venerdì 10 ottobre 2008

No Problem

Anno: 2008
Regia: Vincenzo Salemme
Distribuzione: Medusa

Arturo Cremisi è l’attore protagonista di una fiction di successo dove interpreta il ruolo di un padre costretto a separarsi dal figlio Mirko. Un giorno, all’uscita dal set, Arturo viene fermato da un bambino, anch’egli di nome Mirko, che lo crede suo vero padre. Lo sfortunato attore si ritrova coinvolto in una girandola di equivoci…

Rapporti di vita famigliare nella nuova commedia di Vincenzo Salemme, “No problem”, tra la finzione della televisione, e la realtà della vita vera. Il risultato è una pellicola gradevole, con i cliché cui il regista ci ha abituati, ma dai toni meno frizzanti che in passato. Questa volta, infatti, i giochi di parole, gli scambi di persona, gli errori dialettali risultano non appaiono abbastanza efficaci. Colpa anche del soggetto, incentrato sul trauma di un bambino (la perdita del padre), troppo serio per poterci davvero riderci sopra.

Buona invece l’interpretazione del cast. Vincenzo Salemme dà il ritmo a tutto il film e gestisce le gag, rubando a volte la scena agli ai comprimari. Bravi ad affiancarlo sul set Sergio Rubini, nel ruolo di un “agente dello spettacolo” dislessico; e Giorgio Panariello, lo zio schizofrenico del piccolo Mirko. Il resto del cast non brilla, con l’unica eccezione di Oreste Lionello: grandissimo, anche se relegato al meschino ruolo di un padrone di casa senza scrupoli.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/

Disaster movie

Anno: 2008
Regia: Jason Friedberg, Aaron Seltzer
Distribuzione: Eagle Pictures

Tornano al cinema i registi Jason Friedberg e Aaron Seltzer nell’ennesima pellicola demenziale; questa volta ad essere presi di mira sono le pellicole cosiddette “catastrofiche”.

La notte prima di festeggiare i suoi sedici anni, Will sogna la cantante Amy Whinehouse rivelargli il giorno esatto della fine del Mondo: il 10 ottobre. Sconvolto, il giovane rivela la funesta profezia ai suoi amici più intimi, ma proprio tale rivelazione darà via a tutta una serie di eventi catastrofici…

Ennesima variazione sul tema parodistico. Il duo Friedberg e Seltzer regalano al proprio pubblico l’ennesima pellicola che da “Scary Movie” a “3ciento: Chi l’ha duro la vince” ha dimostrato di appartenere certamente a un genere redditizio. Esaurito il repertorio di gag demenziali con protagoniste le emule di Britney Spears e Paris Hilton, questa volta i registi se la prendono specialmente con le dive Amy Whinehouse e Jessica Simpson, entrambe “celebrate” per le loro dubbie capacità canore e i disdicevoli atteggiamenti in pubblico. Dalle prese in giro di “star” e “starlette” televisive poi “Disaster Movie” si concentra, come i suoi predecessori, sul ridicolizzare (sempre del tutto gratuitamente) le pellicole uscite nell’ultimo anno. Si passa dal repertorio a sfondo fumettistico, con gli sketch incentrati su improbabili Bat-Man e Iron-Man, fino ai già ridicolizzati “Narnia” e “Step-Up”. Nel trita carne dei registi californiani nessuno si salva: cade vittima persino il film dei fratelli Cohen “Non è un Paese per vecchi” - premio Oscar 2007 -, nella parodia del personaggio interpretato, nell’originale, da Javier Bardem, che qui viene ucciso poco dopo i titoli di testo.

Nulla di nuovo, quindi, ma semplicemente il solito film senza né capo né coda cui già, purtroppo, il pubblico è abituato. Questa volta però neppure le curve della solita Carmen Electra e della new entry Kim Kardashian riescono a sollevare il morale dello spettatore: sempre più scoraggiato da tutta questa glorificazione del nulla cinematografico.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/

martedì 7 ottobre 2008

Miracolo a Sant'Anna

Anno: 2008
Regia: Spike Lee
Distribuzione: 01 Distribution

Non ce ne vorrà Spike Lee, regista di autentici capolavori come la "25 ora", "Lei mi odia" e "Fa la cosa giusta", ma la sua nuova impresa cinematografica proprio non funziona. Tratto dall’omonimo best seller di James McBride, "Miracolo a Sant’Anna" racconta, romanzandoli, i fatti relativi alla strage avvenuta nel 1944 nella località toscana di Sant’Anna di Stazzema.

A causa di una errata infiltrazione in zona crucca, quattro soldati americani, unici sopravvissuti della 92ª divisione, si ritrovano rifugiati in un paesino della Toscana. Asserragliati tra le montagne, i quattro militari stringono amicizia prima con gli abitanti del posto, e poi con un gruppo di partigiani tra le cui fila si nasconde un traditore...

