Vincitore della Sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma
Anno: 2011
Regia: Sebastian Borensztein
Parla di un incontro fatale il vincitore della Sesta edizione del Festival del Cinema di Roma. Un cuento chino (Un racconto cinese) è la storia dell’amicizia fra Roberto, uno scorbutico argentino, e un cinese che non conosce neppure una parola di spagnolo. A unirli? Il caso curioso di una mucca piovuta dal cielo durante un conflitto a fuoco…
Il regista Sebastian Borensztein, argentino, tratteggia nella sua opera prima un’Argentina grottesca, ironica, ma anche al tempo stesso commovente e in qualche modo toccante. Il grottesco e il fantastico, nel film di Borensztein, prendono vita nella realtà di un Paese scoperto, senza pelle. Impreparato e senza difese, sembra voler suggerire il regista. E quando nel film incomincia a emergere la malinconia di cui è venato, accade qualcosa di misterioso: si ha la sensazione che Un cuento chino appartenga al genere dei cartoni animati! Il trucco è tutto nel testo. Nella sceneggiatura che riesce a creare relazioni tra le persone e gli avvenimenti. Se all’inizio si rimane spaesati, poi non si può che rimanere catturati, imbrigliati anche noi, come le mucche, gli amanti i precipizi e i cinesi, nella rete di possibilità che il film (o la vita?) ci mette a disposizione. Un effetto incredibile.
Qualcuno si ricorderà del thriller vincitore dell’Oscar nel 2010 “Il segreto dei suoi occhi”, ebbene in Un cuento chino troviamo lo stesso protagonista: un bisbetico, ma in fondo buonissimo Riccardo Alberto Darin. E si può dire che senza di lui il film non avrebbe forse avuto lo stesso effetto straniante.
Stravagante, buffo, a tratti eccessivo, ma in fondo libero. Libero di raccontare, di far sognare, di andare oltre. Un film bellissimo, un esordio che lascia esterrefatti.
Diego Altobelli (11/2011)
Anno: 2011
Regia: Sebastian Borensztein
Parla di un incontro fatale il vincitore della Sesta edizione del Festival del Cinema di Roma. Un cuento chino (Un racconto cinese) è la storia dell’amicizia fra Roberto, uno scorbutico argentino, e un cinese che non conosce neppure una parola di spagnolo. A unirli? Il caso curioso di una mucca piovuta dal cielo durante un conflitto a fuoco…
Il regista Sebastian Borensztein, argentino, tratteggia nella sua opera prima un’Argentina grottesca, ironica, ma anche al tempo stesso commovente e in qualche modo toccante. Il grottesco e il fantastico, nel film di Borensztein, prendono vita nella realtà di un Paese scoperto, senza pelle. Impreparato e senza difese, sembra voler suggerire il regista. E quando nel film incomincia a emergere la malinconia di cui è venato, accade qualcosa di misterioso: si ha la sensazione che Un cuento chino appartenga al genere dei cartoni animati! Il trucco è tutto nel testo. Nella sceneggiatura che riesce a creare relazioni tra le persone e gli avvenimenti. Se all’inizio si rimane spaesati, poi non si può che rimanere catturati, imbrigliati anche noi, come le mucche, gli amanti i precipizi e i cinesi, nella rete di possibilità che il film (o la vita?) ci mette a disposizione. Un effetto incredibile.
Qualcuno si ricorderà del thriller vincitore dell’Oscar nel 2010 “Il segreto dei suoi occhi”, ebbene in Un cuento chino troviamo lo stesso protagonista: un bisbetico, ma in fondo buonissimo Riccardo Alberto Darin. E si può dire che senza di lui il film non avrebbe forse avuto lo stesso effetto straniante.
Stravagante, buffo, a tratti eccessivo, ma in fondo libero. Libero di raccontare, di far sognare, di andare oltre. Un film bellissimo, un esordio che lascia esterrefatti.
Diego Altobelli (11/2011)
2 commenti:
sicuramente un titolo originale. sono curioso di vederlo, anche grazie alla tua recensione. saluti
Premio meritato quello ricevuto al Festival del Film di Roma per un film che sfiora con "argentina" leggerezza il tema immigrazione e confronto tra culture differenti. Mi auguro di vederlo nei cinema italiani
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