mercoledì 25 luglio 2007

OldBoy

Anno: 2004
Regia: Chan-wook Prk
Distribuzione: Lucky Red

Dae-su, un uomo qualunque e un pò chiacchierone, viene liberato improvvisamente dopo quindici lunghi anni di prigionia forzata. In tutto questo periodo non è riuscito a carpire nessun tipo d'informazione. Non sa chi e perchè lo ha imprigionato, non sa neppure dove si trovasse esattamente mentre era lì. Conosceva solo il lugubre monolocale in cui era rinchiuso e i loschi esperimenti allucinogeni che facevano su di lui. Una volta fuori, incapace di riprendere normalmente la vita, ha un solo scopo: trovare il suo carnefice e fargliela pagare. Ad ogni costo.

Questa, in estrema sintesi, la trama del film OldBoy, pellicola tratta da un fumetto di discreto successo in terra nipponica, e diretta dal regista coreanoChan-wook Park. Con OldBoy, Park regala al pubblico e al cinema un piccolo gioiello narrativo. Il film non solo affascina grazie ad un soggetto intrigante e pieno di segrete rivelazioni, ma risulta diretto alla perfezione dallo stesso Chan-wook Park, che riesce a dosare saggiamente ritmi incalzanti a temi riflessivi e per nulla semplici. La violenza che si vede in OldBoy, che tanto ha fatto parlare di sé, è frutto di una chiusura forzata, chiusura che il protagonista ha anche nei confronti della memoria.


Qui il tema del ricordo, cancellato o rimosso, è usato per scatenare una serie di eventi che lasciano letteralmente a bocca aperta. Ma quando alla fine ogni tassello viene messo, senza forzature di trama, al proprio posto, allora ci si rende conto della vera forza del film: la capacità di divenire parabola, disperato messaggio universale di speranza. Tecnicamente il film si distingue sotto ogni aspetto: musiche evocative e drammatiche; recitazione intensa e piena di una forza curiosamente nostalgica; montaggio degno di un John Woo "d'annata"; e regia, memorabile a tal proposito la scena del combattimento in corridoio composta da una semplice carrellata orizzontale, davvero da "storia del cinema".

OldBoy è quindi un film completo: un esempio raro di come un film composto per buona parte di azione e violenza, apparentemente fine a se stessa, possa divenire qualcosa di notevolmente più complesso.

Diego Altobelli (11/2004)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1293

Sin City

Anno: 2005
Regia: Frank Miller, Robert Rodriguez, guest star Quentin Tarantino
Distribuzione: Buena Vista International

Tratto dall'omonima serie a fumetti ideata da Frank Miller (e edita in Italia da Magic Press), Sin City irrompe sul grande schermo con una forza visiva che non ha eguali nella storia del Cinema.

Tre episodi collegati da uno stesso luogo, Sin City: nel primo Marv è un buttafuori dal passato travagliato che si ritrova accusato ingiustamente di aver ucciso Goldie, bellissima prostituta trovata esanime nel suo letto; nel secondo Dwight è un investigatore privato invischiato in una disputa tra la mafia locale e le “signore della notte”; nel terzo John Hartigan è un vecchio poliziotto a un solo giorno dalla pensione che viene perseguitato da un pedofilo omicida.

La collaborazione tra Rodriguez e Miller ha lasciato il segno. Sin City è la forma più vicina a un fumetto che si possa vedere al cinema. Ma se il fumetto ne fa le fondamenta, il film si erge su pilastri che hanno nel Cinema le loro vere origini. La fotografia si serve di un netto chiaroscuro libero da ogni condizionamento stilistico legato a luci o inquadrature, con un risultato simile a quanto accadeva nell’Impressionismo tedesco degli anni Venti. La regia, inoltre, sa giocare sapientemente sul dualismo esistente tra il genere noir e il pulp, regalando al pubblico vere intuizioni stilistiche: ombre che colpiscono silenziose, inquadrature perpendicolari e montaggi che hanno spesso del visionario sono solo alcune delle cose che si possono vedere a Sin City. Spettacolare.

Il cast è granitico, con attori come Micky Rourke e Bruce Willis in parti che sembrano caratterizzare la loro stessa lunga carriera, e attrici come Jessica Alba e Rosario Dawson, incantevoli e spietate al punto tale da essere capaci di dare un senso alla vita di ogni uomo. Il resto del cast non è da meno con "diamanti" come Elijah Wood e Rutger Hauer, brillanti, nelle notti senza luna di Sin City. Epici.

E, se ancora non bastasse, si può aggiungere che, al di là di ogni possibile analisi tecnica e stilistica sul film, Sin City è la prova di come, per trovare i sentimenti più puri di un uomo, bisogna scavare nelle viscere di un Inferno fatto di bianchi e di neri.

Diego Altobelli (09/2005)

X-men - Conflitto finale

Anno: 2006
Regia: Brett Ratner
Distribuzione: 20th Century Fox

Atteso e ultimo terzo capitolo della saga mutante proveniente dalla casa delle idee, la Marvel: "X-men - Conflitto Finale" irrompe nelle sale cinematografiche con una forza e un impatto visivo molto simile a quello manifestato dai superpoteri dei protagonisti. Dalle scenografie che sembrano costruite per essere abbattute (case che si alzano in volo, ponti che si spostano e mura che si infrangono come fossero di cartapesta), fino ai corpi dei personaggi (acciaio che diventa organico modellandosi sulla pelle, e ali bianche che attendono solo di essere spiegate), tutto lascia intendere il bisogno di stupire e coinvolgere. Dal primo minuto di visione, infatti, si rimane sbigottiti e l'unica sensazione che si riesce a provare è quella di meraviglia, mai prima d'ora provata con tanta incisività nella saga "X" come in questo terzo capitolo.

