Anno: 1989 - 1991
Regia: Hideaki Anno
Puntate: 39
Produzione: NHK, Gainax
Distribuzione in DVD: Yamato Video
Nel 1989 Hideaki Anno, animatore e regista giapponese di grande talento, dà alla luce la serie “Fushigi no Umi no Nadia”, aka “The secret of blue water”, aka “Nadia e il mistero della pietra azzurra”. Ispirandosi ai romanzi di Jules Verne come “Ventimila leghe sotto i mari” e “L'isola misteriosa”, Anno confeziona ben 39 episodi in cui viene narrata l'avventura di Nadia, ragazzina dal passato oscuro, e di Jean, suo inseparabile amico con la passione per le invenzioni.
Parigi, 1889. Jean, un ragazzino in procinto di provare alla Grande Esposizione la sua ultima invenzione, vede passare una ragazza in bicicletta. Il colpo di fulmine è immediato e così Jean parte al suo inseguimento. Scoprirà il suo legame a una preziosa pietra di colore turchese e con lei inizierà un viaggio che lo porterà a scoprire, a bordo del Nautilus pilotato dal capitano Nemo, il segreto di Atlandite...
Ciò che rende "Nadia e il mistero della pietra azzurra" un'opera completa sotto ogni punto di vista e una serie assolutamente da vedere, non è riassumibile in poche parole.
Bisogna necessariamente cominciare col dire che il talento visivo e narrativo Hideaki Anno, che all'epoca era reduce da due lavori del calibro di "Punta al top Gunbuster!" (miniserie fantascientifica rivoluzionaria) e "Le ali di Oneamise", più una serie di collaborazioni con il già affermato Miyazaki, esplose del tutto, anticipando temi e visioni, stili, che verranno poi ripresi nella serie di culto "Neon Genesis Evangelion". La bravura (ma il termine usato è riduttivo) del regista giapponese è tutta concentrata nel saper improvvisare visioni e intuizioni narrative atte a correggere i limiti (non solo di budget) imposti dalla casa di produzione NHK e dalla neonata casa di animazione Gainax. Elevare suddetti confini a illuminazioni che entrano di diritto nel territorio di solito calpestato dal "genio". Gli esempi si sprecano, ma due bastano forse a rendere l'idea. Il primo nell'episodio 18 vediamo per la prima volta il Nautilus approdare nel regno sommerso di Atlantide. Non c'è clamore, non c'è entusiasmo, il tutto viene raccontato, in modo asciutto e in silenzio, lasciando che le immagini parlino al posto di mille parole - un caso unico nell'animazione giapponese. Il secondo esempio può essere riconosciuto verso l'inizio della serie, quando Nadia ha i primi turbamenti sulla sua identità. I limiti della casa di produzione imposero ad Anno di tagliare suddette sequenze perché ritenute troppo seriose e non adatte a un pubblico giovane. Anno di tutta risposta le inserì comunque, ma in bianco e nero, utilizzando gli scarti delle animazioni. E così via, tutta la serie è impostata in virtù della "visone altra", cioè gioca sull'attesa di vedere e sapere cosa avviene dopo un determinato avvenimento. La guerra, l’amore, il primo bacio, l'omicidio, la scoperta, la perdita e la conoscenza: ogni cosa si muove in modo da creare clamore e meraviglia nello spettatore.
Jean e Nadia insieme alla loro combriccola di marinai, capitani, e fuorilegge, combattono un nemico, Gargoyle - il cui nome richiama l'immobilità -, di cui non conoscono le mosse e di cui sentono parlare a singhiozzi, almeno fino all'ultimo, sconvolgente, combattimento finale. Più che un nemico onnipresente, Gargoyle, dal carattere talmente furbo e malefico che si finisce per tifare per lui (bellissima la scena in cui lancia una bomba sul gruppo di eroi che vengono colpiti in pieno, e lui di tutta risposta suggerisce "...Per sicurezza, lanciamone un'altra..."), è una sorta di nemico interiore dei protagonisti che lo vedono ricomparire nella loro vita come fanno, alle volte, certi fantasmi che si tengono nell'armadio.
