Anno: 2007
Regia: Mike Newell
Distribuzione: 01 Distribuzione
Tratto dall’omonimo romanzo del premio Nobel Gabriel Garcìa Màrquez, “L’amore ai tempi del colera” è il nuovo film di Mike Newell: film sontuoso, romantico, e sospeso.
A cavallo del XX secolo viviamo l’amore di Fiorentino Ariza (Javier Bardem), un telegrafista che trova in Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno) l’unico senso della propria esistenza. Infatti, dopo aver incontrata la ragazza sullo sfondo di Cartagena, e averla vista (impotente) andare in sposa al medico Juvenal Urbino, Fiorentino passerà la propria vita nella speranza di riconquistare il proprio amore…
Si è parlato spesso dell’incapacità, ma è più giusto definirla “oggettiva difficoltà”, di trasformare un testo letterario in un contenuto di tipo cinematografico: nel caso del film di Mike Newell tale difficoltà è raddoppiata dall’importanza monumentale del romanzo preso in esame. “L’amore ai tempi del colera” è il libro che ha portato Gabriel Garcìa Màrquez ha ricevere il Premio Nobel per la letteratura. Testo profondo e coinvolgente il suo, caratterizzato da una prosa avvolgente che racconta quella che è con ogni probabilità una delle storie più romantiche mai scritte.
Detto ciò, Mike Newell (il regista versatile di “4 matrimoni e un funerale” e “Donnie Brasco”) fa tutto ciò che serve per uscirne comunque sconfitto, ma quantomeno a testa alta.
Il problema maggiore che si rintraccia nella pellicola, è una certa banalità nei dialoghi che, rievocando i versi aulici dello scrittore colombiano, finiscono per risultare addirittura ridicoli e più vicini al genere del fotoromanzo. Solo grazie all’attore Javier Bardem (bravissimo) il film riesce a non crollare del tutto sotto il peso di responsabilità di cui si fa carico. Più scarsa invece la recitazione della Mezzogiorno, quasi impaurita dal personaggio che interpreta.
“L’amore ai tempi del colera” è una pellicola troppo difficile e “svantaggiata in partenza” per risultare veramente riuscita. Rimane certamente il profondo rispetto per l’opera da cui trae origine; devozione che però porta il film a perdersi nel timore referenziale.
Diego Altobelli (12/2007)
Regia: Mike Newell
Distribuzione: 01 Distribuzione
Tratto dall’omonimo romanzo del premio Nobel Gabriel Garcìa Màrquez, “L’amore ai tempi del colera” è il nuovo film di Mike Newell: film sontuoso, romantico, e sospeso.
A cavallo del XX secolo viviamo l’amore di Fiorentino Ariza (Javier Bardem), un telegrafista che trova in Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno) l’unico senso della propria esistenza. Infatti, dopo aver incontrata la ragazza sullo sfondo di Cartagena, e averla vista (impotente) andare in sposa al medico Juvenal Urbino, Fiorentino passerà la propria vita nella speranza di riconquistare il proprio amore…
Si è parlato spesso dell’incapacità, ma è più giusto definirla “oggettiva difficoltà”, di trasformare un testo letterario in un contenuto di tipo cinematografico: nel caso del film di Mike Newell tale difficoltà è raddoppiata dall’importanza monumentale del romanzo preso in esame. “L’amore ai tempi del colera” è il libro che ha portato Gabriel Garcìa Màrquez ha ricevere il Premio Nobel per la letteratura. Testo profondo e coinvolgente il suo, caratterizzato da una prosa avvolgente che racconta quella che è con ogni probabilità una delle storie più romantiche mai scritte.
Detto ciò, Mike Newell (il regista versatile di “4 matrimoni e un funerale” e “Donnie Brasco”) fa tutto ciò che serve per uscirne comunque sconfitto, ma quantomeno a testa alta.
Il problema maggiore che si rintraccia nella pellicola, è una certa banalità nei dialoghi che, rievocando i versi aulici dello scrittore colombiano, finiscono per risultare addirittura ridicoli e più vicini al genere del fotoromanzo. Solo grazie all’attore Javier Bardem (bravissimo) il film riesce a non crollare del tutto sotto il peso di responsabilità di cui si fa carico. Più scarsa invece la recitazione della Mezzogiorno, quasi impaurita dal personaggio che interpreta.
“L’amore ai tempi del colera” è una pellicola troppo difficile e “svantaggiata in partenza” per risultare veramente riuscita. Rimane certamente il profondo rispetto per l’opera da cui trae origine; devozione che però porta il film a perdersi nel timore referenziale.
Diego Altobelli (12/2007)
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