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Potrebbe essere interpretata come una pellicola di ritorni il nuovo lavoro di Sergio Rubini – regista dal titolo L’uomo nero. Ritorno di temi, come l’ossessione per l’arte, di territori, la Puglia, di luoghi, la stazione (luogo in cui era ambientata la prima pellicola di Rubini), e di attori, Sergio Rubini e Riccardo Scamarcio al loro secondo lavoro insieme. E parte da un ideale ritorno anche la trama, strutturata in un lungo flashback.
Puglia. Gabriele Rossetti, al capezzale del padre morente, rivive la propria infanzia. Torna indietro con la memoria e rievoca le ossessioni del genitore per l’arte di Cézanne, la simpatia per lo zio che lo consiglia in “amore”, e la paura suscitata dall’ombra di un inquietante Uomo Nero. Rivivendo la propria fanciullezza, Gabriele comprenderà le origini delle sue angosce da adulto…
Verrebbe da dire che ancora una volta Sergio Rubini pecca di ingordigia. A una prima analisi L’uomo nero sembra l’ennesimo film in cui il regista di Tutto l’amore che c’è condensa troppi validi elementi. L’arte, l’amore, la passione, il conflitto psicologico, vari intrecci e vari personaggi, la realtà storica della trama (Puglia, anni Sessanta), l’ossessione per lo sguardo. Questa volta però, Rubini riesce a mantenere integro il filo del discorso. Se Colpo d’occhio (pellicola che la critica non gli ha perdonato) appariva pretenzioso nel ruolo di thriller psicologico, L’uomo nero torna a muovere corde più idonee al regista: quelle della commedia dolce amara. Rubini inoltre riprende il fare introspettivo del suo Cinema insieme alle motivazioni vagamente biografiche che lo hanno sempre mosso. Intimo e suggestivo, con L’uomo nero il Cinema di Rubini ritrova quella onestà intellettuale che in Colpo d’occhio pareva essergli sfuggita di mano.
Alla riuscita del film collabora attivamente anche l’eccellente cast. Sergio Rubini fa (a ragione) la voce grossa, ma Riccardo Scamarcio (che nel film è il disinvolto zio Pinuccio) lo eguaglia, convincendo il pubblico che nei ruoli “adulti” da’ il meglio di sé. Nessuna novità invece per Valeria Golino: come al solito, al tempo stesso efficace e sfuggente.
Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/recensione-L_uomo_nero_Ritorno_alle_origini_allontanando_le_ombre-3877.html
Potrebbe essere interpretata come una pellicola di ritorni il nuovo lavoro di Sergio Rubini – regista dal titolo L’uomo nero. Ritorno di temi, come l’ossessione per l’arte, di territori, la Puglia, di luoghi, la stazione (luogo in cui era ambientata la prima pellicola di Rubini), e di attori, Sergio Rubini e Riccardo Scamarcio al loro secondo lavoro insieme. E parte da un ideale ritorno anche la trama, strutturata in un lungo flashback.
Puglia. Gabriele Rossetti, al capezzale del padre morente, rivive la propria infanzia. Torna indietro con la memoria e rievoca le ossessioni del genitore per l’arte di Cézanne, la simpatia per lo zio che lo consiglia in “amore”, e la paura suscitata dall’ombra di un inquietante Uomo Nero. Rivivendo la propria fanciullezza, Gabriele comprenderà le origini delle sue angosce da adulto…
Verrebbe da dire che ancora una volta Sergio Rubini pecca di ingordigia. A una prima analisi L’uomo nero sembra l’ennesimo film in cui il regista di Tutto l’amore che c’è condensa troppi validi elementi. L’arte, l’amore, la passione, il conflitto psicologico, vari intrecci e vari personaggi, la realtà storica della trama (Puglia, anni Sessanta), l’ossessione per lo sguardo. Questa volta però, Rubini riesce a mantenere integro il filo del discorso. Se Colpo d’occhio (pellicola che la critica non gli ha perdonato) appariva pretenzioso nel ruolo di thriller psicologico, L’uomo nero torna a muovere corde più idonee al regista: quelle della commedia dolce amara. Rubini inoltre riprende il fare introspettivo del suo Cinema insieme alle motivazioni vagamente biografiche che lo hanno sempre mosso. Intimo e suggestivo, con L’uomo nero il Cinema di Rubini ritrova quella onestà intellettuale che in Colpo d’occhio pareva essergli sfuggita di mano.
Alla riuscita del film collabora attivamente anche l’eccellente cast. Sergio Rubini fa (a ragione) la voce grossa, ma Riccardo Scamarcio (che nel film è il disinvolto zio Pinuccio) lo eguaglia, convincendo il pubblico che nei ruoli “adulti” da’ il meglio di sé. Nessuna novità invece per Valeria Golino: come al solito, al tempo stesso efficace e sfuggente.
Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/recensione-L_uomo_nero_Ritorno_alle_origini_allontanando_le_ombre-3877.html
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