Una trama più semplice, e per questo più fruibile, vede la rediviva Jean Grey tornare dall'Aldilà nei panni di Fenice e unirsi alla Confraternita Mutante guidata da Magneto allo scopo di salvare la razza mutante da uno sterminio genetico programmato. Non tutti gli X-men, però, sono d'accordo su quale sia la giusta posizione da prendere...

Con un cast immutato, bensì ampliato da nuovi e stupefacenti supereroi (come il Fenomeno, Angelo, Kitty Pride e l'Uomo Multiplo), il film ha dovuto rinunciare "solo" alla collaudata regia di Bryan Singer, in favore di quella di Brett Ratner, famoso soprattutto per aver diretto "Red Dragon". Pur dilungandosi troppo nella prima parte del film, risultando leggermente prolisso, complice un numero elevato di personaggi e il bisogno di fare il "punto della situazione" per l'eredità lasciata da Singer, la sua regia risulta davvero ben studiata e ottimamente gestita. Ratner riesce nel doppio intento narrativo di dare la giusta rilevanza visiva ai superpoteri, che in questo capitolo si scatenano al loro massimo potenziale (vedere l'Uomo Multiplo sdoppiarsi è letteralmente sorprendente), e ai caratteri che li possiedono. Il risultato è: personaggi più consapevoli e una trama mai noiosa. Un tributo alla meraviglia e allo stupore.

La recitazione appare un po' più di "maniera" rispetto agli altri due titoli precedenti: si avverte un minore impegno da parte degli attori che però si giustifica, e si compensa, con l'enorme familiarità con i personaggi interpretati. Minore impegno attoriale che comunque non mina la credibilità narrativa e drammatica della vicenda. Oscillante.

Sui protagonisti: il Wolverine di Hugh Jackman, che qui è ancora il motore dell'azione, diventa più umano e meno animalesco che in precedenza. Il migliore. La Tempesta di Halle Berry, che esplode in tutto il suo potenziale da leader, qui si scatena e dimostra davvero, parafrasando, "cosa succede ad un ranocchio quando viene colpito da un fulmine". La mente. L'Uomo ghiaccio e Colosso, insieme alle new entry Kitty Pride e Bestia, diventano molto più che semplici comprimari, assumendo ruolo fondamentale per la risoluzione della battaglia finale. Veri perni.Il grande assente ingiustificato è Nightcrawler, il teleporta di "X-men 2", qui del tutto omesso dalla storia. Peccato.

Nemmeno un neo quindi? Se si sottolinea che un film di questo genere, con un numero elevatissimo di personaggi e una cifra esponenziale di situazioni diverse, può essere girato in infiniti modi differenti, e che quindi, proprio per questa ragione, può piacere o meno, l'unico obiettivo appunto negativo è riscontrabile nella sceneggiatura, e più precisamente in alcuni dialoghi: troppo brevi e bisognosi di più ampio respiro drammatico. Frettolosi.

Malgrado questo il film si lascia vedere e appassionare fino al suo epico, quanto tragico e aperto, finale. E al pubblico soddisfatto, quando si riaccendono le luci, rimane solo da decidere da che parte stare...

Diego Altobelli (05/2006)
estratto da http://filmup.leonardo.it/xmen3.htm

Genere - Fantastico

2012 (2009)
10.000 a. C. (2008)
Alvin Superstar (2008)
Alvin Superstar 2 (2010)
Aquamarine (2006)
Beowulf (2007)
Conan - The Barbarian (2011)
Dark Shadows (2012)
Dorian Gray (2009)
Ember - Il mistero della città di luce (2008)
Eragon (2006)
Harry Potter e la pietra filosofale (2001)
Harry Potter e la camera dei segreti (2002)
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004)
Harry Potter e il calice di fuoco (2005)
Harry Potter e l'ordine della fenice (2007)
Harry Potter e i doni della morte (2010)
Harry Potter e i doni della morte - Parte II (2011)
Il curioso caso di Benjamin Button (2009)
Il mago di Oz (1939)
Io sono leggenda (2008)
La Bussola d'Oro (2007)
La Mummia - La tomba dell'Imperatore Dragone (2008)
Le cronache di Narnia - Il leone, la strega e l'armadio (2005)
Le cronache di Narnia - Il principe Caspian (2008)
Le cronache di Narnia - Il viaggio del Veliero (2010)
Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi (2005)
L'ultima legione (2007)
L'ultimo dominatore dell'Aria (The Last Airbender) (2010)
Mr. Magorium e la Bottega delle meraviglie (2008)
Nanny McPhee - Tata Matilda (2005)
Nel fantastico mondo di Oz (1985)
Nel paese delle creature selvagge (2009)
Outlander - L'ultimo dei vichinghi (2009)
Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare (2011)
Spiderwick - Le cronache (2008)
Stardust (2007)
The Twilight Saga - New Moon (2009)
The Water Horse - La leggenda degli Abissi (2008)
Underworld - La ribellione dei Lycans (2009)

martedì 24 luglio 2007

Harry Potter e l'ordine della fenice

Anno: 2007
Regia: David Yates
Distribuzione: Warner Bros.

Voldemort si sta risvegliando. Sta tornando in vita, e con lui il suo esercito di creature oscure e maghi neri. "Harry Potter e l'ordine della fenice" si apre con una prospettiva inqiuetante che fa tremare il Senato di Hogwarts e l'istituzione scolastica di cui Harry fa parte. Per fermare la venuta di Voldemort, comunque, Harry e i suoi amici sono costretti a istituire una squadra di ribelli, un gruppo che mira a creare un esercito di maghi pronti a sfidare lo stregone oscuro. Sarà Harry a formare e guidare l'esercito, ma prima di quel momento deve vedersela con la nuova insegnante del suo istituto: una maga inviata dal Senato al solo scopo di frenare ogni tentativo di usare la magia...

