momento sul ciglio del cosiddetto buco di trama. Capita di assistere a personaggi che viaggiano da un capo all’altro della città (o persino del pianeta!) in tempi davvero troppo brevi. Un effetto molto poco realistico, soprattutto considerando l’impostazione dettata da Nolan. Inoltre alcune scelte fatte dai protagonisti funzionano poco, e in generale manca un vero tema portante. Nel film si parla invero di molte cose: violenza, crisi economica, crisi di valori, verità, giustizia, follia, redenzione, passando per la paura, il terrorismo, la solitudine, e persino arrivando a parlare di amore, ma manca un focus. Un accento che ci faccia capire realmente di cosa stiamo parlando. Questa schizofrenia tematica in sceneggiatura, poi, tocca anche i personaggi principali. Il litigio tra Alfred e Bruce, per dirla chiaramente, non funziona, come anche alcuni dialoghi che quasi contraddicono quanto detto nei film precedenti. Insomma, siamo sempre lì, sul ciglio del baratro. Si ha la sensazione di cadere da un momento all’altro nel mero fumettone. Nel blockbuster fine a se stesso.
E invece, a sorpresa, si rimane incollati allo schermo. Se all’inizio qualcosa non torna - mai come in questo caso la sceneggiatura è quanto di più lontano dalla didascalia fumettistica - proseguendo nella visione ci si rende conto dei numerosi punti di forza del film. Il più banale da evidenziare è il cast. Christian Bale è ancora una volta perfetto, inquadra ogni situazione, risulta credibile con maschera e senza. Stupisce Anne Hathaway nei panni di Cat Woman. Lontana anni luce dalla malinconica e bipolare Michelle Pfeiffer, ma migliore di Halle Berry. Dispiace forse che non abbia goduto di quella profondità che le aveva regalato Tim Burton più di venti anni fa, ma non si può avere tutto. Perfetto anche il cattivo. Una specie di Anti-Batman, anche fisicamente. Un uomo dalle origini simili, ma a differenza dell’eroe lui dalla sete di rivalsa si è fatto corrompere. E considerando che si tratta di Bane (non propriamente uno dei cattivi più profondi nel numeroso cast di villain dell’uomo pipistrello), bisogna ammettere che per renderlo credibile sullo schermo hanno fatto un lavoro di scrittura eccellente.
Con fare da maestro, Nolan coniuga tematiche a immagini. Crolla la città, letteralmente, come crollano le illusioni dei cittadini che la abitano. Troppo facilmente dilaga il caos (anche dentro di noi) e Gotham City è ancora una volta specchio del corpo di un eroe solitario. Martoriato, ferito, contuso, invecchiato. Corrotto dal degrado del tempo. Incapace di essere invincibile, e che infatti cade. E la propria resurrezione è una lunga scalata verso un nuovo sé. Nolan come regista si diverte e tanto, forse anche più che in passato. Attende l’avversario: noi. Ci chiede di farci avanti. Si scatena una rissa tra buoni e cattivi in cui sono tutti Batman o Bane che spezza il fiato. Bene o male non fa più alcuna differenza. E anche con le sbavature del caso, è un finale perfetto. Applausi.
Diego Altobelli (08/2012)
Regia: Christopher Nolan
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Per l’ultimo capitolo della trilogia sul cavaliere oscuro, il regista Christopher Nolan decide di giocare di contropiede. Una strategia inaspettata per il regista, che ci ha abituati a giochi di prestigio narrativi e visivi fin dai tempi di “Memento”. Invece con “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” Nolan gioca d’attesa, come se aspettasse il momento giusto per fare punto. L’incontro però è altalenante, e più che altro si avverte una certa stanchezza a bordo ring, laggiù, dalle parti del coinvolgimento; come pure una vaga mancanza di idee davvero incisive sul versante registico. Bella la sequenza iniziale che richiama la verticalità di “Inception”, suggestive le panoramiche catastrofiche, ma francamente non si va così lontano come in passato. Insomma, Nolan confeziona una degna chiusura per la saga - la parabola dell’eroe che cade per rialzarsi, un motivo che qui diventa risorgimentale -, ma manca in qualcosa.
