mercoledì 14 settembre 2011

Crazy, stupid, love

Anno: 2011
Regia: Glenn Ficarra e John Requa
Distribuzione: Warner Bros.

La vita di Carl Weaver viene sconvolta dall’uragano chiamato divorzio. Colpito da un fulmine a ciel sereno, il povero Carl si ritrova a girovagare per locali ubriacandosi e parlando della sua sfortuna. Poi una notte l’uomo incontra Jacob: un Don Giovanni che si propone di aiutarlo a… rimettersi in piedi. I due diventano presto amici, finché Jacob non prende una sbandata per una misteriosa ragazza…

Questa volta partiamo dai difetti. “Crazy, Stupid, Love” consta di una prima parte noiosetta e un assunto che non fa certo gridare al miracolo per originalità. Sembra di essere davanti a un nuovo “Hitch” (Andy Tennant, 2005), e per certi versi il film diretto a quattro mani da Glenn Ficarra e John Requa –alla loro prima prova - ne ripropone gli spunti comici. Il buon vestito contrapposto a scarpacce da tennis; l’atteggiamento da figo contro quello impacciato e insicuro del protagonista; la battuta pronta, la sicurezza, che si fanno beffe della balbuzie e dell’impasse di un primo sfortunato approccio. Niente di nuovo sotto i riflettori, insomma. Malgrado la bravura dei due attori protagonisti Steve Carrell – re dei tempi comici che qua e là ricorda il maestro Peter Sellers - e il giovane, bello, promettente e “chi più ne ha più ne metta” Ryan Gosling, nomination all’Oscar per “Half Nelson” e insospettabile protagonista di “Lars e una ragazza tutta sua”, dove interpretava un personaggio all’opposto di questo Jacob. Rimanendo sul pezzo, bisogna anche dire che la seconda parte, decisamente più frizzante e con dei guizzi di regia apprezzabili (la notte di Jacob con la misteriosa ragazza, o la telefonata della moglie di Carl all’ex marito), si allunga troppo nel finale peccando di verbosità. Bastava fermarsi un attimo prima, alla scena madre del film, risolvendola magari con meno retorica, e il film ne avrebbe guadagnato in immediatezza.

Passando ai pregi: “Crazy, Stupid, Love” è stato ben accolto dalla critica statunitense. Roger Ebert (uno che non le manda a dire) arriva addirittura a dargli un 3 stelle su 4, parlando di “commedia romantica su persone dal buon cuore”. E noi non possiamo che essere d’accordo. Il cast del resto è notevole. A fianco dei due protagonisti troviamo Julianne Moore, Emma Stone, Marisa Tomei e Kevin Bacon che definiscono con le loro interpretazioni il mondo sentimentale dove il film è racchiuso. Infine la sceneggiatura, scritta da Dan Fogelman (“Cars”, “Cars 2”, “Rapunzel – L’intreccio della torre”, “Fred Claus – Un fratello sotto l’albero”), che si fa largo a bracciate in un mare di buoni sentimenti, trova l’audacia per un colpo di scena che spiazza tutti strappando molte, tante risate.

Diego Altobelli (09/2011)

martedì 13 settembre 2011

I Puffi

Anno: 2011
Regia: Raja Gosnell
Distribuzione: Sony Pictures

Difficile dire se lo si aspettava con trepidazione oppure no, fatto sta che anche il magico mondo dei Puffi irrompe nelle sale cinematografiche. I personaggi ideati dall’autore Peyo nel 1958 prendono vita in computer grafica, perfettamente integrati nel mondo reale immortalato dalla Grande Mela.

Al villaggio dei Puffi sono in corso i preparativi per il Festival della Luna Blu. Tutto sembra filare per il meglio, ma il Grande Puffo ha una visione terribile sul futuro. A complicare le cose ci si mette Tontolone, che inavvertitamente finisce per indicare a Gargamella la locazione del Villaggio. Per fuggire al terribile mago, i Puffi si dividono in due gruppi. Ed è così che uno di questi si ritrova magicamente a New York…

Operazione commerciale a metà strada tra il nostalgico e il rilancio di un brand. I Puffi del mitico Peyo hanno indubbiamente animato i pomeriggi di tanti bambini, e con questo film sembrano promettere di fare lo stesso con le generazioni future. La regia di Raja Gosnell (“Beverly Hills Chihuahua”, “Big Mama”, “Scooby-Doo”) è piuttosto abile nel catturare l’essenza dei folletti blu e adattarne i caratteri all’interno di un mondo vero; similarmente a quanto avveniva nel disneyano “Come d’incanto”. E pure con tutte le magagne, le forzature e le imprecisioni del caso, alla fine il film si lascia vedere dimostrandosi adatto a tutte le età. I Puffi sono perfettamente ricreati e le loro movenze sono state riprese con dovizia di particolari. Un ottimo risultato, enfatizzato dal 3D che forse si poteva sfruttare con più audacia.

