venerdì 13 giugno 2008

14 anni vergine

Anno: 2008
Regia: Christian Charles
Distribuzione: Videa CDE

Stiamo assistendo ad un vero e proprio rilancio delle commedie giovanilistiche americane. I temi sono più o meno sempre gli stessi (prima volta e amori tra i banchi di scuola, affermazione, rivalsa), ma bisogna ammettere che ultimamente si hanno avuto dei risultati più che eccellenti sia sui temi trattati, sia sulle regie che li hanno sostenuti. “14 anni vergine”, ultimo in ordine di apparizione per la regia di Christian Charles, non è da meno, e con un gusto un po’ retrò anni Ottanta, ci racconta la difficile presa di coscienza dello sfigatissimo Sam Leonard, con una storia a metà strada tra un racconto di “Ai confini della realtà” e la mera satira al mondo scolastico.

Primo giorno di scuola, vestito di tutto punto dall’amorevole madre, accompagnato davanti ai cancelli dell’istituto dal padre affettuoso come una ciambella di zucchero, il povero Sam si fa subito notare per le sue incapacità a socializzare. Per tentare di risollevare il suo umore e le dicerie sul suo conto, Sam comincia a raccontare balle a tutto spiano. Ha una Porsche Pontiac ferma dal meccanico; la professoressa di scienze stravede per lui; è un campione di basket; e molte altre fandonie dello stesso tenore. Nessuno gli crede, naturalmente, ma poi come per magia le bugie si trasformano in realtà e per Sam cominciano i guai...

Carina la pellicola di Christian Charles, pervasa da un piglio tenero e interpretata efficacemente da un protagonista con cui è impossibile non identificarsi. Bravo infatti nei panni di Sam il giovane Ryan Pinkston (al suo esordio), la cui perenne espressione di mero beota riesce a strappare senza fatica molte risate al pubblico in sala. La storia, inoltre, è condita da tutta una serie di situazioni talmente grottesche e inverosimili che si finisce per crederci ridendo, come si farebbe con un aneddoto raccontato da un vecchio amico.
Davvero ottima e degna di nota invece la fotografia di Kramer Morgenthau (già apprezzato per “Il caso Thomas Crawford”) che regala alla pellicola un gusto retrò e allo stesso tempo attuale.

“14 anni vergine” (in originale “Full of it”) è insomma una pellicola spassosa e divertente. Dopo “Suxbud” e il recente “Charlie Bartlett” bisogna cominciare a guardare con più attenzione alla rinascita di un genere che sembrava scomparso o, comunque, passato di moda. Così non è, e questo “14 anni vergine”, anche grazie a Carmen Electra che ironizza efficacemente sulla propria dislessia, conferma l’ascesa del “genere studentesco”.

Diego Altobelli (06/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1899

Un amore di testimone

Anno: 2008
Regia: Paul Weiland
Distribuzione: Sony Pictures

Sul famoso detto “Non si apprezza davvero qualcosa fino a quando non si rischia di perderla” poggia le sue basi la nuova commedia di Paul Weiland - ultima regia: “Scappo dalla città... 2”- , che pure senza arrivare a toccare i vertici di commedie recenti e non, con “Un amore di testimone” riesce comunque a far passare un paio di orette in disimpegno.

Tom è un ricco e affascinante sciupafemmine che, proprio per non sentirsi mai costretto da un rapporto fisso, si è imposto una serie di regole precise. L’unica a conoscerlo davvero bene è la sua migliore amica Hannah che un giorno, senza preavviso, è costretta a partire per la Scozia a causa di motivi di lavoro. E’ solo in quell’occasione, avvertendo la sua amica lontana chilometri, che Tom capisce di provare per Hannah un sentimento che trascende la relazione platonica. L’uomo è deciso ad andare fino in fondo e chiedere la sua mano, ma quando la ragazza torna a casa, Tom scopre che Hannah si è fidanzata con un bellissimo scozzese e che ora lei vuole chiedergli di fargli da testimone per il loro matrimonio. Tom accetta, ma solo nella speranza di farle cambiare idea...

