Regia: Koji Shiraishi
Koji Shiraishi è regista che ha un passato di cinema horror. Suoi film come "Carved" (2007) o "Noroi" (2005), alcuni dei quali poi ripresi da registi occidentali (si pensi proprio a "Carved" e all'italiano "Smile" del 2009). Con "Grotesque" Shiraishi propone la sua idea di torture porn, estremizzando il fattore splatter (che qui raggiunge punte notevoli), ma forse lasciandosi prendere troppo la mano.
Due giovani al loro primo appuntamento vengono aggrediti da un pazzo. I due malcapitati si risvegliano legati a una tavola di legno di uno scantinato, e lì subiranno torture di ogni tipo...
In "Grotesque" non c'è niente che giustifichi il gesto o la dimensione dell'orrore che stiamo vedendo. Tutto è ridotto all'osso e privo di senso: trama essenziale, dialoghi deliranti (sia del maniaco che delle vittime), scene di amputazioni (dagli arti al sesso) senza filtro... Dimentichiamoci quindi l'ipocrisia narrativa di un "Hostel", in cui ti affezioni a un personaggio per poi "godere" nei momenti in cui questo viene torturato. Scordiamoci la falsità registica di talune produzioni occidentali, che gioca con lo splatter facendoti vedere solo "quello che si può mostrare in una società civile". Tutte sciocchezze, sembra dire Shiraishi, qui c'è l'orrore. Nel film dei due giovani non gliene frega niente a nessuno e anzi, la loro innocenza - "grottesca", per l'appunto, e molto "giapponese" - che li porta a credere (su un lettino e mutilati di vari arti) della bontà del loro carnefice, alla fine spinge lo spettatore a "tifare" per il maniaco.
Ovvio, è tutto simbolico, ma purtroppo la regia di Shiraishi non è all'altezza degli intenti. Nel suo "Grotesque" si evince la volontà di criticare il sistema sociale giapponese (con la scena, fortissima, della masturbazione a schizzo), o persino la storia del Paese (nel finale una musica patriottica commenta il delirio sanguinolento), con una operazione che echeggia i capolavori dei connazionali Koji Wakamatsu o Takashi Miike. Il punto è che la tecnica di Shiraishi non raggiunge quegli standard qualitativi e il suo lavoro - interessante ma televisivo - viene invece interpretato come una scopiazzatura di altri torture porn, occidentali e non.
Diego Altobelli (11/2010)
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