lunedì 16 febbraio 2009

Operazione Valchiria

Anno: 2009
Regia: Bryan Singer
Distribuzione: 01 Distribution

Bryan Singer aveva già trattato il tema del nazismo nel film L’allievo (1998), tratto da un discusso racconto di Stephen King, con un semisconosciuto Brad Renfro e un enigmatico Ian McKellen che poi tornò nel ruolo di Magneto nella saga dedicata agli x-pupilli di Charles Xavier. Malgrado questo precedente, vi erano molti dubbi su Singer e sulla sua regia, spiccatamente hollywoodiana, nel raccontare Operazione Valchiria: storia vera dell’attentato fallito per uccidere Hitler, nel 1944, compiuto dal colonnello Claus Schenk von Stauffenberg.

Con una produzione accompagnata da esagerate malelingue provenienti da quasi ogni parte dei media (a un certo punto si parlò perfino di film maledetto), Operazione Valchiria ha in realtà un solo vero problema: quello di nascere come film impossibile.

Lo sceneggiatore de I soliti sospetti Christopher McQuarrie decide di usare un approccio sbagliato: non tanto quello di raccontare un thriller, quanto quello di prendere come punto di vista lo stesso von Stauffenberg (per fare un esempio: è come se in Titanic James Cameron avesse raccontato la storia dal punto di vista del comandante della nave…). Più interessante, forse, sarebbe stato puntare l’attenzione su personaggi secondari, magari vittime loro malgrado degli eventi.

Ma è Hollywood e c’è Tom Cruise, che non è un cattivo attore, anzi, ma ha bisogno di essere diretto da un regista con il polso fermo, altrimenti finisce per recitare come farebbe lo stesso Tom Cruise a briglie sciolte: gigioneggiando. Bryan Singer dal canto suo ci prova, e con impegno, sia a dirigere gli attori che la trama, ma è evidente che tiene in mano qualcosa più grande di lui. Non ha a che fare con i mondi fittizi di X-Men o Superman, e non ha a che fare con Magneto o Lex Luthor, ma con Hitler e il Terzo Reich. La storia, quella vera. Con questa drammatica consapevolezza Singer (anche se quarantenne forse troppo giovane per assumersi, con cognizione di causa, un compito tanto oneroso) cerca la scappatoia, la strada meno dolorosa, trasformando Berlino in un paio di location tratteggiate a matita e Hitler in una mera comparsa senza lo spessore che ci si aspetterebbe. Agli attori, invece, decide di far fare a loro, e non avrebbe nemmeno tutti i torti potendo affidarsi a nomi come Kenneth Branagh, Terence Stamp e Tom Wilkinson, ma non basta e il film si fa presto monocorde e privo di mordente.

Rimangono un paio di scene degne di essere commentate, forse tre: von Stauffenberg che ricorda l’ultimo saluto alla famiglia, la scena del bombardamento in Africa, e la notizia della morte di Hitler nel volto delle telescriventi. Queste sono Cinema, la Storia invece la troviamo sui libri.

Diego Altobelli (01/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/article.php?id=1028

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