venerdì 22 febbraio 2008

Non è un Paese per vecchi

Anno: 2007
Regia: Ethan e Joel Coen
Distribuzione: Uip

Il nono romanzo di Cormac McCarthy - premio Pulitzer per “La strada” e considerato lo “Shakespeare dell’Ovest” - viene preso a modello dai fratelli Coen per realizzare il film omonimo “Non è un Paese per vecchi”. Dalla prosa asciutta, ma straordinariamente incisiva, dal testo di McCarthy emergevano tutti gli elementi che lo resero celebre ai lettori: i personaggi emarginati e disperati; l'importanza per l'ambientazione e per i paesaggi, che divengono parte integrante della narrazione; la capacità di comunicare sentimenti e sensazioni che trascendono il contesto narrativo, assurgendo a metafora dei tempi che mutano. E proprio su questo concetto, sull'ineluttabile passaggio delle generazioni, che si basa il noir fortemente d'autore dei fratelli Coen: uno dei migliori noir degli ultimi tempi e in assoluto una delle pellicole più incisive dell’anno.

Un uomo, Llewelin Moss, a caccia tra i deserti al confine del Messico, trova quelli che sembrano i resti di una scena del crimine: un regolamento dei conti in piena regola che non ha risparmiato nessuno. Da lì, comunque, Moss preleva una valigetta piena di soldi. Purtroppo per lui Anton Chirurg, uno spietato serial killer, si mette sulle sue tracce…

Nell’ultima fatica dei fratelli Coen non bisogna ricercare la verosimiglianza delle situazioni o la logicità dei passaggi narrativi. I Coen, rimanendo fedeli al loro modo di fare Cinema, raccontano una storia che nella sua tragicità rivela tratti grotteschi quanto emozionanti.
Con “Non è un Paese per vecchi” i fratelli Coen confermano che è con il genere noir, già sperimentato con “Fargo” e “L’uomo che non c’era”, che esprimono al meglio la loro estetica cinematografica. In questo caso superandosi, descrivendo una storia che come una spirale si addentra sempre più in profondità, continuando all’infinito. E’ il tempo che passa, che non dà spiegazioni ma trascina tutto con sé.
Non sapremo mai per cosa servivano i soldi rubati; non ci verrà rivelato nulla sulle fazioni che si sono ammazzate; neppure sui personaggi principali - interpretati in modo impeccabile e suggestivo dai mostri sacri Bardem, Jones e Brolin - ci verrà rivelato qualcosa di utile. Di fronte a tanta desolazione motivazionale, la stessa rappresentata nel film nell’ambientazione messicana e di confine, allo spettatore rimane solo il senso per la sopravvivenza e il tempo che (s)corre, come si trattasse di un killer che insegue la sua preda, portando con sé l’enigmaticità dell’esistenza.

“Non è un Paese per vecchi” è, quindi, la descrizione di un passaggio di consegna. E’ il vecchio che saluta il nuovo guardandolo con occhi disincantati e provati dalla violenza che hanno visto. Ed è su questa violenza (identificata nella valigetta piena di soldi prima ancora che nella pistola ad aria compressa del killer Bardem) che il film ruota, mostrando, attraverso le parole dello “sceriffo” Tommy Lee Jones, il suo più autentico e sconfitto lato umano.
Un film che è un gioiello raro.

Diego Altobelli (02/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1828

Un uomo qualunque

Anno: 2007
Regia: Frank Cappello
Distribuzione: Onemovie

La vita di Bob Maconel è noiosa, ripetitiva e priva di gratificazioni personali. Continuamente umiliato sul lavoro e schifato dai conoscenti, Bob coltiva il desiderio di uccidere i propri colleghi a colpi di rivoltella. Ma proprio quando sta per agire, Bob viene anticipato nelle intenzioni da un suo collega che sparando all'impazzata uccide quattro persone e ne ferisce una. Bob stordito dalla scena risponde al fuoco, uccide il manico e diviene l'eroe dell'ufficio. Per lui è quindi l'inizio di una nuova vita, ma non tutto è come sembra…

Ciò che si pensa uscendo dalla proiezione di "Un uomo qualunque" è che poteva essere un film migliore, più convincente. Con una storia di rinascita caratterizzata da una regia disturbante, che alterna le immaginazioni del protagonista alla realtà che lo circonda, il film diretto da Frank Cappello riesce a risultare più che altro interessante. Ma nulla più. E questo malgrado possa fregiarsi di una delle più impegnative e convincenti interpretazioni di Christian Slater, sostenuto dal diligente William H. Macy.

Insomma, "Un uomo qualunque" non è esattamente il film che si consiglia spassionatamente di andare a vedere, a causa di alcune soluzioni formali che non convincono e qualche lacuna presente nella sceneggiatura, non ultima quella legata al colpo di scena finale che risulta piuttosto forzato.
Una pellicola che, malgrado le buone intenzioni, è più adatta al mercato casalingo.

Diego Altobelli (02/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1827

giovedì 21 febbraio 2008

John Rambo

Anno: 2008
Regia: Sylvester Stallone
Distribuzione: Buena Vista International

La guerra vista attraverso gli occhi di John Rambo: questa è la sfida vinta da Sylvester Stallone nel riproporre, con coraggio e referenza, il personaggio del reduce che lo consacrò sul grande schermo. Questa volta però, Rambo si fa più realistico e crepuscolare, in una operazione di rinascita che prima di lui aveva preso, riscuotendo ampio consenso del pubblico, anche il personaggio di Rocky Balboa.

Rambo ha trovato la tranquillità in Birmania lavorando come cacciatore di serpenti. Un giorno viene contattato da un gruppo di missionari laici che chiedono i suoi servigi per accompagnarli, in territorio di occupazione militare, attraverso un fiume insidioso. Rambo, come un nuovo Caronte, accompagna la piccola spedizione, ma non mancherà di dare il suo contributo alla guerra (vera) contro una dittatura militare che sta affliggendo la popolazione Birmana da oltre sessant’anni..

Riportare al Cinema un personaggio così pesantemente inserito negli Action Movie degli anni Ottanta non era certamente un’operazione facile. Il cambio dei temi narrativi, delle modalità di narrazione e delle motivazioni del pubblico cinematografico, potevano portare tale progetto verso un naufragio senza ritorno. Invece, sorprendentemente, così non è. Sylvester Stallone, nella veste plurima di regista sceneggiatore e attore, pur mantenendosi fedele al personaggio e alle sue modalità narrative (torture, infiltrazioni, sparatorie), è riuscito a cucire una storia che riesce a stare al passo coi tempi e regalare una nuova e più dignitosa identità al personaggio di John Rambo.

Scene di guerra e violenza girate in modo estremamente realistico, unite a una storia che non intende innalzare l'eroe a paladino (come accadeva negli anni Ottanta), ma solo renderlo partecipe involontario e osservatore disincantato di una Guerra che lo riflette e a cui sa di non poter porre rimedio, rendono la pellicola "John Rambo" molto efficace sia nelle intenzioni che nella realizzazione. Stallone si sofferma in particolar modo sulle mutilazioni che, come un lait motiv che intende fotografare le umiliazioni della guerra, riflettono lo stato d'animo del protagonista: amputato nei sentimenti e incapace di tornare alla vita.

Rambo è tornato, più convincente di prima, in una pellicola che echeggia le atmosfere e le sensazioni provate guardando la sua prima apparizione cinematografica. In un finale a sorpresa che rincuora lo spettatore e promette un ulteriore seguito.

Diego Altobelli (02/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1825