Confusione di idee. E’ questo il resoconto che si fa alla fine della proiezione di "Miracolo a Sant’Anna". Spike Lee propone la rilettura, già assai complessa nel romanzo, di un fatto di cui sembra conoscere ben poco.Sarebbe stato bello poter gioire con i soldati americani della liberazione del nostro popolo. Purtroppo, non è questo il film.
Sarebbe stato avvincente seguire da vicino il rapporto di amicizia tra un gigante buono (interpretato ottimamente da Omar Benson Miller) e un bambino toscano (il piccolo e sensibile Matteo Sciabordi) scioccato dalla morte del fratellino. Purtroppo, non è questo il caso.
E ancora ci avrebbe convinto seguire la storia d’amore tra un americano di colore e una giovane donna toscana, o il riscatto e la morte eroica di un nostro partigiano. Purtroppo, Spike Lee non ci racconta veramente nessuna di queste cose.

Il regista americano, infatti, pecca su più fronti commettendo degli errori francamente imperdonabili per uno del suo calibro.
Innanzitutto non approfondisce nessuno dei temi sopra elencati, limitandosi a "presentarli" con scene e sequenze interminabili (per un totale di due ore e venti di film) che troppo odorano di autocompiacimento. In secondo luogo non riesce, complice una sceneggiatura che soffre della paura di un confronto col romanzo, ad amalgamare nessuna situazione, distribuendo una serie lunghissima di luoghi comuni e cliché. Infine, e questo è il peccato più grave, Spike Lee infarcisce il tutto con una melensa e gratuita metafora antirazzista che poco c’entra con i temi trattati. Il paradosso cui si giunge è che la famosa scena della strage avvenuta da parte dei nazisti, e che darebbe il titolo alla pellicola, passa totalmente in secondo piano rispetto a tutto il resto. Perfino rispetto all’improbabile e gratuita scena di sesso tra un militare e la sensuale Valentina Cervi.
Che film è, dunque? E’, senza mezzi termini, il tentativo da parte di un regista di utilizzare un episodio che appartiene alla nostra (ripeto, nostra) storia per parlare del rapporto di amicizia tra soldati americani di colore (ci tiene tanto, Spike Lee, a sottolinearlo!) e la popolazione straniera che devono liberare.
Sbagliando il modo, Spike Lee non convince nessuno e anzi finisce per indispettire.

Infine, nell’ansia di dover proporre i propri attori, spesso con scene inadeguate al contesto e che trascendono i motivi della messa in scena, Lee relega a ruolo di contorno un grandissimo Pierfrancesco Favino che, non per essere di parte, risulta il miglior attore sullo schermo. Per la cronaca nel film compaiono anche John Turturro e Luigi Lo Cascio... inutile dire che Spike Lee sacrifica anche loro.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://filmup.leonardo.it/miracleatstanna.htm

Zohan

Anno: 2008
Regia: Denis Dugan
Distribuzione: Sony Pictures

Zohan, dopo aver combattuto per anni in qualità di agente del Mossad, riesce a realizzare la sua più grande aspirazione: diventare parrucchiere negli Stati Uniti. Infatti, creduto morto dai suoi commilitoni, Zohan ne approfitta per cominciare una nuova vita, ma si sa: la verità non si può nascondere a lungo…

Adam Sandler torna nel ruolo che gli è più congeniale, quello del comico. E lo fa con una energia e un’irriverenza che non si vedevano dal Saturday Night Live, programma notturno che lo ha visto formarsi come attore. Caratterizzato da una verve decisamente fuori dagli schemi, anche in questo caso Sandler divide il pubblico, dando vita a una commedia grottesca caratterizzata sia da continui doppi sensi, sia da numerose critiche politiche. Una sceneggiatura irriverente, diretta da Judd Apatow autore di “40 anni vergine”, si dipana tra gag a sfondo sessuale e numerosi “camei” di personaggi provenienti dal mondo dello spettacolo: da Maria Carey a John McEnroe, fino a Henry Winkler, il Fonzie di “Happy days”.
I momenti più divertenti, comunque, rimangono i duetti che vedono l’attore americano scontrarsi, verbalmente e non, con John Turturro nel ruolo di un improbabile terrorista di nome Phantom. Entrambi irresistibili e “cattivissimi” fino al demenziale finale a sorpresa.