Era il più lungo romanzo della saga: è divenuto il più corto film della serie. Questa è la critica mossa a questo capitolo da parte degli operatori del settore, opinione avvalorata da uno scontento generale degli appassionati dei libri della Rowling che si sono visti amputare intere sezioni di trama. Uno sfregio per relizzare quello che, a conti fatti, è il più debole capitolo cinematografico della serie. Peccato perchè gli elementi e gli spunti per realizzare un grande film, come al solito, certo non mancavano. La regia di David Yates realizza invece una pellicola perfettamente divisa in due parti: una prima più lunga (troppo) incentrata sulla rivoluzione della classe di Harry nei confronti dei metodi della nuova insegnante; e una seconda più breve (troppo) incentrata sul più interessante ritorno di Voldemort. Alle due parti manca il giusto equilibrio narrativo che porta la prima, più sciocca, parte di trama allungarsi per oltre due ore rispetto alla seconda, di appena mezz'ora. Inoltre molte scene e sottotrame tanto attese vengono letteralmente "buttate là" senza possedere il giusto respiro narrativo. Esemplare a tal proposito la storia d'amore di Harry con la giovane Cho Chang e il "primo bacio" che ne consegue: breve e tirata via senza nemmeno concedergli una vera conclusione. Clamoroso.

La recitazione, inoltre, risente del "gap" formatasi tra l'età degli attori e quella dei personaggi da loro interpretati. Sentire chiamare "bambini" ragazzi evidentemente di diciotto anni risulta alquanto stonato.

Insomma "Harry Potter e l'ordine della fenice" delude. Rimangono gli effetti speciali, certo. Rimangono le grandi e maestose ambientazioni, e rimangono le magie e gli incantesimi. Ma non rimane il pubblico, questa volta visibilmente stanco di osservare tanta magia che altro non è che fumo negli occhi.

Diego Altobelli (07/2007)

Harry Potter e il calice di fuoco

Anno: 2005
Regia: Mike Newell
Distribuzione: Warner Bros.

L'adolescenza porta con sè la scoperta dell'amore, dei sentimenti di odio e amicizia, dei turbamenti interiori e delle prime battaglie da vincere per diventare grandi. Il cosiddetto "Torneo dei Tre Maghi" è il punto di partenza per il quarto capitolo della saga del maghetto Harry Potter. Cambia nuovamente la regia che questa volta è affidata all'esordiente Mike Newell, ma rimangono immutati (come da copione...) gli interpreti.

Harry Potter cresce e questa volta si vede costretto a dimostrare di essere un vero mago. Al "Torneo dei Tre Maghi" infatti sono ammessi i maghi più talentuosi delle migliori tre scuole di Hogwarts. Tre maghi, tre prove, e tante minacce: alla psiche di Harry, pericolosamente in bilico tra visioni e incubi, e al suo corpo, che dovrà prepararsi ad affrontare draghi, sirene, e maghi oscuri...

Mike Newell non corre rischi, confezionando un film dinamico, avvincente ed equilibrato sotto tutti i punti di vista. Il suo "Harry Potter e il calice di fuoco" risulta essere il miglior capitolo cinematografico della serie (almeno fino adesso...) grazie soprattutto ad una regia che non cerca di strafare. Il mondo di Harry Potter viene dunque presentato non più con soluzioni artificiose come nei precedenti episodi, ma descivendolo con un pizzico di semplicità e spontaneità in più, elementi che invece hanno caratterizzato già i libri di J.K. Rowling. Via quindi allo stupore infantile dei primi due film (l'ambientazione e gli scenari, seppur sempre magnificamente presentati, sono dati ormai per scontato...), via anche alle atmosfere angoscianti (forse troppo) del terzo, e via all'umorismo un po' spiccio presente nella trama. Questa volta Harry Potter fa sul serio, e la cosa che colpisce di più è che ci si finisce per crederci con lui.

Finalmente bravi e maturi al punto giusto gli attori protagonisti: Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint (rispettivamente Harry, Ermione e Ron) sembrano avere una marcia in più e convincono senza remore anche lo spettatore più scettico. Inoltre, e questo è un aspetto fondamentale in un'operazione cinematografica come quella di "Harry Potter", l'età degli attori pare coincidere con quella dei personaggi da loro interpretati, elemento questo assente nel quinto episodio, che rende tutta la trama ancor più credibile e avvincente.

"Harry Potter e il calice di fuoco", insomma, funziona: nella regia, nella recitazione e nella trama, riuscendo a sintetizzare magnificamente tutti questi aspetti nella magia di Harry Potter e del suo Cinema.

Diego Altobelli (07/2007)

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

Anno: 2004
Regia: Alfonso Cuaron
Distribuzione: Warner Bros.

Si cresce, si cambia e, presto, si diventa adulti. Per il terzo capitolo della saga di "Harry Potter" Alfonso Cuaron, preferito a Chris Columbus, rifiuta l'aspetto fin troppo infantile che aveva caratterizzato i film del suo predecessore, e confeziona un inno all'adolescienza e al gotico.

Harry Potter si ritrova a Hogwarts per il terzo anno della scuola di magia. Questa volta dovrà vedersela con un ricercato fuggito dalle prigioni di Azkaban: colpevole di aver complottato con il terribile Voldemort...