Arriviamo a un altro punto importante di questa serie: la caratterizzazione dei personaggi. Anno dà il meglio di sé creando un pantheon di personalità affatto scontato e mosse dalla voglia di riscatto personale. Anche in questo caso ci troviamo di fronte uno dei casi più rappresentativi nel modo di intendere l’animazione giapponese. Ecco quindi che i banditi (un trio che richiama da vicino quelli più famosi delle serie Timebokan come "Yattaman") cominciano come criminali e scoprono che devono fronteggiare qualcuno di ancor più malefico. Si alleano, si innamorano, scappano e poi ritornano per fare del bene a quei due ragazzini che inzialmente volevano perseguitare.
E poi: Nemo è un personaggio che rimarrà quasi sempre fedele a se stesso per poi rivelare verità sul suo conto da tagliare il fiato. Electra (vi ricorda niente il nome?) si troverà a dover fare i conti con le proprie frustrazioni. Gargoyle, infine, scoprirà che... e no. Mi fermo qui. Ma il tutto, davvero, è uno spettacolo per la coscienza di ognuno che in rari casi è possibile riscontrare in altre produzioni, siano queste serie televisive, animate, film o fumetti.
Alla regia eccellente della serie, fa seguito una sceneggiatura profonda, una animazione superiore agli standard dell’epoca e una musica avvolgente (il tema iniziale non si scorda più). Il tutto condito da richiami (tantissimi e labirintici) alla religione, alla letteratura, alla fantascienza d’autore (genere quest’ultimo di cui Anno è appassionato). Un'amalgama di elementi sempre perfetta con l’unico neo del “capitolo delle isole” di cui parlo di seguito. Una serie, comunque, la cui struttura narrativa, è bene ricordarlo, raggiunge livelli altissimi e difficilmente eguagliabili.
Anno commise l'errore di spendere tutto il budget che aveva per le 39 puntate, poco prima di arrivare a metà serie. Questo comportò dei tagli netti sulla produzione (Anno si ritrovò praticamente da solo) e l’affidamento momentaneo della serie a una casa minore coreana. Intorno alla puntata 24, infatti, si assiste a quello che viene definito il "capitolo delle isole". Anche in questo caso, con una animazione scarsa e una sceneggiatura mediocre Anno mette le basi per quella che sarà un finale letteralmente al cardiopalma della durata complessiva di circa sette puntate. Se nel “capitolo delle isole” assistiamo a un tracollo visivo disarmante, l'attesa è ben ripagata da un combattimento finale che non si dimentica.
Il suddetto capitolo non fu l’unica polemica a far infuriare gli appassionati della serie.
“Atlantis” della Walt Disney fece ribollire il sangue nelle vene a molti amanti di Anno che videro scippare dal colosso statunitense il soggetto originale. Le scuse non vennero mai poiché, si difesero alla Disney, il film si ispirava casomai al film di Miyazaki “Laputa”, pellicola che inizialmente doveva ispirare la serie realizzata poi da Anno.
La serie è edita da Yamato Video che ha rimasterizzato le pellicole originali, ricostruito il doppiaggio, e reinserito le parti che in televisione erano state tagliate dalle forbici benpensanti di Alessandra Valeri Manera (la stessa che censurò "E' quasi magia Johnny", "Dragonball", "Georgie", e tantissimi altri).
Inoltre la serie in DVD è arricchita da contribuiti scritti dai ragazzi Yamato che all'interno delle copertine hanno inserito tantissime curiosità sulla serie in “pre” e “post” produzione come bozzetti preparatori e aneddoti vari.
Alla serie "Nadia e il mistero della pietra azzurra" seguì anche un film, fiacco dal titolo “Il mistero di Fuzzy” e qualche videogioco di cui il più famoso è l'omonimo Rpg uscito per Megadrive, più o meno introvabile, ma all'epoca di fattura notevole.
Serie complessa, ben costruita e che ha l'onore di aver consacrato uno degli autori più importanti e visionari del nostro tempo: Hideaki Anno, che tra l'altro cadde in depressione alla chiusura della serie. Si risollevò poco più di quattro anni dopo con un altro capolavoro dell’animazione giapponese: “Neon Genesis Evangelion”.
