Anno: 1978
Regia: Osamu Dezaki
Puntate: 26
Produzione: TMS Entertainment
Distribuzione in DVD: Yamato Video
Jim Hawkins, orfano di padre, vive con la madre nella Admiral Benbow Inn: locanda per marinai e viaggiatori che aiuta con entusiasmo e buona volontà a gestire insieme al suo fidato cucciolo di leopardo Benbow. La vita procede tranquilla tra le varie faccende, ma una sera un misterioso figuro, un pirata di nome Billy Bones, si presenta alla porta della locanda trascinando un misterioso forziere e portando con sé tanti sospetti. Malgrado lo scetticismo iniziale il piccolo Jim stringe con Billy un rapporto di fiducia che nel tempo gli fa conoscere il vero motivo della permanenza dell’uomo nella locanda. Billy Bones sta scappando dalle mire di un pirata senza gamba che vuole impossessarsi della mappa di un tesoro sigillata nel forziere. Quando Billy Bones, braccato dai seguaci del misterioso bucaniere, verrà ucciso, Jim si ritroverà tra le mani la chiave del forziere e la mappa che questo contiene. E’ l’inizio di un viaggio alla ricerca del leggendario tesoro appartenuto al pirata Flint. A seguirlo nella caccia un manipolo di loschi figuri, un capitano coraggioso, due nobili inglese, e l’ambiguo cuoco Long John Silver, che cammina aiutandosi con una gruccia...
Nel 1883 lo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson scrisse quello che è divenuto uno dei più famosi classici della letteratura per ragazzi: “L’isola del tesoro”. Narrato in prima persona, dalla prosa attenta, descrittiva, ma mai troppo prolissa, “L’isola del tesoro”, con i suoi personaggi pirateschi e la sua natura epica e votata all’avventura, è divenuto certamente il più famoso racconto sui pirati mai scritto. Anche grazie ad una serie lunghissima di film e versioni cinematografiche - che hanno visto tra gli altri attori del calibro di Orson Welles, Kirk Douglas, Danny De Vito, Christian Bale - il mito dell’isola e del bottino che questa nasconde ha perpetuato a esistere nel tempo.
Quasi cento anni dopo, nel 1978, Osamu Dezaki (lo stesso regista di fortunate serie animate quali “Rocky Joe”, “Jenny la tennista”, e “Lady Oscar”) decise di trasporre il capolavoro di Stevenson in animazione confezionando - ad opera della casa di produzione TMS, insieme agli sceneggiatori Haruya Yamazaki e Yoshimi Shinozaki, e contando sulla direzione artistica del grande Akio Sugino - una serie dal titolo “Takarajima” di 26 episodi che ripercorrono il viaggio d’avventura del giovane Jim Hawkins e della sua combriccola di pirati.
Leggendo il libro e guardando la serie ci si accorge da subito che Osamu Dezaki decise di porsi su un piano diverso rispetto al romanzo: assumendo cioè un atteggiamento più nozionistico rispetto a questo e approfondendo, persino inventando a tratti, il viaggio e gli incontri del piccolo Jim.
Appare evidente quindi l’origine “animata” del cucciolo di leopardo Benbow che accompagna il protagonista, utilizzato per spezzare la drammaticità di talune situazioni, come pure molti altri passaggi tra cui i più eclatanti sono sicuramente la tappa intermedia fatta dall’Hispaniola a un porto delle “indie occidentali” verso l’isola del tesoro e, soprattutto, l’enigma finale la cui risoluzione porta al ritrovamento dell’eredità del pirata Flint.
Osamu Dezaki, tralasciando l’ipotesi di seguire pedissequamente lo scritto del maestro, decise piuttosto di usarlo come traccia su cui poggiare le solide basi dei vari capitoli che formano la serie.
Ventisei episodi che si possono suddividere in cinque blocchi narrativi evidenti. Il primo è la preparazione al viaggio; il secondo appartiene alla navigazione in mare e alla conoscenza dell’equipaggio dell’Hispaniola; il terzo alla permanenza sull’isola e tutta la parte relativa al fortino; dunque la quarta, relativa alla caccia vera e propria del tesoro di Flint; e infine il ritorno a casa, con l’epilogo sui protagonisti.
Malgrado ciò che si potrebbe pensare a una prima analisi, tale suddivisione segue comunque l’ordine logico-narrativo dettato dal romanzo di Stevenson, che quindi continua a dettare tacitamente i momenti di svolta e più importanti della serie.
A ben vedere le suddette parti che compongono la serie animata, nonostante l’abilità con cui Osamu Dezaki cambi spesso il punto di vista, sono collegate da un unico tema narrativo portante: il rapporto d’amicizia tra Jim e il pirata John Silver, argomento che nel libro invece era tutto sommato accennato.