E' la paura, e non lo stupore, questa volta a caratterizzare il film. Harry e i suoi amici si muovono mossi dalla curiosità, sì, ma anche dall'angoscia di morire o rimanere feriti, nel corpo e nello spirito, nello scoprire i segreti che si celano dietro il misterioso fuggiasco, riflesso della fuga che invece compie Harry ogni anno dalla realtà. E questo aspetto, così ben reso dalla scenografia ancora una volta spettacolare, ma volta a un generale incupimento delle scene e delle atmosfere, riesce a rispecchiare il momento di crescita dei personaggi: il difficile passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Non più esaltazione della meraviglia, quindi, ma esaltazione del cambiamento e dell'angoscia che questo porta con sè. Quella di "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" è una regia felice e ispirata, forse persino un po' troppo ricercata in alcuni passaggi, ma che riesce, finalmente, a donare al mondo di Harry Potter una identità visiva e narrativa che finora mancavano.

Recitazioni identiche ai precedenti capitoli, se non fosse che i protagonisti sono cresciuti un poco e che quindi, conseguentemente, appaiono più maturi. Ma sotto questo aspetto degna di nota è solo Emma Thompson, immensa nelle vesti dell'insegnate Sybil.

"Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" è considerato, a ragione, il film più “autoriale” della saga: quello con più personalità visiva e narrativa. E, fortunatamente, basta questo a salvare la pellicola dalla noia totale.

Diego Altobelli (07/2007)

Harry Potter e la camera dei segreti

Anno: 2002
Regia: Chris Columbus
Distribuzione: Warner Bros.

Il secondo capitolo della saga di Harry Potter giunge nelle sale a un anno esatto di distanza dal primo. Più mistero, a iniziare dal titolo, più azione e maggiore profondità nella caratterizzazione dei personaggi: per quello che lo scritto di J.K. Rowling, comunque, permette.

Harry ha passato un'estate difficile, ma fortunatamente il nuovo anno scolastico di Hogwarts riapre i battenti. Lui è quindi pronto a riunirsi a Ermione e Ron per scoprire i nuovi segreti che si celano tra le mura della scuola di magia. Quest'anno poi, un nuovo docente, Gilderoy Allock interpretato dal diverito Kenneth Brannagh, pare essere particolarmente interessato ai mezzo sangue: figure di maghi figli di un umana e un mago...

Il capitolo più fiacco, perchè molto simile al primo, dei sei romanzi fin'ora scritti si veste di celluloide e cerca di approfondire gran parte degli aspetti che erano stati presentati nel precedente film. Nuovamente Chriss Columbus al timone per una regia che si ripete e intenti che non si rinnovano. Solo un'atmosfera più dark, che sfocerà nel tenebroso terzo capitolo, salva il film dall'essere, o divenire, una mera fotocopia del primo episodio.

Grande l'interpretazione di Kenneth Brannagh che regala alla pellicola quel qualcosa in più che mancava al primo "Harry Potter". Ma recitazioni generali che si collocano nell'ambito della mediocrità: dobbiamo aspettare ancora due film per vedere i protagonisti al meglio... Apprendisti.

La tecnologia della Industrial Light and Magic, infine, confeziona il tutto con la magia della CGI: grandi effetti e scenografie immense al servizio del mero stupore. Ci si comincia a chiedere però, se tutto questo bel vedere non sia, in fondo, un pò inutile quanto narcisistico...

"Harry Potter e la camera dei segreti" è un film che forse regala qualche emozione in più rispetto al primo episodio, ma che presenta un plot narrativo sempre uguale, particolare questo che si ripeterà per tutti gli episodi, con l'unica (sfocata) eccezione del quarto, e una trama generale che, in ultima analisi, sfugge lasciando alquanto perplessi.

Diego Altobelli (07/2007)

Harry Potter e la pietra filosofale

Anno: 2001
Regia Chris Columbus
Distribuzione: Warner Bros.

Storie di maghi, di magie, di mondi paralleli e luoghi incantati dove convivono centauri e draghi, maghi e giganti. La saga di Harry Potter non ha bisogno di presentazioni: fenomeno letterario, prima ancora che mediatico; mago incerto; bambino curioso e futuro attore. Il nome Harry Potter richiama oramai tutta una serie di scenari e in quelli rimane legato, intrappolato, immischiato, quasi fosse il dramma di una scrittrice che si rende conto di aver creato un "mostro". E il prezzo da pagare per il successo e la fama, si sa, è sempre alto.

Primo film della saga fantasy letteraria più famosa tra i giovani: "Harry Potter e la pietra filosofale" trova un giovanissimo Daniel Radcliffe iniziare il suo cammino alla scoperta della magia (che si spera sia quella del Cinema) che lo porterà a impersonare per ben cinque, al momento, film (tutti campioni di incassi) il maghetto Harry.

Ne "La pietra filosofale" il giovane Harry riceve una lettera di invito a iscriversi al primo anno della scuola per maghi di Hogwarts. Tra lo stupore e la meraviglia, il giovanissimo mago viene scortato dal grosso Hagrid, prima nel passagio da una dimensione ad un'altra, poi alla scoperta dei vari ambienti della gigantesca scuola (un castello) dove per un anno potrà esercitarsi, insieme ad altri appredisti maghi come lui, all'antica arte della magia. Ma la scuola di Hogwarts nasconde non pochi segreti, e Harry ancora non sa di essere molto atteso...

La regia di Chris Columbus ("Mamma ho perso l'aereo"), che si è avvalso dei consigli della'autrice dei romanzi J.K. Rowlings nella riproduzione di costumi e scenografie, rispecchia fedelmente il libro da cui trae spunto e non fa molto di più. Il vero limite di "Harry Potter e la pietra filosofale" infatti, limite che vedrà ripetersi in altri capitoli della saga, risiede nell'assunto del suo intento: operazione commerciale atta a muovere migliaia di ragazzini in preda a convulsioni emozionali per il maghetto con gli occhiali. La regia di Columbus si muove al servizio degli scenari e degli effeti speciali ad essi legati. Tanti primi piani, atti a cogliere le espressioni di stupore, alternati a carellate o panoramiche, tutto nel tentativo di lasciare esterefatti gli spettatori. Ma al film questo non basta e la trama riesce solo a indugiare sulle situazioni grottesche che si creano all'interno della scuola: per avere un poco di suspance, infatti, bisogna pazientare per due ore e mezzo, e aspettare l'ultima mezz'ora di girato.

