Regia: Tom McGrath
Distruzione: Universal Pictures
Anni fa su Metro City precipitarono due capsule da un altro pianeta. Il destino volle che la prima cadde nel giardino di una famiglia per bene, mentre la seconda nel penitenziario della città. I due bambini contenuti nelle sfere, quindi, una volta adulti, cominciarono a sviluppare le loro incredibili capacità diventando uno Metro Man, l’incarnazione della giustizia; l’altro Megamind, un criminale senza scrupoli.
Oggi. Quando in una battaglia definitiva Megamind uccide Metro Man, si ritrova di colpo solo e con una città ai suoi piedi. E dopo un periodo di spasso, la noia prende il sopravvento. Sconfortato, Megamind in un’altra intuizione geniale decide di cedere dei superpoteri a un umano, così da poter avere di nuovo qualcuno da affrontare in battaglia. Ma a sorpresa l’umano diventa più cattivo di lui…
Nel bene e nel male, i riflettori del cinema continuano a tenere un faretto puntato sul tema dei supereroi. E così ecco che nasce anche “Megamind”, un cartone sicuramente divertente, con punte di ironia notevoli e delle scelte narrative da capogiro, ma anche piuttosto stancante. Volendo essere sintetici, si potrebbe dire che “Megamind” è l’ennesimo cartone divertente e spassoso, adatto a tutta la famiglia e quindi da consigliare senza remore. Purtroppo però va fatta anche una considerazione a corredo del tutto perché il cartone diretto da Tom McGrath, lo stesso di “Madagascar”, mostra abbastanza chiaramente il fianco a una certa stanchezza di fondo. Ci si chiede alla fine della proiezione se sia giusto provarle proprio tutte per spremere un tema fino al midollo. Fin anche a prendere in giro il tema stesso. La sua iconografia, il suo immaginario, la sua identità come elemento del fantastico. Qui si ride bellamente dell’immaginario di Superman. Metro Man ne è una incarnazione evidente, mentre Megamind è un possibile alter ego di Lex Luthor, ma naturalmente più grottesco. Ecco, il punto è che sfugge un po’ il senso di tale operazione. Perché ridere di una fantasia? Cosa si vuole dimostrare? Cosa si vuole davvero dire di nuovo? Forse nulla, e forse sono solo domande espresse da un vecchio lettore romantico e un po’ infastidito. Però, è evidente che nell’animazione della Dreamworks, a differenza di quella della Pixar, manca generalmente un po’ di rispetto nel portare avanti il racconto. C’è una certa strafottenza di fondo. E se pure si ride sulle prime, poi viene voglia di smettere, come se si stesse ridendo di qualcuno, o qualcosa, che non può difendersi.
Oggi. Quando in una battaglia definitiva Megamind uccide Metro Man, si ritrova di colpo solo e con una città ai suoi piedi. E dopo un periodo di spasso, la noia prende il sopravvento. Sconfortato, Megamind in un’altra intuizione geniale decide di cedere dei superpoteri a un umano, così da poter avere di nuovo qualcuno da affrontare in battaglia. Ma a sorpresa l’umano diventa più cattivo di lui…
Nel bene e nel male, i riflettori del cinema continuano a tenere un faretto puntato sul tema dei supereroi. E così ecco che nasce anche “Megamind”, un cartone sicuramente divertente, con punte di ironia notevoli e delle scelte narrative da capogiro, ma anche piuttosto stancante. Volendo essere sintetici, si potrebbe dire che “Megamind” è l’ennesimo cartone divertente e spassoso, adatto a tutta la famiglia e quindi da consigliare senza remore. Purtroppo però va fatta anche una considerazione a corredo del tutto perché il cartone diretto da Tom McGrath, lo stesso di “Madagascar”, mostra abbastanza chiaramente il fianco a una certa stanchezza di fondo. Ci si chiede alla fine della proiezione se sia giusto provarle proprio tutte per spremere un tema fino al midollo. Fin anche a prendere in giro il tema stesso. La sua iconografia, il suo immaginario, la sua identità come elemento del fantastico. Qui si ride bellamente dell’immaginario di Superman. Metro Man ne è una incarnazione evidente, mentre Megamind è un possibile alter ego di Lex Luthor, ma naturalmente più grottesco. Ecco, il punto è che sfugge un po’ il senso di tale operazione. Perché ridere di una fantasia? Cosa si vuole dimostrare? Cosa si vuole davvero dire di nuovo? Forse nulla, e forse sono solo domande espresse da un vecchio lettore romantico e un po’ infastidito. Però, è evidente che nell’animazione della Dreamworks, a differenza di quella della Pixar, manca generalmente un po’ di rispetto nel portare avanti il racconto. C’è una certa strafottenza di fondo. E se pure si ride sulle prime, poi viene voglia di smettere, come se si stesse ridendo di qualcuno, o qualcosa, che non può difendersi.
Diego Altobelli (12/2010)