Sul legame tra i due antagonisti Dezaki “punta tutto”, elevando la descrizione del loro rapporto, eternamente diviso tra stima e rivalità, a messaggio universale di amicizia, rispetto e onore. Quello che fa Dezaki insomma è di trasformare il racconto della scoperta di un tesoro nel cuore di un’isola misteriosa, a romanzo di crescita di due pirati senza età: Jim Hawkins e Long John Silver. A prova di questo v’è lo sguardo finale che l’uomo divenuto vecchio concede al bambino divenuto uomo: un’occhiata soddisfatta e malinconica rivolta al “domani” e alla libertà del vivere, che manifesta tutta la poetica della serie.
Non contento del gioiello narrativo lasciato al pubblico della serie, caratterizzata da una regia cinematografica - fatta di campi lunghi, panoramiche e una suggestiva attenzione al corpo e alla mimica dei personaggi - Osamu Dezaki decise, anni più tardi, di tornare a parlare di quei due protagonisti e lo fece sceneggiando e dirigendo un episodio auto-conclusivo dal titolo “Un uomo chiamato Bonaccia”, pubblicato in Italia come “extra” per il mercato dell’home video, ma mai trasmesso in TV. (Nell'edizione da cofanetto della Yamato proposta in DVD possiamo godere anche, oltre che di approfondimenti e gallery, proprio dell'episodio inedito "Un uomo chiamato Bonaccia": una specie di commosso tributo alla serie e ai due protagonisti realizzato nel 1982. Molto piacevole.)
La serie televisiva invece andò in onda sui teleschermi della Rai nel 1982 e replicata solo due volte nel 1983 e nel 1986, con la sigla iniziale, piuttosto in linea con lo spirito piratesco, cantata da Lino Toffolo.
Ad oggi “L’isola del tesoro” rimane uno degli anime più riusciti, se non il più riuscito, nella storia d’animazione giapponese avente come scenario il mondo dei pirati. Un capolavoro dell’animazione giapponese (che, va detto, deve tutto al capolavoro letterario di Stevenson), di cui lo spettatore non può che rimanere affascinato. Magari accorgendosi a intonare soprappensiero il motivetto:“...Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!...”.
Diego Altobelli (2009)
Regia: Osamu Dezaki
Puntate: 26
Produzione: TMS Entertainment
Distribuzione in DVD: Yamato Video
Jim Hawkins, orfano di padre, vive con la madre nella Admiral Benbow Inn: locanda per marinai e viaggiatori che aiuta con entusiasmo e buona volontà a gestire insieme al suo fidato cucciolo di leopardo Benbow. La vita procede tranquilla tra le varie faccende, ma una sera un misterioso figuro, un pirata di nome Billy Bones, si presenta alla porta della locanda trascinando un misterioso forziere e portando con sé tanti sospetti. Malgrado lo scetticismo iniziale il piccolo Jim stringe con Billy un rapporto di fiducia che nel tempo gli fa conoscere il vero motivo della permanenza dell’uomo nella locanda. Billy Bones sta scappando dalle mire di un pirata senza gamba che vuole impossessarsi della mappa di un tesoro sigillata nel forziere. Quando Billy Bones, braccato dai seguaci del misterioso bucaniere, verrà ucciso, Jim si ritroverà tra le mani la chiave del forziere e la mappa che questo contiene. E’ l’inizio di un viaggio alla ricerca del leggendario tesoro appartenuto al pirata Flint. A seguirlo nella caccia un manipolo di loschi figuri, un capitano coraggioso, due nobili inglese, e l’ambiguo cuoco Long John Silver, che cammina aiutandosi con una gruccia...
Nel 1883 lo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson scrisse quello che è divenuto uno dei più famosi classici della letteratura per ragazzi: “L’isola del tesoro”. Narrato in prima persona, dalla prosa attenta, descrittiva, ma mai troppo prolissa, “L’isola del tesoro”, con i suoi personaggi pirateschi e la sua natura epica e votata all’avventura, è divenuto certamente il più famoso racconto sui pirati mai scritto. Anche grazie ad una serie lunghissima di film e versioni cinematografiche - che hanno visto tra gli altri attori del calibro di Orson Welles, Kirk Douglas, Danny De Vito, Christian Bale - il mito dell’isola e del bottino che questa nasconde ha perpetuato a esistere nel tempo.