Un pò poco, insomma. Un film che rispecchia il libro molto fedelmente, ma che a parte l'interesse mediatico verso il fenomeno, possiede pochi altri motivi per interessare lo spettatore occasionale.

Diego Altobelli (07/2007)

Eragon

Anno: 2006
Regia: Stefen Fangmeier
Distribuzione: 20th Century Fox

Dopo il flop colossale di "Dungeons and Dragons", pellicola fantasy del 2000 ispirata ai giochi di ruolo più famosi al Mondo, Jeremy Irons ci riprova con lo stesso fascinoso genere narrativo: in "Eragon", questa volta, veste i panni del buon mentore Brom che deve istruire il giovane Eragon alle arti mistiche dei Cavalieri dei Draghi. Sul cammino del giovane però si frappone John Malkovich nelle vesti del cattivissimo Re Galbatorix, e il suo braccio destro Durza, Maestro delle Arti Oscure. A Eragon e al suo drago Saphira spetta così il difficile compito di riportare la pace nelle terre di Alagaesia...

Tratta dai best sellers della saga fantasy di Christopher Paolini, che comprende l'omonimo "Eragon" e il seguito "Eldest", la pellicola girata da Stefen Fangmeier, qui al suo primo vero debutto come regista, tenta di imporsi nel panorama natalizio di commedie e cartoni animati con un film che vuole rendere giustizia a uno dei personaggi letterari più apprezzati degli ultimi anni. "Eragon" è un film fantasy dal gusto un pò retrò: in lui non vanno ricercati particolari vezzi originali o innovativi, ma solo l'intenzione di raccontare una nuova mitologia di eroi, molto più simili ai supereroi dei fumetti che ai cavalieri classici delle leggende. Eragon somiglia più ad un Superman con cappa e spada che ad un guerriero fantasy: è capace di vedere oltre la materia solida e a lunghe distanze, ha poteri curativi di varia natura, spara raggi energetici, e ha una simbiosi telepatica con il suo drago, Saphira, lo stesso che gli conferisce i poteri. Inoltre, proprio come i supereroi dei comics americani, si carica del peso del Mondo "suo malgrado", prendendo coscienza di sé lentamente, proprio come un neo-Uomoragno. Ma a parte la natura intima del personaggio principale, in "Eragon" le innovazioni e le idee originali si fermano lì, proponendo una storia che, a ben vedere, non va molto oltre il: "Salviamo la principessa; uccidiamo il cattivo; ripopoliamo il Mondo". Alla pellicola quindi viene a mancare un pò di quella profondità che invece è necessaria al genere fantasy proprio per risultare il più possibile credibile e avvincente. Dal punto di vista registico quindi il film pare muoversi troppo in fretta, con stacchi brevi e solo insinuanti, mai davvero esplicativi sulla trama in corso; in più, pur essendo accademicamente corretta, la regia pare perdersi troppo in carrellate e panoramiche più intente a descrivere i bellissimi paesaggi che a comunicare effettivamente qualcosa allo spettatore. Forgiato male.

Alla guida del drago Saphira, doppiato (senza pathos) da Ilaria D'Amico, troviamo il diciottenne Ed Speelers, al suo debutto davanti una cinepresa. Ragazzino che, pur non avendo un viso propriamente interessante, si dà fare come può e alla fine riesce pure ad affezionare il pubblico generalmente perplesso in sala. La sua interpretazione, lungi dall'essere convincente, lascia comunque ben sperare nel possibile seguito che sarà realizzato presto. Il film infatti non finisce, lasciando un finale molto aperto. Ridateci Frodo e il suo anello...

Insomma "Eragon" ci prova con dignità e orgoglio ad elevarsi a nuovo paradigma fantasy, lungi dal riuscirci però, il film rimane un tentativo di genere a metà strada tra gli anni Ottanta di "Krull" e gli anni Novanta di "Harry Potter". In assenza di vera profondità narrativa, ad onor del giusto presente nei libri di Paolini, alle terre di Alagaesia rimane la speranza di migliorare il proprio futuro cinematografico. E chissà che ad Eragon non riesca anche questo miracolo...

Diego Altobelli (12/2006)

Epic Movie

Anno: 2007
Regia: Jason Friedberg, Aaron Seltzer
Distribuzione: 20th Century Fox

Ormai dobbiamo arrenderci all'evidenza: il genere comico demenziale vive di vita propria e, purtroppo, con risultati scarsissimi. Sono finiti gli anni de "L'aereo più pazzo del mondo" o "Frankenstein Junior" in cui le battute e le gag erano studiate secondo una precisa, diabolica, mente creativa, ora i film comico demenziali vanno semplicemente a "ruota libera": senza schemi, e questo sarebbe il minimo; senza idee; e senza umorismo in una continua (e a dire il vero allarmante) involuzione cerebrale. Ci si ritrova così di fronte uno spettacolo pietoso e deprimente in cui, col pretesto di ridicolizzare pellicole famose e di successo, si finisce per ridicolizzare se stessi all'interno di una lunghissima, interminabile, sequenza di parodie senza senso. E' questo il caso di "Epic movie": l'ennesima caricatura mal riuscita di un centinaio di film e programmi televisivi, tutti buttati in uno stesso calderone narrativo, senza né capo né coda, lasciato cuocere lento sulle fiamme del nulla.

