venerdì 18 dicembre 2009

La principessa e il ranocchio

Anno: 2009
Regia: Ron Clements e John Musker
Distribuzione: Buena Vista

Con La principessa e il ranocchio la Walt Disney Pictures torna a raccontare una favola a “due dimensioni”. Mettendo (momentaneamente) da parte i progetti tridimensionali e l’animazione in CGI, la Disney racconta una favola a misura di bambino che riserva anche qualche sorpresa.

Tiana è una giovane ragazza di New Orleans che si divide tra turni massacranti di lavoro da cameriera. Ma Tiana ha un sogno: quello di aprire un ristorante tutto suo, in memoria del padre scomparso. Un giorno, a New Orleans arriva uno squattrinato principe che un perfido stregone voodoo trasforma in un ranocchio. Quando a una festa Tiana e il ranocchio si incontrano, il secondo insiste per essere baciato e poter tornare umano. Tiana cede, ma si ritrova lei stessa una ranocchia…

John Musker e Ron Clements, creatori di Aladdin e La sirenetta, dirigono un film a ritmo di jazz e blues. Le musiche, mai invasive, tornano quindi ad accompagnare la visione, prendendo sottobraccio il giovane spettatore e ipnotizzandolo (alla vecchia maniera) con luci e colori sfavillanti.

La principessa e il ranocchio, allora, diventa una pellicola del ricordo, un omaggio a un certo modo di intendere l’animazione che oggi è decisamente fuori tempo. Impossibile sfuggire, quindi, alla retorica sul cambiamento dei tempi. Della principessa bionda e in attesa del bel principe ormai non v’è traccia. La bionda sì, ma è alla ricerca più che altro del “buon partito”… altro che vero amore! Per quanto riguarda la principessa, invece, oggi è una giovane di colore squattrinata che amerà il suo ranocchio anche se non sarà mai principe. E alla fine il sogno idilliaco del “Vissero per sempre felici e contenti” odora di amarezza per i sogni infranti e il tempo che fu.

Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=2136

Astro Boy

Anno: 2009
Regia: David Bowers
Distribuzione: Eagle Pictures

Finalmente, Astro Boy!

Dal maestro Osamu Tezuka che lo concepì nel lontanissimo 1952 in forma di manga (dando vita al fumetto giapponese come oggi lo si intende), trasformandolo poi nel primo Anime della storia nel 1963, arriva al cinema il lungometraggio dedicato al piccolo Tetsuwan Atom, aka Astro Boy.

Metrocity, in un futuro non troppo lontano. Il geniale professor Tenma è sconfortato dalla morte prematura del figlio Toby. Per colmare la mancanza, Tenma realizza un cyborg a immagine e somiglianza di Toby. Quando però il cyborg apre gli occhi, dimostra di avere una coscienza e una volontà proprie. Nel tentare di conquistare l’amore sincero del suo creatore, il robot diventerà l’eroe della città…

Un po’ Metropolis. Un pizzico di Pinocchio. Osamu Tezuka agli inizi degli anni Cinquanta aveva già preso quanto di meglio la fantascienza e la narrativa potesse allora offrire. Il suo Astro Boy ha il merito indiscusso di aver dettato le regole per il manga. Occhi grandi, tavole chiare, tematiche adulte attraverso un linguaggio semplice. Asto Boy divenne il Mickey Mouse giapponese. Osamu Tezuka, invece, da quel momento venne soprannominato “dio dei manga”. Questa incarnazione cinematografica del suo Tetsuwan Atom è efficace, ma non certo priva di difetti. Si sente, evidentemente, l’assenza di una casa di produzione “forte” come potrebbero essere la Dreamworks o la Pixar, e si avverte un certo squilibrio nel gestire all’americana un soggetto intimamente giapponese. Scenari un poco spogli e “statici”, animazione epica, ma allo stesso tempo macchietistica. David Bowers alla regia (dopo essere stato “aiuto” in Giù per il tubo), del resto, fa del suo meglio per non far sentire queste mancanze. Realizza una storia rocambolesca e piuttosto complessa, ma ben raccontata e cosparsa di elementi avvincenti. In particolare molto buona risulta proprio la crescita caratteriale di Astro, che da bambino abbandonato (echeggiando anche A.I. –Intelligenza artificiale), diventa un eroe consapevole della propria storia.

Buono, lasciando da parte i pregiudizi del caso, anche il doppiaggio. La voce di Silvio Muccino (a sorpresa) risulta molto adatta al personaggio di Astro, mentre quella di Carolina Crescentini (nel ruolo dell’amica umana Cora) doveva essere forse meno rigida. Bravi anche quelli del Trio Medusa che fanno il minimo indispensabile… fortunatamente! Certo, perchè nella versione originale il pubblico poteva godere delle voci di Kristen Bell, Nicolas Cage, Samuel L. Jackson, Charlize Theron e Bill Nighy, ma considerando quanto sentito in passato negli adattamenti italiani (qualcuno si ricorda Shark Tale?) direi che poteva andare molto peggio.