Quasi cento anni dopo, nel 1978, Osamu Dezaki (lo stesso regista di fortunate serie animate quali “Rocky Joe”, “Jenny la tennista”, e “Lady Oscar”) decise di trasporre il capolavoro di Stevenson in animazione confezionando - ad opera della casa di produzione TMS, insieme agli sceneggiatori Haruya Yamazaki e Yoshimi Shinozaki, e contando sulla direzione artistica del grande Akio Sugino - una serie dal titolo “Takarajima” di 26 episodi che ripercorrono il viaggio d’avventura del giovane Jim Hawkins e della sua combriccola di pirati.
Leggendo il libro e guardando la serie ci si accorge da subito che Osamu Dezaki decise di porsi su un piano diverso rispetto al romanzo: assumendo cioè un atteggiamento più nozionistico rispetto a questo e approfondendo, persino inventando a tratti, il viaggio e gli incontri del piccolo Jim.
Appare evidente quindi l’origine “animata” del cucciolo di leopardo Benbow che accompagna il protagonista, utilizzato per spezzare la drammaticità di talune situazioni, come pure molti altri passaggi tra cui i più eclatanti sono sicuramente la tappa intermedia fatta dall’Hispaniola a un porto delle “indie occidentali” verso l’isola del tesoro e, soprattutto, l’enigma finale la cui risoluzione porta al ritrovamento dell’eredità del pirata Flint.
Osamu Dezaki, tralasciando l’ipotesi di seguire pedissequamente lo scritto del maestro, decise piuttosto di usarlo come traccia su cui poggiare le solide basi dei vari capitoli che formano la serie.
Ventisei episodi che si possono suddividere in cinque blocchi narrativi evidenti. Il primo è la preparazione al viaggio; il secondo appartiene alla navigazione in mare e alla conoscenza dell’equipaggio dell’Hispaniola; il terzo alla permanenza sull’isola e tutta la parte relativa al fortino; dunque la quarta, relativa alla caccia vera e propria del tesoro di Flint; e infine il ritorno a casa, con l’epilogo sui protagonisti.
Malgrado ciò che si potrebbe pensare a una prima analisi, tale suddivisione segue comunque l’ordine logico-narrativo dettato dal romanzo di Stevenson, che quindi continua a dettare tacitamente i momenti di svolta e più importanti della serie.
A ben vedere le suddette parti che compongono la serie animata, nonostante l’abilità con cui Osamu Dezaki cambi spesso il punto di vista, sono collegate da un unico tema narrativo portante: il rapporto d’amicizia tra Jim e il pirata John Silver, argomento che nel libro invece era tutto sommato accennato.
Sul legame tra i due antagonisti Dezaki “punta tutto”, elevando la descrizione del loro rapporto, eternamente diviso tra stima e rivalità, a messaggio universale di amicizia, rispetto e onore. Quello che fa Dezaki insomma è di trasformare il racconto della scoperta di un tesoro nel cuore di un’isola misteriosa, a romanzo di crescita di due pirati senza età: Jim Hawkins e Long John Silver. A prova di questo v’è lo sguardo finale che l’uomo divenuto vecchio concede al bambino divenuto uomo: un’occhiata soddisfatta e malinconica rivolta al “domani” e alla libertà del vivere, che manifesta tutta la poetica della serie.
Non contento del gioiello narrativo lasciato al pubblico della serie, caratterizzata da una regia cinematografica - fatta di campi lunghi, panoramiche e una suggestiva attenzione al corpo e alla mimica dei personaggi - Osamu Dezaki decise, anni più tardi, di tornare a parlare di quei due protagonisti e lo fece sceneggiando e dirigendo un episodio auto-conclusivo dal titolo “Un uomo chiamato Bonaccia”, pubblicato in Italia come “extra” per il mercato dell’home video, ma mai trasmesso in TV. (Nell'edizione da cofanetto della Yamato proposta in DVD possiamo godere anche, oltre che di approfondimenti e gallery, proprio dell'episodio inedito "Un uomo chiamato Bonaccia": una specie di commosso tributo alla serie e ai due protagonisti realizzato nel 1982. Molto piacevole.)
La serie televisiva invece andò in onda sui teleschermi della Rai nel 1982 e replicata solo due volte nel 1983 e nel 1986, con la sigla iniziale, piuttosto in linea con lo spirito piratesco, cantata da Lino Toffolo.
Ad oggi “L’isola del tesoro” rimane uno degli anime più riusciti, se non il più riuscito, nella storia d’animazione giapponese avente come scenario il mondo dei pirati. Un capolavoro dell’animazione giapponese (che, va detto, deve tutto al capolavoro letterario di Stevenson), di cui lo spettatore non può che rimanere affascinato. Magari accorgendosi a intonare soprappensiero il motivetto:“...Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto!...”.
Diego Altobelli (2009)