Quattro orfani vincono un biglietto premio per la fabbrica di cioccolato di Willie Wonka. Lì, per sfuggire alle minacce del pasticcere, finiscono per rifugiarsi in un armadio al cui interno si cela il meraviglioso mondo di "Gnarnia" (con la G). Purtroppo però, i quattro sventurati cadono nelle mira della strega White Bitch...

Eppure il curriculum di questo "Epic movie" prometteva bene: al timone due talenti del cinema comico come Jason Friedberg e Aaron Seltzer che hanno all'attivo pellicole quali "Spia e lascia spiare" e Scary movie". Purtroppo però nulla è riuscito ai due autori, confezionando un film che pare (e probabilmente lo è anche...) non ragionato, le gag e le battute non hanno nulla di minimamente costruito e finiscono sempre in una volgarità gratuita rappresentando peti, doppi sensi squallidi e scene splatter immotivate; e girato di fretta, la regia è quasi completamente assente e l'unico sforzo che fa è quello di ricopiare motivi registici di altri film. Neppure la presenza della starlette Carmen Electra aiuta a risollevare il morale: se pensava di rilanciare il suo personaggio con una bella commedia comica, dovrà ricredersi.

"Epic movie" non fa ridere, è questo per un film comico è un bel limite. Non so dove andrà a finire la commedia-demenziale col tempo, ma viste le ultime pellicole del genere forse dovremmo iniziare ad allarmarci, gridando alla quasi totale estinzione di una "razza" cinematografica.

Diego Altobelli (04/2007)

Dreamer

Anno: 2006
Regia: John Gatins
Distribuzione: Eagle Pictures

Pare che gli Stati Uniti d'America abbiano sempre avuto un ascendente particolare nel raccontare storie di cavalli. Dal televisivo "Furia", il cavallo del west, fino ad arrivare sino ai giorni nostri con cartoni animati come "Spirit, cavallo selvaggio", la razza equina ha sempre potuto contare su una rispettosa e, volendo esagerare, referenziale stima da parte delle produzioni americane. Con "Dreamer", del regista debuttante John Gatins, Hollywood si fregia di un'altra stella da lanciare nell'olimpo dei puledri leggendari, potendo contare anche su "fantini" del calibro di Kurt Russel, Elisabeth Shue e Dakota Fanning.

Quando Ben Crane si trova di fronte la difficile scelta se sopprimere o no una puledra puro sangue rimasta zoppa, la scelta ricade sulla seconda: decidendo di portare in salvo la cavalla, di nome Sonador, accudendola lui stesso nella propria fattoria. L'uomo così, assistito dalla sognante figlia Cale, rimetterà in sesto Sonador riuscendo persino a farla gareggiare nella Breeder's Cup, una delle più importanti gare di ippica.

E' intorno alla mezz'ora di girato che lo spettatore comincia a chiedersi, non senza un pizzico di angoscia, quando il film prenderà una svolta narrativa di qualsiasi tipo. Purtroppo infatti l'assenza di verve, ritmo e pathos nel racconto, risulta essere la più grave mancanza della pellicola. Un film che non va molto oltre il "dramma" della piccola e tenace Cale che, con coraggio e passione, riesce a risollevare il morale della puledra Sonador. D'accordo: film di questo tipo, è noto, non puntano certamente su colpi di scena o grandi svolte narranti, ma certamente, in questo caso specifico, si poteva forse fare un pò di più dal punto di vista della sceneggiatura e della regia che diventano quindi i pilastri portanti di tutta la produzione. Dialoghi di maniera regalano qualche sorriso qua e là, soprattutto nelle occasioni in cui la piccola Cale cerca di convincere tutti che la sua Sonador vincerà, ma non si allontanano dal recinto della apatia. Una regia timida e per nulla disinvolta, invece, regala qualche sbadiglio ad una trama già di per sé prevedibile e stantia. Spento.

Il cast è di quelli da considerare "interessante": Kurt Russel non brilla di luce propria, ma si avverte un certo impegno e dovere nel farsi carico di reggere, sulle spalle proprie, la pellicola; al suo fianco la piccola Dakota è da confermarsi "odiosamente adorabile", un astro in continua ascesa; Elisabeth Shue e Kriss Kristofferson, quest'ultimo famoso per la trilogia di "Blade", si limitano invece a fare la loro parte, non c'è grande partecipazione, ma risultano comunque gradevoli. Sognanti.


Tratto da una storia vera, "Dreamer" è un film drammatico da definirsi sui "generis", intendendo una certa generalità filmica propria di questa pellicola. Non spicca in particolar modo sotto nessun punto di vista, ma forse piacerà a chi da un film che racconta la rivalsa di un puledro nel mondo delle corse, non si aspetta altro che "un altro film che parla di cavalli"...

Diego Altobelli (09/2006)

