Distribuzione: 01 Distribution
Il premio Oscar per “No Man’s Land” (2001) Danis Tanovic presenta “Triage” (la tradizionale pratica di pronto soccorso, per smistare i pazienti sulla base dell'urgenza di cure), prima pellicola in concorso alla quarta edizione del Festival del film di Roma. Accolto freddamente dalla critica, “Triage” indaga i traumi post-bellici.
David e Mark sono due foto reporter d’assalto. Da anni, infatti, vengono inviati dai rispettivi agenti nei territori di guerra per scattare foto scioccanti da vendere poi a giornali e riviste. Un giorno però, durante un viaggio in Kurdistan e a seguito di un conflitto a fuoco, le strade dei due amici si separano. E per uno dei due il ritorno a casa, una grigia Dublino, sarà pieno di ombre…
Nel raccontare “Triage”, Danis Tanovic dimostra grande capacità nel gestire drammaticamente le scene di guerra. Tra amputazioni e eutanasie, il regista bosniaco riesce a catturare le facce, le sensazioni, le angosce dei personaggi coinvolti negli spargimenti di sangue e a rimandarle allo spettatore. Del resto, Tanovic aveva già convinto il pubblico di questo suo talento proprio con il film “No Man’s Land”, che riprendeva il conflitto serbo-bosniaco attraverso il punto di vista di un pessimista e di un ottimista.
A differenza di quel primo successo, però, “Triage” è più debole, e la visione si fa più faticosa, quando il regista si sposta a Dublino dove il protagonista (un modesto Colin Farrell) cerca di rimuovere il trauma di ciò che ha visto. Tanovic non riesce a scavare in profondità, a varcare la soglia che separa un film didascalico e un poco scolastico, da un melodramma emozionante. Rimane in superficie e l’idea di far spiegare la guerra a uno psicanalista (il mitico Christopher Lee) non paga, risultando un mero intellettualismo di maniera.
Brava la giovane Paz Vega, che speriamo di vedere presto in film più riusciti.
David e Mark sono due foto reporter d’assalto. Da anni, infatti, vengono inviati dai rispettivi agenti nei territori di guerra per scattare foto scioccanti da vendere poi a giornali e riviste. Un giorno però, durante un viaggio in Kurdistan e a seguito di un conflitto a fuoco, le strade dei due amici si separano. E per uno dei due il ritorno a casa, una grigia Dublino, sarà pieno di ombre…
Nel raccontare “Triage”, Danis Tanovic dimostra grande capacità nel gestire drammaticamente le scene di guerra. Tra amputazioni e eutanasie, il regista bosniaco riesce a catturare le facce, le sensazioni, le angosce dei personaggi coinvolti negli spargimenti di sangue e a rimandarle allo spettatore. Del resto, Tanovic aveva già convinto il pubblico di questo suo talento proprio con il film “No Man’s Land”, che riprendeva il conflitto serbo-bosniaco attraverso il punto di vista di un pessimista e di un ottimista.
A differenza di quel primo successo, però, “Triage” è più debole, e la visione si fa più faticosa, quando il regista si sposta a Dublino dove il protagonista (un modesto Colin Farrell) cerca di rimuovere il trauma di ciò che ha visto. Tanovic non riesce a scavare in profondità, a varcare la soglia che separa un film didascalico e un poco scolastico, da un melodramma emozionante. Rimane in superficie e l’idea di far spiegare la guerra a uno psicanalista (il mitico Christopher Lee) non paga, risultando un mero intellettualismo di maniera.
Brava la giovane Paz Vega, che speriamo di vedere presto in film più riusciti.
Diego Altobelli (11/2009)
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