Non si può dire che “Un amore di testimone” non odori di operazione pubblicitaria per consacrare sul grande schermo i due bellissimi protagonisti Patrick Dempsey e Michelle Monaghan, il primo già visto nella famosa serie “Grey’s Anatomy”, la seconda apparas recentemente in “Gone baby gone” e in “Mission: Impossibile III” al fianco di Tom Cruise. I toni scanzonati della pellicola di Paul Weiland (che ha al suo attivo Scappo dalla città 2) tengono alta l’attenzione del pubblico, malgrado la pellicola non offra niente di nuovo. Tutta la prima parte giocata a New York, dove si ironizza sulle capacità seduttive del protagonista e la seconda, più pimpante, in cui la partita si sposta nelle suggestive valli verdeggianti della Scozia per un duello in singolar tenzone tra i due cuori contesi. Tra inseguimenti, battute a effetto, faccine tristi e malintesi, per giungere all’inevitabile lieto fine con tanto di corsa a cavallo e salvataggio in extremis sull’altare, il film suggerisce poco allo spettatore che non fa altro che ridere a denti stretti tra una presa in giro alle tradizioni (tra l’altro bellissime) scozzesi e l’ennesimo matrimonio improbabile.

Bravini gli interpreti, anche se sfortunatamente per loro si ha la sensazione di averne visti di migliori: da Julia Roberts a Hugh Grant, fino a Richard Gere e molti, molti altri...

Diego Altobelli (06/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1898

Lower City

Anno: 2008
Regia: Sérgio Machado
Distribuzione: Iguana Film

Al suo esordio come regista Sergio Machado ci regala un film in cui evidente è la partecipazione emotiva e con diverse sequenze da ricordare. Un triangolo amoroso emozionante, che a tratti evoca le atmosfere respirate su "L’Atalante" di Jean Vigo, che logora i protagonisti conducendoli in una strada senza uscita.

Deco e Naldinho sono due amici d’infanzia che vivono insieme e condividono tutto. Un’amicizia, la loro, che non teme niente e nessuno, nemmeno una notte di passione trascorsa "dividendosi" una giovane e bella prostituta di nome Karinna. I due continuano a vivere alla "giornata" sul loro battello, ma quando rincontrano per caso la ragazza, tra i due l’equilibrio si rompe e la gelosia per Karinna prende il sopravvento...

Con "Lower city" Sergio Machado ci parla di povertà costruendo un dramma di stampo "brechtiano" sull’impossibilità di evadere da una condizione di vita che costringe alla schiavitù.

A rappresentare questo melò troviamo naturalmente i tre personaggi protagonisti, uniti eppure soli nella loro personale voglia di fuggire, lasciare tutto e cambiare vita. Karinna, bella quanto spregiudicata nei rapporti, vive il sesso per racimolare soldi, ma proprio il sesso la condannerà ad una maternità prematura e solitaria.
Naldinho cerca di andar via legandosi ad un uomo, un mafioso di quartiere, che gli offre solo lavori a rischio di carcere, generando un singolare cortocircuito esistenziale. E infine c’è il buon Deco, che con umiltà si offre di diventare pugile, ma accettando anche di perdere a tavolino degli incontri, venendo meno ai suoi ideali.
"Lower city" è un film narrato con passione, in cui forse troppo spesso si ricorre al sesso per tenere alta l’attenzione del pubblico, ed è un peccato: perché al di la di quello - che comunque ha il pregio di coinvolgere senza risultare volgare - il rapporto tra i tre personaggi è descritto in modo convincente ed emozionante.
Bravi infine gli interpreti Alice Braga, Làzaro Ramos e Wagner Moura, tutti intensi nel rappresentare la parte più sporca e viva del Brasile, in un film che a conti fatti risulta appassionato e onesto.

Diego Altobelli (06/2008)
estratto da http://filmup.leonardo.it/lowercity.htm