Anno: 2008
Regia: Nikita Mikhalkov
Distribuzione: 01
Remake di “La parola ai giurati” del 1957, che vide l’esordio alla regia di Sidney Lumet: “12” di Nikita Mikhalkov ne riprende il plot e lo attualizza alla odierna situazione politica russa. Il regista realizza un film caratterizzato da un ottima regia e da una sceneggiatura che nella lunga dissertazione sul libero arbitrio trova la sua legittimità.
All’interno di una palestra di una scuola elementare, dodici giurati si uniscono per deliberare la condanna di colpevolezza a carico di un giovane ceceno che ha ucciso il padre adottivo di origine russa. Sulle prime sembrano tutti d’accordo sull’esito della sentenza, quando però uno di loro esce dal coro e si schiera dalla parte di un verdetto di innocenza, i restanti undici cominciano ad avere il seme del dubbio…
Definire “12” un trhiller psicologico è, in effetti, piuttosto riduttivo. La pellicola di Mikhalkov – regista di capolavori come “Oci Ciornie” e “Pianola meccanica” - prende quasi da subito le sembianze di dramma esistenzialista. L’intento narrativo si rintraccia infatti in una lunghissima indagine sulla natura umana e sulla ricerca della verità, vista e raccontata attraverso i dodici giurati che, in un continuo andirivieni di rimembranze, rimettono in discussione i loro punti di vista e le loro convinzioni, in un’operazione che somiglia ad una rinascita personale.
Ottimi gli interpreti, tutti straordinariamente convincenti e tutti equivalenti sul piano dell’importanza narrativa. La loro prova attoriale colpisce e perfino commuove a tratti, sostenendo una sceneggiatura sì prolissa, ma priva di sbavature.
Magnifica invece la regia, con un momento in particolar modo (quello in cui si assiste alla simulazione da parte dei giurati del delitto preso in esame) che dimostra l’incredibile capacità di Mikhalkov di usare e trasformare il mezzo cinema in una perfetta macchina teatrale.
Diego Altobelli (07/2008)
estratto da www.tempimoderni.com
Regia: Nikita Mikhalkov
Distribuzione: 01
Remake di “La parola ai giurati” del 1957, che vide l’esordio alla regia di Sidney Lumet: “12” di Nikita Mikhalkov ne riprende il plot e lo attualizza alla odierna situazione politica russa. Il regista realizza un film caratterizzato da un ottima regia e da una sceneggiatura che nella lunga dissertazione sul libero arbitrio trova la sua legittimità.
All’interno di una palestra di una scuola elementare, dodici giurati si uniscono per deliberare la condanna di colpevolezza a carico di un giovane ceceno che ha ucciso il padre adottivo di origine russa. Sulle prime sembrano tutti d’accordo sull’esito della sentenza, quando però uno di loro esce dal coro e si schiera dalla parte di un verdetto di innocenza, i restanti undici cominciano ad avere il seme del dubbio…
Definire “12” un trhiller psicologico è, in effetti, piuttosto riduttivo. La pellicola di Mikhalkov – regista di capolavori come “Oci Ciornie” e “Pianola meccanica” - prende quasi da subito le sembianze di dramma esistenzialista. L’intento narrativo si rintraccia infatti in una lunghissima indagine sulla natura umana e sulla ricerca della verità, vista e raccontata attraverso i dodici giurati che, in un continuo andirivieni di rimembranze, rimettono in discussione i loro punti di vista e le loro convinzioni, in un’operazione che somiglia ad una rinascita personale.
Ottimi gli interpreti, tutti straordinariamente convincenti e tutti equivalenti sul piano dell’importanza narrativa. La loro prova attoriale colpisce e perfino commuove a tratti, sostenendo una sceneggiatura sì prolissa, ma priva di sbavature.
Magnifica invece la regia, con un momento in particolar modo (quello in cui si assiste alla simulazione da parte dei giurati del delitto preso in esame) che dimostra l’incredibile capacità di Mikhalkov di usare e trasformare il mezzo cinema in una perfetta macchina teatrale.
Diego Altobelli (07/2008)
estratto da www.tempimoderni.com
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