Diego Altobelli (12/2007)
Regia: Hideaki Anno
Puntate: 39
Produzione: NHK, Gainax
Distribuzione in DVD: Yamato Video
Nel 1989 Hideaki Anno, animatore e regista giapponese di grande talento, dà alla luce la serie “Fushigi no Umi no Nadia”, aka “The secret of blue water”, aka “Nadia e il mistero della pietra azzurra”. Ispirandosi ai romanzi di Jules Verne come “Ventimila leghe sotto i mari” e “L'isola misteriosa”, Anno confeziona ben 39 episodi in cui viene narrata l'avventura di Nadia, ragazzina dal passato oscuro, e di Jean, suo inseparabile amico con la passione per le invenzioni.
Parigi, 1889. Jean, un ragazzino in procinto di provare alla Grande Esposizione la sua ultima invenzione, vede passare una ragazza in bicicletta. Il colpo di fulmine è immediato e così Jean parte al suo inseguimento. Scoprirà il suo legame a una preziosa pietra di colore turchese e con lei inizierà un viaggio che lo porterà a scoprire, a bordo del Nautilus pilotato dal capitano Nemo, il segreto di Atlandite...
Ciò che rende "Nadia e il mistero della pietra azzurra" un'opera completa sotto ogni punto di vista e una serie assolutamente da vedere, non è riassumibile in poche parole.
Bisogna necessariamente cominciare col dire che il talento visivo e narrativo Hideaki Anno, che all'epoca era reduce da due lavori del calibro di "Punta al top Gunbuster!" (miniserie fantascientifica rivoluzionaria) e "Le ali di Oneamise", più una serie di collaborazioni con il già affermato Miyazaki, esplose del tutto, anticipando temi e visioni, stili, che verranno poi ripresi nella serie di culto "Neon Genesis Evangelion". La bravura (ma il termine usato è riduttivo) del regista giapponese è tutta concentrata nel saper improvvisare visioni e intuizioni narrative atte a correggere i limiti (non solo di budget) imposti dalla casa di produzione NHK e dalla neonata casa di animazione Gainax. Elevare suddetti confini a illuminazioni che entrano di diritto nel territorio di solito calpestato dal "genio". Gli esempi si sprecano, ma due bastano forse a rendere l'idea. Il primo nell'episodio 18 vediamo per la prima volta il Nautilus approdare nel regno sommerso di Atlantide. Non c'è clamore, non c'è entusiasmo, il tutto viene raccontato, in modo asciutto e in silenzio, lasciando che le immagini parlino al posto di mille parole - un caso unico nell'animazione giapponese. Il secondo esempio può essere riconosciuto verso l'inizio della serie, quando Nadia ha i primi turbamenti sulla sua identità. I limiti della casa di produzione imposero ad Anno di tagliare suddette sequenze perché ritenute troppo seriose e non adatte a un pubblico giovane. Anno di tutta risposta le inserì comunque, ma in bianco e nero, utilizzando gli scarti delle animazioni. E così via, tutta la serie è impostata in virtù della "visone altra", cioè gioca sull'attesa di vedere e sapere cosa avviene dopo un determinato avvenimento. La guerra, l’amore, il primo bacio, l'omicidio, la scoperta, la perdita e la conoscenza: ogni cosa si muove in modo da creare clamore e meraviglia nello spettatore.
Jean e Nadia insieme alla loro combriccola di marinai, capitani, e fuorilegge, combattono un nemico, Gargoyle - il cui nome richiama l'immobilità -, di cui non conoscono le mosse e di cui sentono parlare a singhiozzi, almeno fino all'ultimo, sconvolgente, combattimento finale. Più che un nemico onnipresente, Gargoyle, dal carattere talmente furbo e malefico che si finisce per tifare per lui (bellissima la scena in cui lancia una bomba sul gruppo di eroi che vengono colpiti in pieno, e lui di tutta risposta suggerisce "...Per sicurezza, lanciamone un'altra..."), è una sorta di nemico interiore dei protagonisti che lo vedono ricomparire nella loro vita come fanno, alle volte, certi fantasmi che si tengono nell'armadio.
