venerdì 27 novembre 2009

Dorian Gray

Anno: 2009
Regia: Oliver Parker
Distribuzione: Eagle Pictures

Il regista Oliver Parker traduce in Cinema il romanzo estetico che introdusse il culto per il Bello come oggi lo conosciamo. Il suo Dorian Gray appare però troppo pulito e di "buone maniere".

La trama è universalmente nota. Dorian è un ragazzetto dall'animo puro che viene iniziato alla vita dagli aforismi di Lord Wottom. Quest’ultimo per il giovane orfano diventa un mentore e un punto di riferimento. Poi, durante una delle lunghe conversazioni che tengono i due, Dorian esplicita il desiderio di rimanere bello in eterno. La sua anima viene così impressa nel suo ritratto, e mentre l’immagine nel quadro avvizzisce per i peccati commessi da Dorian, lui rimane bello e giovane…

Perché si diceva di “buone maniere”... Perché manca la ruvidità. Manca la sporcizia. Manca la perdizione. Dorian Gray di Oliver Parker è come una scampagnata a catturare insetti: usi il retino e non ti sporchi le mani. E questo malgrado il regista tenti in più occasioni di mostrare il lato oscuro del protagonista. Dorian uccide (il film inizia proprio con lui che fa a pezzi una persona…); ha rapporti sessuali con donne di malaffare e ambigui uomini; passa dal libertinaggio più sfrenato alla totale mancanza di morale, come da un bordello a un altro. Eppure il risultato è tutto fuorché traumatico o impressionante. Scelta voluta? Può darsi. Viene invece da pensare che ormai il pubblico è abituato a tutto e certamente non rimarrà colpito dalla presunta immoralità incarnata dal visino candido dell’attore protagonista Ben Barnes: bello come un soprammobile. Ci voleva qualcosa di più forte. Una regia più cattiva e, in qualche modo, pulp.

Invece abbiamo Ben Barnes che già avevamo visto nel secondo capitolo di Narnia nei panni del principe (“principino” rende meglio l’idea), e anche lì non è che ci avesse convinto poi molto… Meglio allora l’altro protagonista, Colin Firth, che malgrado la barba “fintissima”, riesce quantomeno a incarnare l’atteggiamento snob upperclass.

Dorian Gray, insomma, delude le aspettative perché la dignitosa regia di Parker (Un marito ideale; L’importanza di chiamarsi Ernest) pecca di coraggio. Forse anche di eccessiva reverenza. Francesco Alò nella sua recensione ne Il Messaggero suggeriva di recuperare American Psyco e ha proprio ragione: è lui oggi il nostro Dorian Gray.

Diego Altobelli (11/2009)

500 giorni insieme

Anno: 2009
Regia: Marc Webb
Distribuzione: 20th Century Fox

Gradevole variazione sul tema Amore. Però, come ci tiene a sottolineare l’incipit del film, 500 giorni insieme non è una storia d’amore. Forse più la storia di una presa di coscienza.

Il giovane Tom, fresco di una laurea in Architettura, lavora come compositore di biglietti d’auguri sognando un giorno di fare il grande salto. Nel grigiore degli uffici conosce Summer e ben presto i due si mettono insieme. Saranno 500 giorni di alti e bassi…

Potremmo dire che Marc Webb, al suo esordio alla regia, colpisce il bersaglio ma senza fare centro. La sua commedia “romantica-ma-non-troppo” narra con passione il turbamento dello spaesato Tom, troppo inesperto per capire l’ambiguità dell’amore. E proprio su questa annosa questione (comprensibile a tutti) ruota la pellicola che sfrutta con caotica efficacia una narrazione fatta di sbalzi temporali. In questo andirivieni di regali (non)fatti, appuntamenti (mancati), primi (e ultimi) baci, rinunce e "prime volte", in realtà la sensazione è quella che il filo del discorso si perda un po’ per strada. Webb, infatti, infila nel pentolone delle emozioni un po’ di tutto, dal musical alla commedia classica, e non sempre con risultati coerenti. Giunge in soccorso allora la sceneggiatura di Michael H. Weber e Scott Neustadter (considerati da Variety tra i dieci sceneggiatori da tener d'occhio). La loro è una scrittura fresca, pungente, disincantata, che regala più di un sorriso e fa dimenticare (o accettare di buon grado) le imperfezioni di regia.

Decisamente affiatati gli interpreti. Giovani, belli e bravi. Joseph Gordon-Lewitt convince nei panni del bravo ragazzo a cui servirebbe una bella sveglia al collo; Zooey Deschanel, dal canto suo, (già apprezzata protagonista del nuovo classico Yes Man) conferma la propria versatilità.

Con (500) Days of Summer (valeva la pena citare il titolo originale) insomma, Webb ci dona una piacevole sorpresa tra le commedie (non)romantiche. Le imperfezioni ci sono, ma la pellicola scivola via e ci ricorda ancora una volta che il tema “Amore” (tanto amato dai vari Moccia) può essere trattato con arguzia.

Diego Altobelli(11/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/recensione-500_giorni_insieme_Romanticismo_fa_rima_con_cinismo-3791.html