Diego Altobelli (10/2008)

lunedì 6 ottobre 2008

La Mummia - La tomba dell'Imperatore Dragone

Anno: 2008
Regia: Rob Cohen
Distribuzione: UIP

Quella de “La Mummia” è certamente una delle saghe cinematografiche di maggior successo degli ultimi anni. Essa ha al suo attivo due lungometraggi, il cui originale fu il remake di quello con Boris Karloff del 1932; uno spin-off (“Il Re Scorpione” interpretato da The Rock), prequel della saga; e ora questa pellicola diretta da Rob Cohen (“Fast and Furious” e “xXx”).

Nell'antichità l’Imperatore Han aveva cercato di raggiungere l’immortalità con un sortilegio. Ingannato dalla propria sposa Han si ritrovò trasformato, insieme a tutto il suo esercito, in una statua di terracotta. Sul finire della seconda Guerra Mondiale, lo studioso e archeologo Rick O’Connell, insieme a sua moglie e al figlio, è coinvolto suo malgrado nella cerimonia di riesumazione della mummia. Spetterà al trio di avventurieri fermare il mostro dalla rivalsa sul Mondo…

Più simile a un “Tomb Raider”, che a un “Indiana Jones”, “La Mummia III – La tomba dell’Imperatore Dragone” è un pasticcio fantasy poco digeribile e girato con un certo pressapocchismo. Pur apprezzando il ritmo, sempre incalzante, e l’idea generale, con un gusto retrò proprio delle storie d’avventura, non si può non storcere il naso d’innanzi all’incredibile quantità di idee buttate via.
Mentre nei primi tre film della serie si apprezzavano le tinte dichiaratamente adolescenziali, qui il tutto si fa più marcatamente pretestuoso. Si va dallo Shangi-La, all’esercito di terra cotta, agli abominevoli uomini delle nevi fino ad arrivare ai draghi, senza riuscire a collegare degnamente l’una cosa all’altra.
Neppure la recitazione spicca, presentando anche una “new entry”, Evelyn, interpretata precedentemente da Rachel Weisz (premio Oscar per The Constant Gardener) e ora sostituita da Maria Bello: quest’ultima regge il gioco ma non convince, adeguandosi così al resto del film.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1939

Sfida senza regole - Righteous Kill

Anno: 2008
Regia: Jon Avnet
Distribuzione: 01 Distribution

Sono trascorsi ben tredici anni da quando Michael Mann portò i due maestri Robert De Niro e Al Pacino a scontrarsi sul grande schermo in "Heat – La sfida". Oggi è Jon Avnet, il famoso regista di "Pomodori verdi fritti" a dirigerli insieme per la terza volta in ordine cronologico: la prima infatti spetta al grande Francis Ford Coppola nel 1974 con il “Padrino, Parte II”.
Almeno nelle intenzioni il film di Avnet accontenta tutti: Robert De Niro e Al Pacino si ritrovano fianco a fianco, nei panni rispettivamente dei pluridecorati detective Turk e detective Rooster, per indagare sulla morte di alcuni criminali. Tra i decessi nessun collegamento a parte una breve poesia in rima lasciata sul luogo del delitto...

Alla domanda come mai ci hanno impiegato tredici anni per tornare a recitare insieme sul grande schermo, la risposta laconica del grande Al Pacino lascia un poco perplessi: "...Non avevamo trovato buoni soggetti..." Lascia perplessi in quanto la stessa cosa, purtroppo, si può dire del film diretto con piglio metropolitano da Jon Avnet. La storia fatica a decollare e in alcuni punti, soprattutto nella parte centrale, si ha la sensazione di girare a vuoto per il flusso narrativo alla ricerca del vero cuore della trama. Questo si raggiunge, ma alla fine e con un colpo di scena parecchio prevedibile. Insomma una specie di occasione persa, almeno dal punto di vista del soggetto ad opera di Russell Gewirtz, lo stesso del buon trhiller "Inside Man".
Dal punto di vista registico, inoltre, è praticamente impossibile non fare un confronto con il film di Mann del 1995, e anche sotto questo aspetto il film di Avnet esce sconfitto. Mann aveva dato un tono e un’atmosfera decisamente più adulte a tutto il progetto; e anche le uniche due scene in cui i due divi comparivano faccia a faccia risultano, a conti fatti, più incisive rispetto a tutto "Sfida senza regole".
In buona sostanza è solo la presenza dei due colossi del cinema a salvare, anche se in corner, la pellicola di Avnet. De Niro domina per tutto il film, adombrando la scena a Pacino, che risponde, esplodendo, nelle battute finali. Uno scontro recitativo che finisce, ancora una volta, in parità.

"Sfida senza regole" è insomma un thriller abbastanza scontato la cui visione sul grande schermo viene legittimata solo dalla presenza dei due mostri sacri. Senza i quali la pellicola di Avnet sarebbe stata relegata unicamente all’home video.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://filmup.leonardo.it/righteouskill.htm

Mamma mia!