Arriviamo a un altro punto importante di questa serie: la caratterizzazione dei personaggi. Anno dà il meglio di sé creando un pantheon di personalità affatto scontato e mosse dalla voglia di riscatto personale. Anche in questo caso ci troviamo di fronte uno dei casi più rappresentativi nel modo di intendere l’animazione giapponese. Ecco quindi che i banditi (un trio che richiama da vicino quelli più famosi delle serie Timebokan come "Yattaman") cominciano come criminali e scoprono che devono fronteggiare qualcuno di ancor più malefico. Si alleano, si innamorano, scappano e poi ritornano per fare del bene a quei due ragazzini che inzialmente volevano perseguitare.
E poi: Nemo è un personaggio che rimarrà quasi sempre fedele a se stesso per poi rivelare verità sul suo conto da tagliare il fiato. Electra (vi ricorda niente il nome?) si troverà a dover fare i conti con le proprie frustrazioni. Gargoyle, infine, scoprirà che... e no. Mi fermo qui. Ma il tutto, davvero, è uno spettacolo per la coscienza di ognuno che in rari casi è possibile riscontrare in altre produzioni, siano queste serie televisive, animate, film o fumetti.
Alla regia eccellente della serie, fa seguito una sceneggiatura profonda, una animazione superiore agli standard dell’epoca e una musica avvolgente (il tema iniziale non si scorda più). Il tutto condito da richiami (tantissimi e labirintici) alla religione, alla letteratura, alla fantascienza d’autore (genere quest’ultimo di cui Anno è appassionato). Un'amalgama di elementi sempre perfetta con l’unico neo del “capitolo delle isole” di cui parlo di seguito. Una serie, comunque, la cui struttura narrativa, è bene ricordarlo, raggiunge livelli altissimi e difficilmente eguagliabili.
Anno commise l'errore di spendere tutto il budget che aveva per le 39 puntate, poco prima di arrivare a metà serie. Questo comportò dei tagli netti sulla produzione (Anno si ritrovò praticamente da solo) e l’affidamento momentaneo della serie a una casa minore coreana. Intorno alla puntata 24, infatti, si assiste a quello che viene definito il "capitolo delle isole". Anche in questo caso, con una animazione scarsa e una sceneggiatura mediocre Anno mette le basi per quella che sarà un finale letteralmente al cardiopalma della durata complessiva di circa sette puntate. Se nel “capitolo delle isole” assistiamo a un tracollo visivo disarmante, l'attesa è ben ripagata da un combattimento finale che non si dimentica.
Il suddetto capitolo non fu l’unica polemica a far infuriare gli appassionati della serie.
“Atlantis” della Walt Disney fece ribollire il sangue nelle vene a molti amanti di Anno che videro scippare dal colosso statunitense il soggetto originale. Le scuse non vennero mai poiché, si difesero alla Disney, il film si ispirava casomai al film di Miyazaki “Laputa”, pellicola che inizialmente doveva ispirare la serie realizzata poi da Anno.
La serie è edita da Yamato Video che ha rimasterizzato le pellicole originali, ricostruito il doppiaggio, e reinserito le parti che in televisione erano state tagliate dalle forbici benpensanti di Alessandra Valeri Manera (la stessa che censurò "E' quasi magia Johnny", "Dragonball", "Georgie", e tantissimi altri).
Inoltre la serie in DVD è arricchita da contribuiti scritti dai ragazzi Yamato che all'interno delle copertine hanno inserito tantissime curiosità sulla serie in “pre” e “post” produzione come bozzetti preparatori e aneddoti vari.
Alla serie "Nadia e il mistero della pietra azzurra" seguì anche un film, fiacco dal titolo “Il mistero di Fuzzy” e qualche videogioco di cui il più famoso è l'omonimo Rpg uscito per Megadrive, più o meno introvabile, ma all'epoca di fattura notevole.
Serie complessa, ben costruita e che ha l'onore di aver consacrato uno degli autori più importanti e visionari del nostro tempo: Hideaki Anno, che tra l'altro cadde in depressione alla chiusura della serie. Si risollevò poco più di quattro anni dopo con un altro capolavoro dell’animazione giapponese: “Neon Genesis Evangelion”.
Diego Altobelli (12/2007)
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