Insomma, il piccolo Astro Boy ce l’ha fatta anche questa volta. Forse non vincerebbe in un confronto diretto con le “grandi”, ma siamo certi che riuscirebbe comunque ad arrivare in piedi alla fine del match e a esclamare: “Ehi, non mi hai ancora sconfitto!”.

Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/anteprima-Astro_Boy_Il_bambino_di_ferro-3429.html

Io e Marilyn

Anno: 2009
Regia: Leonardo Pieraccioni
Distribuzione: Medusa

Se nel 1972 Woody Allen si faceva aiutare da Humphrey Bogart in Provaci ancora, Sam, nel 2009 Leonardo Pieraccioni si fa aiutare dal fantasma di Marilyn Monroe a riconquistare l’ex moglie. Ma questa volta l’idea (non originalissima) del regista toscano si perde un po’ per strada.
Firenze. Durante una seduta spiritica fatta per gioco Gualtiero Marchesi, da poco divorziato dalla moglie Ramona, richiama il fantasma di Marilyn Monroe. Lei, allora, si piazza nella vita dell’uomo e finisce per consigliarlo sul come riconquistare Ramona che nel frattempo si è legata a Pasquale, un “magnetico” lanciatore di coltelli. Non tutti i consigli della “old star” però, si riveleranno efficaci…

Gradevole commedia romantica che potrebbe dare del filo da torcere ai consueti cinepanettoni annuali. Quest’anno Pieraccioni appare più malinconico del solito e, forse, è proprio la natura dolce amara della pellicola a convincere maggiormente. Il regista toscano non rinuncia alla cifra stilistica fatta specialmente di divagazioni all’acqua di rose sulla vita e sull'amore, ma realizza al contempo un film che fila via leggero leggero, delicato, quasi impalpabile. Io e Marilyn strappa via così più di un sorriso ed è merito anche del cast: da Biagio Izzo a Rocco Papaleo, da Francesco Pannofino a Luca Laurenti, fino a Francesco Guccini, tutti affiatati a mai invasivi. La scena dello spettacolo è lasciata tutta al capocomico che fa largo uso delle proprie capacità istrioniche. Spassosa, a riguardo, la guerra dei dialetti con Biagio Izzo.

Tirando le somme. Pieraccioni realizza un film quindi certamente modesto, ma migliore delle ultime sue pellicole perché più ironico e surreale. Peccato che non sia riuscito a sfruttare fino in fondo l’idea originale. La Marilyn di Pieraccioni infatti, a differenza del Bogart di Allen, non darà nessun vero consiglio risolutore al protagonista, e invece di essere "musa ispiratrice" finisce per perdersi nell’identità di un mero meccanismo comico.

Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/recensione-Io_e_Marilyn_Musa_ispiratrice__mancata-4036.html

Amelia – La leggenda, l’amore e il mistero

Anno: 2009
Regia: Mira Nair
Distribuzione: 20th Century Fox

La regista Mira Nair (Kama Sutra, 1996 e Moonsoon Wedding, Leone d’Oro a Venezia 2001) racconta la storia affascinante di Amelia Earhart, prima donna aviatrice a girare il globo su un aeroplano.

Amelia – La leggenda, l’amore e il mistero racconta proprio l’esistenza della leggendaria aviatrice appassionata e visionaria. Dopo aver attraversato l’Atlantico in aeroplano, Amelia Earhart diviene per tutti un punto di riferimento e una icona. Di libertà, di coraggio e di emancipazione femminile. Poi, nel 1937, decide di affrontare la sfida più dura: attraversare il mondo in solitaria…

Racconto accorato, ma privo di mordente. Qui, in sostanza, tutta l’essenza di Amelia - La leggenda, l’amore e il mistero, un film che malgrado il coinvolgimento di due attori di “grosso calibro” non riesce a trasportare lo spettatore in volo. La regia noiosetta di Nair non catalizza l’attenzione, ma la colpa non è da ricercare nelle sua direzione, quanto forse nella sceneggiatura: troppo concentrata sulle conversazioni tra i due protagonisti che sui voli della stessa Earhart.

D’altro canto, a interpretare la celebre aviatrice troviamo Hilary Swank, qui in veste anche di produttrice esecutiva. E la sua interpretazione, sospesa tra grazia e forza, rimane comunque impalpabile. Al suo fianco un Richard Gere al sapore di melassa gli tiene testa, ma purtroppo pare scimmiottare personaggi da lui già interpretati decine e decine di volte.

Insomma, malgrado la regia “impegnata” di Mira Nair, Amelia è un film da consigliare alle estimatrici del bel Gere, e da recuperare tutt’al più a noleggio. Non crediamo, infatti, che nei cinema trovi molti passeggeri pronti a partire con lui.

Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/anteprima-Amelia_Un_volo_a_planare-4069.html