Anno: 2008
Regia: Phyllida Lloyd
Distribuzione: UIP

Giunge nelle sale “Mamma mia!”, musical con i brani di un gruppo storico degli anni settanta: gli svedesi Abba. Il film è una commedia musicale, tratta da un hit teatrale di Broadway, diretta da Phyllida Lloyd.

Sophie sta per sposarsi e l’unico desiderio che ha è quello di avere come testimone di nozze suo padre. Peccato che Sophie non l’ha mai visto e non sappia chi sia, fino a quando un giorno trafuga dall’armadio un vecchio diario appartenente alla madre, Donna. In quelle pagine Sophie scopre che sua madre nel periodo di concepimento stava frequentando tre uomini: Harry, Sam e Bill. La ragazza decide di invitarli tutti e tre pensando che sarà il cuore a suggerirle chi di loro è il suo vero padre…

Sophie, ovvero Sofia, dal greco “conoscenza”. A questo si limita la complessità narrativa di “Mamma mia!”, musical frizzante e leggerissimo che, sorretto esclusivamente dalla presenza della divinità Meryl Streep, decanta la musica degli Abba fino all’esaurimento di tutto il repertorio. Si va dagli inizi di Ring Ring, con i singoli Disillusion e I’m just a girl; fino agli Abba di Mamma mia! e SOS: insomma, un puro concentrato di energia e ottimismo.Purtroppo, malgrado il piacere nel riascoltare le note celebri del gruppo, tanta entusiastica leggerezza rappresentata dall’unione di musica e immagini finisce per stufare presto. Infatti, l’ottimo comparto musicale (e non potrebbe essere altrimenti), non viene sostenuto da nessun aspetto filmico positivo. Troppo debole e pretestuosa la trama, ad esempio, per risultare coinvolgente; mentre i pochi momenti recitati risultano anch’essi fiacchi e tirati via in attesa del successivo brano.

Ma a ben vedere non è né la trama né l’intreccio dei personaggi il vero punto debole della pellicola, quanto la palese incapacità della regista e del coreografo di amalgamare correttamente musica e immagini. I balletti appaiono da subito approssimativi e improvvisati laddove le canzoni si susseguono senza soluzione di continuità.Insomma, tolta la grande Meryl Streep, la cui bravura viene nuovamente confermata in questa inusuale veste, a “Mamma mia!” rimane ben poco. Si respira sì, un generale senso di entusiasmo, cui però è venuto a mancare il metodo.

Diego Altobelli (10/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1943

Riflessi di paura

Anno: 2008
Regia: Alexandre Aja
Distribuzione: 20th Century Fox

Ben Carson è un agente di polizia sospeso dal servizio per aver ucciso un collega sottocopertura. Logorato dai sensi di colpa e in attesa di risalire la china, Ben accetta di lavorare di notte come guardiano in un vecchio museo, il Mayflower, finito in fiamme un anno prima e che ha visto la morte di centinaia di persone. Girando per il sinistro edificio, Ben si rende conto che gli specchi del Mayflower riflettono le immagini di persone carbonizzate. L’instabile agente si ritrova così coinvolto in una maledizione le cui origini devono ricercarsi in un antico caso di psichiatria…

Tratto da “Geoul sokeuro”, pellicola del 2003 diretta dall’esordiente Sung-Ho Kim, il nuovo thriller di Alexandre Aja (autore dell’ottimo “Alta tensione” e del buon remake de “Le colline hanno gli occhi”) è un prodotto riuscito a metà. La buona regia, che dimostra di saper tenere i tempi del genere, si schianta clamorosamente su una sceneggiatura approssimativa e caricaturale che finisce per regalare allo spettatore involontarie scene comiche come il momento che l’attore Sutherland piange davanti allo specchio chiedendogli pietà (al limite del “trash”); o lo scambio di battute tra il protagonista e l’ex-moglie che proprio di credere a uno specchio assassino non ne vuole sapere; o infine il momento in cui lo stesso protagonista convince una monaca di clausura a seguirlo sul luogo del delitto puntandogli contro una pistola. Grottesco.
Alexandre Aja esprime, ancora una volta, grande capacità a mostrare lo splatter. Belle, in tal senso, le scene di morte: macabre e scioccanti al punto giusto.
Siamo alle solite, insomma: di idee interessanti ce ne erano, forse anche più che in passato, ma pare che il regista francese non sia riuscito a gestire la “consueta” macchina produttiva statunitense che, tra “riflessi” e storie di malattie mentali, annega i buoni momenti visivi in un confusionario splatter movie, come già è successo per altre pellicole tratte da horror orientali.
Bello il finale invece, a sorpresa.

Diego Altobelli (10/2008)