Otto anni senza Batman. Gotham vive la menzogna secondo cui Harvey Dent avrebbe redento la città, costringendo in carcere centinaia di malviventi. Ma come si dice niente è per sempre e l’arrivo di Bane cambierà le cose assecondando un piano folle. Creare l’anarchia prima della distruzione totale. Batman, completamente fuori allenamento, deve tornare per fermarlo…
Prima ancora che come film singolo, “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” funziona guardandolo nella totalità della trilogia. Qui infatti si percepisce una certa fretta nel racconto, malgrado le oltre due ore di durata. A essere precisi trattasi di vere e proprie accelerazioni temporali. Passaggi narrativi che frenano all’ultimo momento sul ciglio del cosiddetto buco di trama. Capita di assistere a personaggi che viaggiano da un capo all’altro della città (o persino del pianeta!) in tempi davvero troppo brevi. Un effetto molto poco realistico, soprattutto considerando l’impostazione dettata da Nolan. Inoltre alcune scelte fatte dai protagonisti funzionano poco, e in generale manca un vero tema portante. Nel film si parla invero di molte cose: violenza, crisi economica, crisi di valori, verità, giustizia, follia, redenzione, passando per la paura, il terrorismo, la solitudine, e persino arrivando a parlare di amore, ma manca un focus. Un accento che ci faccia capire realmente di cosa stiamo parlando. Questa schizofrenia tematica in sceneggiatura, poi, tocca anche i personaggi principali. Il litigio tra Alfred e Bruce, per dirla chiaramente, non funziona, come anche alcuni dialoghi che quasi contraddicono quanto detto nei film precedenti. Insomma, siamo sempre lì, sul ciglio del baratro. Si ha la sensazione di cadere da un momento all’altro nel mero fumettone. Nel blockbuster fine a se stesso.
E invece, a sorpresa, si rimane incollati allo schermo. Se all’inizio qualcosa non torna - mai come in questo caso la sceneggiatura è quanto di più lontano dalla didascalia fumettistica - proseguendo nella visione ci si rende conto dei numerosi punti di forza del film. Il più banale da evidenziare è il cast. Christian Bale è ancora una volta perfetto, inquadra ogni situazione, risulta credibile con maschera e senza. Stupisce Anne Hathaway nei panni di Cat Woman. Lontana anni luce dalla malinconica e bipolare Michelle Pfeiffer, ma migliore di Halle Berry. Dispiace forse che non abbia goduto di quella profondità che le aveva regalato Tim Burton più di venti anni fa, ma non si può avere tutto. Perfetto anche il cattivo. Una specie di Anti-Batman, anche fisicamente. Un uomo dalle origini simili, ma a differenza dell’eroe lui dalla sete di rivalsa si è fatto corrompere. E considerando che si tratta di Bane (non propriamente uno dei cattivi più profondi nel numeroso cast di villain dell’uomo pipistrello), bisogna ammettere che per renderlo credibile sullo schermo hanno fatto un lavoro di scrittura eccellente.
Con fare da maestro, Nolan coniuga tematiche a immagini. Crolla la città, letteralmente, come crollano le illusioni dei cittadini che la abitano. Troppo facilmente dilaga il caos (anche dentro di noi) e Gotham City è ancora una volta specchio del corpo di un eroe solitario. Martoriato, ferito, contuso, invecchiato. Corrotto dal degrado del tempo. Incapace di essere invincibile, e che infatti cade. E la propria resurrezione è una lunga scalata verso un nuovo sé. Nolan come regista si diverte e tanto, forse anche più che in passato. Attende l’avversario: noi. Ci chiede di farci avanti. Si scatena una rissa tra buoni e cattivi in cui sono tutti Batman o Bane che spezza il fiato. Bene o male non fa più alcuna differenza. E anche con le sbavature del caso, è un finale perfetto. Applausi.
Diego Altobelli (08/2012)