Regia: Daniel Stamm
Distribuzione: Eagle Pictures
I mockumentary, come sotto genere cinematografico, hanno l’indubbio pregio di costare poco e incassare molto. E se pure incassano poco nelle sale, alla fine tra homevideo e compagnia bella si rientra della spesa.
Il reverendo Cotton Marcus è un predicatore che ha perso la fede, soprattutto a causa del fatto d’aver visto molti, ma molti casi di possessione rivelatasi poi dei falsi. Quando viene chiamato in Louisiana per l’ennesima ragazza che si crede sia posseduta dal diavolo, Marcus mette su una troupe cinematografica e decide di provare che il cosiddetto diavolo non esiste. Solo suggestione, dice. Sarà, ma la ragazzina è capace di salire sui muri…
Si parlava di marketing, all’inizio della recensione, perché, purtroppo, da dire sull’ennesima produzione furbetta c’è poco altro. Il mockumentary dovrebbe farsi via via più interessante con la visione. Quando si parla di “The Blair Witch Project”, ad esempio, si ricorda la crescente tensione, l’angosciante ambientazione, il finale a effetto. In “Lake Mungo”, per farne un altro, si parla di improvvisi colpi di scena nello svolgimento del racconto, di trama ben costruita, di retroscena interessanti. E persino in film più tecnici, ma che hanno sfruttato lo stesso escamotage narrativo come “Rec”, si rimane colpiti della efficacia della resa. Nel film di Daniel Stamm, invece, non solo abbiamo una trama piuttosto scontata, ma anche una cattiva messa in scena. Non vengono risparmiati i classici errori di forma, quindi, come inquadrature sfocate, riprese traballanti, penombra quasi onnipresente, così da rendere una visione già pesante, persino più stancante.
Ma quello che Daniel Stamm fa, è commettere un errore a monte di tutto il film. Cioè alla base dell’idea. In “The Last Exorcism” non si parla di un documentario fatto da un prete vero su una possessione vera, che sarebbe stato interessante da vedere. Si racconta invece di un documentario falso su un reverendo falso che fa un esorcismo falso su una ragazza non posseduta. E considerando che tutto questo lo scopriamo nei primi dieci minuti di film, la domanda è: perché continuare a stare davanti lo schermo?
Ci sarebbe da dire un'ultima cosa, che riguarda il finale a sorpresa con la possibilità di un seguito. Ma evitiamo perché questo non è cinema, è solo marketing.
Diego Altobelli (11/2010)
Il reverendo Cotton Marcus è un predicatore che ha perso la fede, soprattutto a causa del fatto d’aver visto molti, ma molti casi di possessione rivelatasi poi dei falsi. Quando viene chiamato in Louisiana per l’ennesima ragazza che si crede sia posseduta dal diavolo, Marcus mette su una troupe cinematografica e decide di provare che il cosiddetto diavolo non esiste. Solo suggestione, dice. Sarà, ma la ragazzina è capace di salire sui muri…
Si parlava di marketing, all’inizio della recensione, perché, purtroppo, da dire sull’ennesima produzione furbetta c’è poco altro. Il mockumentary dovrebbe farsi via via più interessante con la visione. Quando si parla di “The Blair Witch Project”, ad esempio, si ricorda la crescente tensione, l’angosciante ambientazione, il finale a effetto. In “Lake Mungo”, per farne un altro, si parla di improvvisi colpi di scena nello svolgimento del racconto, di trama ben costruita, di retroscena interessanti. E persino in film più tecnici, ma che hanno sfruttato lo stesso escamotage narrativo come “Rec”, si rimane colpiti della efficacia della resa. Nel film di Daniel Stamm, invece, non solo abbiamo una trama piuttosto scontata, ma anche una cattiva messa in scena. Non vengono risparmiati i classici errori di forma, quindi, come inquadrature sfocate, riprese traballanti, penombra quasi onnipresente, così da rendere una visione già pesante, persino più stancante.
Ma quello che Daniel Stamm fa, è commettere un errore a monte di tutto il film. Cioè alla base dell’idea. In “The Last Exorcism” non si parla di un documentario fatto da un prete vero su una possessione vera, che sarebbe stato interessante da vedere. Si racconta invece di un documentario falso su un reverendo falso che fa un esorcismo falso su una ragazza non posseduta. E considerando che tutto questo lo scopriamo nei primi dieci minuti di film, la domanda è: perché continuare a stare davanti lo schermo?
Ci sarebbe da dire un'ultima cosa, che riguarda il finale a sorpresa con la possibilità di un seguito. Ma evitiamo perché questo non è cinema, è solo marketing.
Diego Altobelli (11/2010)
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