martedì 21 giugno 2011

The conspirator

Anno: 2011
Regia: Robert Redford
Distribuzione: 01 Distribuzione

Dopo “Leoni per agnelli” Robert Redford torna a fare una digressione sull’America. Non quella di oggi, ma quella del passato con “The conspirator”, un film inchiesta ai tempi di Lincoln che crea un curioso continuum narrativo.

Washington, 1865. Alla morte di Abramo Lincoln viene incriminato per l’omicidio l’attore John Wikes Booth. L’inchiesta porta all’arresto di altre persone che secondo l’accusa hanno complottato contro gli Stati Uniti d’America. Tra queste c’è Mary Surratt la quale si dichiara innocente. La sua difesa verrà affidata all’eroe di guerra Frederick Allen, che però non le crede…

Quando Redford torna dietro la macchina da presa lo fa con cognizione di causa. Il tema che sceglie, il film che realizza, persino gli attori, tutto è preparato a dovere affinché, insieme a una trama portante, emerga anche un incisivo sotto testo filmico. Lo aveva fatto con “Quiz Show”, dove criticava amaramente il mondo della televisione, e più avanti con “Leoni per agnelli”, dove la deludente opera militare americana in Afghanistan si palesava nei dialoghi serrati. E lo ha fatto di nuovo con “The conspirator”, dove Robert Redford fa emergere tutti i suoi dubbi sulla gestione della giustizia in America. Va detto che la questione non è nuova al cinema e che altri registi prima di lui si sono cimentati sul problema. Pensiamo a Eastwood con “Fino a prova contraria” o al più recente “The Changeling”; pensiamo anche a thriller come “Presunto innocente” di Alan Pakula; o infine a “J.F.K – Un caso ancora aperto” di Oliver Stone, con cui questo “The conspirator” ha pure dei punti in comune.

Venendo più al film in questione, “The conspirator” si discosta fin dalle prime battute dal mero esercizio scolastico. Redford propone invece una analisi suggestiva sul popolo americano. In questo caso, infatti, ciò che colpisce è la fredda maniera con cui il regista descrive ciò che è intorno al processo. Le battute, le ipocrisie, i pregiudizi, atteggiamenti sociali di un popolo che, sembra suggerire il regista, si muove per paura. La paura e la voglia di vendetta, di fare giustizia, sovrasta qualunque altra condizione umana. Difficile, vedendo il film, non dargli ragione. E questa lettura, a voler essere cattivi, potrebbe giustificare il pessimo successo che il film ha riscosso in patria.

Ottimo il cast, e anche questa forse non è una novità. James McAvoy dimostra una versatilità notevole, se pensiamo che recentemente ha interpretato Charles Xavier nel fumetto “X-men: l’inizio”. La brava Robin Wright sembra recitare il ruolo di una vita: notevole il suo carisma. Il resto si conforma ai due, anche grazie a una ricostruzione storica da applausi.

Redford, tra dramma teatrale e dramma giudiziario. In un’aula di tribunale piena di ombre echeggia i teoremi di indicibilità assoluta filosofeggiati da Gödel, portando come prova la morte dell’assistita. Come a dire che la sua non è un’opinione, ma storia.

Diego Altobelli (06/2011)

lunedì 20 giugno 2011

The Hunter - Il cacciatore

Anno: 2011
Regia: Rafi Pitts

Sembra “Quel pomeriggio di un giorno da cani” in salsa iraniana il nuovo film di Rafi Pitts dal titolo “The Hunter – Il cacciatore”, uno sfogo registicamente rigoroso contro l’incapacità delle forze armate iraniane.

Nel contesto agitato dell’Iran contemporaneo una donna rimane uccisa durante una manifestazione. La vittima è la moglie di Alì, un ex galeotto di poche parole che ora lavora come guardiano in una fabbrica. Insieme alla moglie scompare anche la figlia di Alì, e dopo estenuanti ricerche l’uomo scopre cha anche la piccola è morta a causa degli stessi scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Alì, distrutto, imbraccerà un fucile e comincerà a sparare a ogni poliziotto che gli capita a tiro…

Si diceva rigoroso. E’ questo l’aggettivo che calza meglio al film di Rafi Pitts, regista che non le manda certo a dire dopo aver diretto nel 1997 “Season Five”, sulla Rivoluzione iraniana del 1979, e nel 2002 “Sanam”, in cui un bambino di dieci anni cerca di vendicare la morte del padre. Ma al di là dell’impronta esplicitamente critica e politica dettata dalle intenzioni del regista, in “The Hunter” emergono anche altri fattori che ne garantiscono la buona presa sul pubblico. Sarà anche che è una di quelle rare pellicole che riescono a prendere il meglio da film di culto come il già citato “Quel pomeriggio di un giorno da cani” o persino “Il giustiziere della notte”. Verrebbe da dire che in linea generale il film deve tutto a certi thriller urbani degli anni Settanta. Ad essi Rafi Pitts si ispira soprattutto nelle riprese cittadine: ferrose, grigie, meccaniche, caratterizzate dalla polvere. Alla prima parte ambientata in città, quindi, contrappone la seconda ambientata nel bosco, e il film si fa pure un po’ “Rambo”. Si perde quell’atmosfera di straniamento trasmessa dal protagonista, e si punta su un’azione più manieristica. Ma è un bene: Rafi Pitts dimostra così di avere parecchie cose da dire, e di conoscere più modi per esprimerle chiaramente.

Diego Altobelli (06/2011)