In un film di questo tipo allora, leggero e senza pretese, colpiscono più che altro alcune scelte tipicamente hollywoodiane. I personaggi instaurano un rapporto di amicizia con una coppia di giovani sposi. Il ragazzo (interpretato da Neil Patrick Harris) ha una consegna da fare al suo capo che, guarda caso, è una donna spagnola. La moglie (Jayma Mays) incinta prende a cuore il protagonista Tontolone promuovendo la libertà di essere, cautamente contrapposta all’idea che vuole i puffi differenziarsi dalla nascita in base a specifiche attitudini. Insomma, di riffa o di raffa Hollywood tenta di appropriarsi anche di questa idea. Ci riesce con piglio prepotente sulla povera Spagna in piena crisi economica, e per sottoscrivere la resa alla fine i Puffi si ispireranno alla Grande Mela per ricostruire il proprio villaggio. Come dire: forse non sempre tutto è bene quel che finisce bene.

Diego Altobelli (09/2011)

lunedì 12 settembre 2011

Solo per vendetta

Anno: 2011
Regia: Roger Donaldson
Distribuzione: Eagle Pictures

La vita di un tranquillo professore di letteratura viene sconvolta quando una brutta notte la moglie viene stuprata da un malvivente recidivo. Arrabbiato, frustrato, impaurito. Il professore incontra un misterioso individuo che gli propone un accordo: la vita del malvivente per un piccolo favore in cambio. L’uomo accetta, ma scoprirà che per ripagare il debito dovrà a sua volta assassinare uno sconosciuto…

Ogni volta che c’è un nuovo film con Nicholas Cage la critica sbuffa, pensando già alla stroncatura che dovrà scrivere. In questa sede, chi recensisce non è di questa scuola, anzi. Nicholas Cage è attore versatile e a guardare il suo curriculum si scoprono vere e proprie perle come “Via da Las Vegas” o “Il ladro di orchidee” e “Segnali dal futuro”. Il suo unico difetto è quello allora di proporsi forse un po’ troppo. Svendersi, e finire inevitabilmente per fare - anche – tante cose meno riuscite. E’ il caso di questo “Solo per vendetta”. Un filmetto. Un thriller all’acqua di rose. Un tentativo vago di rendere avvincente uno spunto a malapena interessante. L’avrete capito, là dove la regia di Roger Donaldson si lascia pure vedere, la sceneggiatura di Robert Tannen manca il bersaglio. Lo script è confuso, incoerente, lacunoso. Senza l’ossatura, i muscoli sono masse informi e mollicce che cadono a terra. Così è questo film, che forse può meritare una visione nel caso foste appassionati del Cage. O se cercate in homevideo un trihller da guardare come scusa per flirtare con la propria o il proprio compagna / o.

Diego Altobelli (09/2011)

Super 8

Anno: 2011
Regia: J.J. Abrams
Distribuzione: Universal Pictures

E’ probabilmente il film della maturità per J.J. Abrams questo “Super 8”, commovente omaggio a un cinema (e a un’epoca) che probabilmente non c’è più.

Estate del 1979. Un gruppo di ragazzini sta girando un film in super 8 che parla di zombie. Per rendere efficace la scena madre, una notte si organizzano per riprendere un treno che attraversa il loro paese. Purtroppo però il treno deraglia “per davvero” e dai vagoni escono misteriosi cubi metallici. Il fattaccio coinvolgerà l’esercito americano…

Se ci fossero più registi come J.J. Abrams, il cinema non avrebbe bisogno di remake e fumetti. Il regista americano è la migliore eredità cinematografica lasciata dalla scuola di Spielberg e co. negli anni Ottanta. Ed è proprio a questi anni che Abrams decide di guardare per realizzare “Super 8”, che potrebbe essere definito una specie di nuovo “E.T.” o “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Abrams, dopo “Mission: Impossible 3”, “Cloverfield” e “Star Trek”, questa volta rinuncia (in parte) alla spettacolarità, ed è più che altro scrupoloso. Arriva addirittura a usare gli obiettivi utilizzati da Spielberg per ricreare la stessa atmosfera, anche visiva, nel suo film. L’esito è sorprendente anche perché il film non è un remake o un omaggio fine a se stesso, come può essere il cinema cosiddetto “necrofilo” di Tarantino ad esempio o Rodriguez. “Super 8” riesce invece a riprendere alcune idee, attualizzarle e imprimere in esse linfa nuova. Che in soldoni si traduce in emozioni: una parola ormai quasi inutilizzata, al cinema come altrove. Riprendendo quindi il meglio di “Stand by me”, i già citati “E.T.” e “Incontri…”, ma anche “Goonies” e molte altre pellicole dei mitici Ottanta, “Super 8” emoziona, coinvolge, commuove. E l’incontro con “l’altro” qui, non è per Abrams la speranza per un domani migliore, ma un modo per far riflettere l’umanità di oggi. Notevole.

Buon cast di giovani attori che speriamo di rivedere presto. “Super 8” è la migliore pellicola da vedere quest’anno al cinema. E guarda un po’, del 3D non c’è traccia. La cosa potrebbe far meditare i più attenti.

Diego Altobelli (09/2011)