venerdì 20 giugno 2008

L'incredibile Hulk

Anno: 2008
Regia: Louis Leterrier
Distribuzione: UIP

“Hulk” diretto nel 2003 da Ang Lee aveva deluso i fan. Troppo lento, per alcuni, troppo concentrato sull’aspetto psicologico dei personaggi, secondo altri; quella esperienza che pure vantava un notevole cast (Nick Nolte; Eric Bana; Jennifer Connelly) e una regia non scontata e non piegata alla mera macchina dell’intrattenimento, in effetti mancava di quella immediatezza che i fumetti Marvel hanno.
Con questa premessa, l’approccio ad un seguito è chiaramente diverso.
Louis Leterrier, regista che sui film d’azione come “Transporter: Extreme” si è costruito una carriera, confeziona saggiamente un film per veri appassionati del golia verde. Un film che echeggia (ironizzandoci) le atmosfere drammatiche della serie TV, e che pare voglia dare un nuovo inizio alle avventure cinematografiche di Hulk, con l’introduzione di elementi di pura “continuity narrativa”, come viene definita in gergo Marvel.

Bruce Banner si è nascosto nelle favelas brasiliane per cercare una cura alle crisi di rabbia che lo fanno trasformare nell’incredibile Hulk. Un giorno però, una goccia del sangue di Banner cade accidentalmente in una delle numerose bottiglie della fabbrica di bibite in cui lavora. L’esercito, guidato dal generale Ross, lo scopre e si mette sulle sue tracce al fine di catturarlo e formare un esercito di supersoldati. Per Bruce comincia una estenuante fuga, ma quando scopre che un soldato russo ha sfruttato i raggi gamma per diventare come lui, deciderà di affrontarlo...

Puro intrattenimento. Il film di Leterrier lascia da parte qualunque elemento possa rendere “L’incredibile Hulk” introspettivo, e con questa mossa confeziona un film che diverte ed entusiasma sia i fan del comic americano, che gli spettatori occasionali.
A fronteggiare il golia verde non c’è un fantomatico padre e un mostro inventato, ma qualcuno che come lui proviene dalle pagine del fumetto: Abominio, interpretato nella sua forma umana da un grande e divertito Tim Roth che a testa alta e piglio folle affronta Hulk a più riprese.
Leterrier, la cui regia è tutta concentrata nei combattimenti, affronta in modo superficiale i pochi momenti di quiete del film (che pure ricordano a tratti il recente “King Kong” di Peter Jackson), e si diverte a inserire moltissime allusioni al fumetto (come lo smash-clap e l’earthquake, le mosse speciali che Hulk usa spesso nelle sue avventure), e rimandi alla serie televisiva - con l’intervento spassoso del golia verde televisivo Lou Ferrigno, o l’utilizzo sparso delle musiche che accompagnavano il serial.

Insomma una festa per i fan, e più in generale un film divertente e indirizzato a tutti.
Se poi aggiungiamo allo spettacolo il cameo finale di Robert Downey Jr. che nei panni di Tony Stark rivela al generale di Ross di voler mettere su una “squadra”, e la nascita di un altro super-cattivo come The Leader sullo sfondo, non possiamo che entusiasmarci insieme ai lettori e aspettare frementi la prossima apparizione cinematografica targata Marvel.

Diego Altobelli (06/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/

Gardener of Eden – Il giustiziere senza legge

Anno: 2008
Regia: Kevin Connolly
Distribuzione: Medusa

Adam Harris è un ragazzo di 25 anni che è tornato a vivere nel New Jersey a casa dei genitori, dopo che è stato cacciato dall’università per essere stato beccato a flirtare con una prostituta.
Apatico, stanco, annoiato, dopo l’ennesima delusione da amici e ragazze, Adam decide una sera di ubriacarsi e fare a botte con il primo che passa per la strada. Il caso vuole che incroci e malmeni proprio un ricercato dalla polizia per stupro. Adam diventa quindi un eroe agli occhi della comunità, ma allo stesso tempo finisce schiavo dell’idea di aver trovato un ruolo come vigilantes.

A metà strada tra film di denuncia, pellicola grottesca, e fumetto dark, il nuovo film dell’esordiente Kevin Connolly cavalca l’attuale moda per i supereroi e ispirandosi (piuttosto superficialmente) agli eroi Marvel confeziona una pellicola incerta e zoppicante.
Di natura ambigua infatti le motivazioni concettuali che spingono Adam a divenire un vigilantes, là dove i fumetti insegnano che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, qui assistiamo al trionfo dell’apatia e dell’inconsistenza motivazionale.
Adam è certamente un anti-eroe, nerd, annoiato e cinico, ma queste caratteristiche non lo trasformano in un eroe positivo, piuttosto in un eroe molto, ma molto negativo e molto più pericoloso di certi super-criminali visti nei fumetti. Le sue azioni e le sue idee nascono e scaturiscono dal mero capriccio, dalla noia e dall’incapacità (tutta umana) di non trovarsi un ruolo adatto a lui. Di super-umano non c’è nulla, nemmeno le buone intenzioni (utopiche) di voler ripulire le strade dalla violenza e dalla “sporcizia”.
La frase del film che diventa il suo tormentone: “Perché le cose brutte capitano sempre alle persone buone”, perde di credibilità se viene pronunciata da un personaggio che raccoglie pezzi di cervello per strada (!); va a prostitute (dichiarando ironicamente che ognuno ha le sue fisse); picchiando arbitrariamente persone sconosciute; e ricorrendo all’omicidio per puro autocompiacimento e voglia di sentirsi più forte e migliore di altri.
Il fare del bene descritto nel film è quindi una facciata, un mero tentativo (molto pericoloso) di legittimare la violenza. E aggravato dall’incapacità, tutta della regia, di prendere una posizione in tal senso. Spiegare dove si trovi il bene e dove il male, a differenza di altre pellicole come “Il buio nell’anima” di Neil Jordan dove il tutto era rappresentato con piglio più adulto e maturo.

Sfortunatamente in questa confusione di intenti e motivazioni, alcune volute altre apparentemente casuali, la regia risulta noiosa e inconcludente come il protagonista che descrive. Debole sceneggiatura, per le motivazioni già spiegate, che grava su una recitazione troppo debole e pretestuosamente antipatica. Tutti personaggi apatici con l’unica eccezione di Giovanni Ribisi, che non solo interpreta bene il ruolo di spacciatore convinto, ma risolleva il morale a un film che dell’insegnamento dei veri supereroi non ha appreso nulla. Scempio.

Diego Altobelli (06/2008)