Diventeranno famosi

Anno: 2003
Regia: Todd Graff
Distribuzione: Eagle Pictures

Per la sua prima regia Todd Graff, già sceneggiatore, attore e regista di musical teatrali e pellicole come The Abyss e Strange Days, sceglie il genere della commedia giovanile. Il regista si serve di attori giovanissimi e sconosciuti, per mettere in atto una storia di amori e passioni consumati all'interno di un campo estivo per giovani aspiranti artisti di teatro. Tra una recita e una rappresentazione (tutte tratte da commedie e musical famosi come The Company, Dreamgirl, o Promises Promises), la trama procede alternando dialoghi melensi e ingenui, a coreografie e musiche che hanno il solo scopo di colmare la mancanza di idee suggerite dalla sceneggiatura. E' quindi così che Diventeranno Famosi diventa un palese omaggio al musical di Broodway e, in particolar modo, alle opere di Steven Sondheim, uno dei più importanti autori di musical della storia, una specie di leggenda del teatro newyorkese, che si ritaglia una piccola parte nel film. Se la trama risulta in buona parte "non pervenuta", presa com'è dall'autocompiacimento e dall'omaggiare il musical di Broodway in tutti i suoi più controversi aspetti (dalla rivalità tra compagne di stanza, alle storie sentimentali tra gay e bisex, fino all'utopico tentativo di raggiungere un sogno...), le musiche sono, ovviamente, splendide e ben interpretate dal giovane cast che può vantare un talento musicale davvero non indifferente. Vi stupirete a sentire le voci degli attori, a volte capaci di non sfigurare davanti a professionisti già navigati. Purtroppo nel talento canoro del cast si identifica l'unico punto di forza del film. Una pellicola che non convince sotto nessun'altro aspetto. La trama, come si diceva prima, è assente e poco credibile (in un paio di mesi i ragazzi del film rappresentano qualcosa come 10 musical originali ed uno creato sul momento...); gli attori sono bravi nel canto ma carenti nella recitazione, e quindi le parti appaiono un poco sterili; infine la regia è appena sufficiente con alcune scene non giustamente approfondite. Confuso. Speriamo che il prossimo film di Graff, sui Beatles, con Jude Law, sia un po' più determinato di questo...

Diego Altobelli (05/2005)

lunedì 23 luglio 2007

Diario di uno scandalo

Anno: 2007
Regia: Richard Eyre
Distribuzione: 20th Century Fox

Judi Dench e Cate Blanchett si contendono l'ambito titolo di "Donna dello scandalo" nell'ultimo film di Richard Eyre, tratto dal romanzo di Zoe Heller. Insieme alle attrici, con la colonna sonora di Philip Glass e la sceneggiatura non originale di Patrick Marber, la pellicola si guadagna ben quattro candidature al Premio Oscar richiamando a sé grande curiosità e aspettativa.Il film offre tensione, segreti indicibili e sentimenti morbosi serviti su un piatto portato con disinvoltura dalla borghesia inglese che tanto fa perbenismo e quindi, tacitamente, ipocrisia. Gli ingredienti per un buon film, con atmosfere retrò riprese da film come "Attrazione fatale", ci sono tutti. Non mancano neppure le scene di sesso, che non fanno vedere nulla, ma che esplicitano tutto e che tanto piacciono al pubblico.

La giovane Sheba Hart (Cate Blanchett) è la nuova insegnante di arte in un liceo di Londra. Il suo magnetismo e il suo modo di fare serafico attirano l'attenzione di tutti, studenti e professori. Anche quella dell'anziana professoressa Barbara Covett (Judi Dench) che quando scoprirà la relazione segreta tra la giovane insegnante e uno studente di appena quindici anni, non tarderà ad usarla a suo vantaggio per ricattare la donna e formare con lei un ambiguo e malato rapporto di complicità...

I veri punti di forza del film sono la recitazione delle due attrici protagoniste, affascinanti e magnetiche, con una Dench mai così disperatamente deviata, e una Blanchett seducente quanto ingenua; e la colonna sonora, tesa come una corda di violino dalla prima all'ultima nota, capace di regalare più di un sussulto allo spettatore e di rendere avvincente l'intera pellicola. La regia di Richard Eyre, noto soprattutto per i recenti Stage Beauty e Iris, sostiene il buon ritmo cadenzato dall'accompagnamento sonoro. Scene di vita quotidiana, intervallate dai primi piani intensi ed enigmatici delle due attrici, si accavallano in un montaggio non sempre perfetto ma comunque distrattamente funzionale all'azione. Una regia non completa quindi, ma idonea a un film come questo che punta tutto sulla suspance e la risoluzione drammatica della vicenda.

La sceneggiatura, presente nel lungo monologo della Dench che accompagna il film dall'inizio alla fine, pur possedendo per questa ragione un intima indole letteraria di grande suggestione (logica questa che, presumibilmente, gli è valsa la candidatura all'Oscar), si perde in molti passaggi e in alcune soluzioni registiche rischiando a più riprese di rendere paradossale l'intera vicenda. Inaspettate risate di scherno, infatti, assalgono lo spettatore e rompono il tanto sudato pathos della trama.Difficile credere all'ingenuità del personaggio di Cate Blanchett, che si lascia trascinare troppo, e forse troppo forzatamente, in una situazione sì complicata, ma che non appare mai del tutto ingestibile. Ricatti e ripicche alternano messaggini osceni (quelli mandati dal giovane studente alla professoressa tramite sms...) e dialoghi mai troppo convincenti. Il risultato è, per questa ragione, poco appagante: un film che si lascia vedere per le motivazioni già dette, e che forse può anche appassionare, ma che oscilla pericolosamente, e costantemente, verso il baratro della deludente farsa.

Diego Altobelli (02/2007)

Genere - Documentario


Death of a president - Morte di un presidente

Anno: 2006
Regia: Gabriel Range
Distribuzione: Lucky Red

Tra qualche anno nei volumi di Storia del Cinema si dirà che negli anni Duemila, negli Stati Uniti, parallelamente al cinema hollywoodiano, si è andata affermando una scuola parallela di Film-Documentario. Un Cinema fatto di inchieste e proteste, soprattutto inerenti alla presidenza di George W. Bush e sui fatti relativi all'11 settembre. Si parlerà ovviamente di Michael Moore e verranno citati vari titoli affianco ai vari "The War Game" tra cui, molto probabilmente, questo "Death of a President" di Gabriel Range: un film di "fantascienza" ambientato nel futuro che narra, coi toni del documentario (alternando scene di repertorio ad interviste di stampo televisivo create ad hoc per rendere il tutto molto credibile) la morte del presidente Bush avvenuta il 19 ottobre del 2007 durante un convegno nella città di Chicago.

