lunedì 8 settembre 2008

La strada scarlatta

Anno: 1946
Regia: Fritz Lang

Volendo iniziare a effetto lo potremmo definire quasi un "divertissment" d'autore. "La strada scarlatta", adattamento hollywoodiano di una pièce teatrale ad'opera di George de la Fouchardière, già riadattata al cinema da Jean Renoir nel 1931 con "La chienne", è thriller dai toni se vogliamo più leggeri rispetto ai climax cui il maestro Fritz Lang ci ha abituato. Basti pensare a "M, il mostro di Dusseldorf" o "Il testamento del dottor Mabuse" o, ancora, "La donna del ritratto". Proprio di quest'ultimo il film sembra essere un richiamo: non tanto nella trama, quanto nell'utilizzo della pittura come pretesto narrativo drammatico.

Un anziano contabile con la passione per la pittura e sposato a una vecchia arpia, viene sedotto da una bella donna dalla dubbia moralità che mira al suo denaro. Proprio il compagno di quest'ultima, infatti, convince la donna ad appropriarsi dei quadri dell'uomo per rivenderli e spacciarli come suoi. Il contabile è all'oscuro dei piani della donna e, innamorato, finisce per lasciare la propria moglie nella speranza di sposare la giovane. Ma vistosi respinto, la uccide...

Pellicola suggestiva, caratterizzata da un'atmosfera di sogno davvero unica nel suo genere. Il dramma, come nelle migliori tradizioni, si consuma in fretta e con dei giri di vite da lasciare senza fiato. Maestro, in questo, Lang a sfruttare al meglio la grande sceneggiatura di Dudley Nichols (che ritroveremo come sceneggiatore, a fianco di John Ford, ne "Il fuggitivo").
"La strada scarlatta" cavalca il periodo florido del dopoguerra americano del maestro Lang, e propone una rilettura del tema della coscienza e della memoria. Celeberrima la frase di un personaggio, un giornalista, che al vecchio contabile nelle battute finali suggerisce: "Tutti quanti noi rispondiamo a un solo tribunale, qui dentro - indicando il cuore - che ci fa da giudice, giuria e boia". Battuta che spiega bene il senso ultimo della pellicola: una tragedia di stampo "platonico" sull'incapacità di essere giudicati equamente dal Destino.
Bellissimo.

La curiosità:
- I dipinti che Lang usa nel film sembrano proiezioni mentali della trama. Quasi a voler essere testamento ideale della corrente espressionista tedesca di cui è stato maestro e rappresentante.

Diego Altobelli (09/2008)