Il film di Gabriel Range, vincitore del Premio Internazionale della Critica all'ultimo Festival del Cinema di Toronto, intende essere di stampo palesemente politico e vuole, attraverso una storia inventata dal sapore vagamente cospirativo, dichiarare il dissenso verso la politica estera di George W. Bush e in particolar modo sulla posizione da lui tenuta verso la guerra in Iraq. Attraverso la ricostruzione dei fatti narrati da vari agenti speciali dell'F.B.I, dalla portavoce del presidente, da analisti della scena del crimine e da vari poliziotti e addetti alla sicurezza, "Death of a President" ci porta, come accadrebbe in uno speciale della CNN (o in una puntata dei Simpson...), a scoprire chi ha commesso il crimine e perché. Il film diventa così un enorme "What if...", un "Cosa accadrebbe se..." uccidessero il Presidente degli Stati Uniti. E, infine, ci fa scoprire che i problemi che sono dietro agli Americani non sono del tutto riconducibili all'operato politico di Bush: piuttosto il film suggerisce l'idea che c'è qualcosa di più radicale e insano, un germe che farà sì che la tanto agognata e rivendicata Giustizia (per intenderci quella che stanno importando in Iraq...) non sarà fatta, nemmeno alla morte del Presidente.

(Da qui in avanti se non volete sapere il finale non leggete).Film dallo spunto fortemente interessante, ma anche lento e, fondamentalmente, stantio. Pur girato con le regole televisive del documentario, e pur rappresentando, con un montaggio davvero buono, scene vere affianco a una trama finta, il film finisce per annoiare e perdersi nei lunghi dialoghi e monologhi degli intervistati. Il punto debole dell'opera di Gabriel Range è proprio alla radice dei suoi intenti: realizzare un documentario finto (ambientato nel futuro!) e voler mantenere alta l'attenzione di un pubblico che sa trattarsi di una finzione. Sfugge quindi l'intento creativo, nulla affatto ironico né realmente drammatico; sfugge anche la vera posizione politica del regista che, in definitiva, trova in un veterano di colore il vero colpevole dell'accaduto; e infine sfugge la morale, là dove, alla morte del presidente Bush, l'America dei giudici e delle giurie popolari continua ad avere paura e a tenere dietro le sbarre un iracheno innocente...

Diego Altobelli (03/2007)

Genere - Drammatico

12 (2008)
127 Ore (2011)
A boy called dad (2009)
A Casablanca gli angeli non volano (2005)
A serious man (2009)
After this our exiles (2006)
Alpha Dog (2006)
Amalia - La leggenda, l'amore e il mistero (2009)
Away from her- Lontano da lei (2006)
Baciami ancora (2009)
Barcelona - un mapa (2007)
Beautiful Country (2006)
Before the devil knows you're dead (2007)
Belle toujours - Bella sempre (2006)
Between Two Worlds (2009)
Blow-up (1966)
Born and bred - Nacydo y criado (2006)
C'era una volta in Anatolia (2012)
Caos calmo (2008)
Caotica Ana (2007)
Celda 211 (2009)
Chiedi alla polvere (2006)
Cliente (2008)
Come Dio comanda (2008)
Dear Wendy (2005)
Diario di uno scandalo (2007)
Dog sweat (2010)
Dreamer (2006)
Due partite (2009)
El pasado - Il passato (2007)
Gangor (2010)
Gardener of Eden - Il giustiziere senza legge (2008)
Giorni e nuvole (2007)
Giovani aquile (2007)
Heaven - In a better world (2010)
Il buio nell'anima (2007)
Il cacciatore di aquiloni (2008)
Il mio sogno più grande - Grace (2008)
Il posto delle fragole (1958)
Il ventaglio segreto (2011)
Into the wild (2007)
Io e Beethoven (2006)
Io non sono qui (2007)
Iri (2008)
Jimmy della collina (2008)
L'amore ai tempi del colera (2007)
L'Heure d'Ete (2010)
L'industriale (2011)
L'ora di punta (2007)
L'uomo che verrà (2009)
La contessa bianca (2005)
La polvere del tempo (2011)
La zona (2008)
Last Night (2010)
Le tre scimmie (2008)
Leoni per agnelli (2007)
Lezione ventuno (2008)
Lo scafandro e la farfalla (2007)
Lower City (2008)
Miracolo a Sant'Anna (2008)
Mr. Beaver (2011)
Mon colonnel (2006)
Non è un Paese per vecchi (2007)
Once (2008)
One day (2011)
Opium War (2008)
Oranges and Sunshine (2010)
Paranoid Park (2007)
Parlami d'amore (2008)
Poongsan (2011)
Popieluszko (2009)
Recta provincia (2007)
Riparo - Anis tra di noi (2008)
Riprendimi (2008)
Romanzo di una strage (2012)
Rosso malpelo (2007)
Santa Mesa (2008)
Senza amore (2009)
Seta (2007)
Slipstream - Nella mente oscura di H. (2008)
The last Lear (2007)
The Road (2009)
The Social Network (2010)
Tyrannosaur (2011)
Too big to fail (2011)
Triage (2009)
Trishna (2011)
Tropical Malady (2004)
Un amore all'improvviso (2009)
Un amore di gioventù (2012)
Un amore senza tempo (2008)
Un'altra giovinezza (2007)
Un barriage contre le Pacifique (2008)
Une vie meilleure (2011)
Viola di mare (2009)
Vision (2009)
Voyez comme ils dansent (2011)
Warrior (2011)
Women Without Men (2009)