
Regia: Anthony Hopkins
Distribuzione: Delta Pictures
Uno scrittore sta lavorando alla sceneggiatura del suo prossimo film dal titolo “Slipstream”. Senza però rendersene conto, realtà e immaginazione si confondono divenendo un bizzarro affresco visivo che affonda le sue radici nel sogno.
Anthony Hopkins alla sua terza prova come regista dopo “Dylan Thomas: Return Journey” del 1990 e “August” del 1996, imbocca la strada del cinema sperimentale con una pellicola fortemente biografica, che ricorda la recente esperienza di Francis Ford Coppola con “Un’altra giovinezza”.
In “Slipstream – Nella mente oscura di H.” (mai titolo fu più profetico) immagini, suoni, persino intere sequenze, si intersecano l’uno all’altra, sfalsando i piani di lettura narrativa, giocando con il fuori sincrono della voce e, infine, creando volontari errori visivi. Una pellicola talmente “al limite” da far impallidire i lavori di Luis Bunuel come “L’età dell’oro” o un certo modo di narrare di “lynchiana” memoria.
Malgrado la difficile lettura del testo visivo, “Slipstream” è anche un film interessante che parla di cinema e della sua intima creazione. Non a caso la storia racconta la nascita di una sceneggiatura e del caos che questa porta: nell’animo e nel cuore di chi vi lavora prima; di chi la interpreta poi; e infine di chi la osserva sottoforma di pellicola ambiziosamente finita. Ma mai lo sarà nel cuore di chi l'ha scritta cercando nella sua opera la perfezione dell'arte.
Diego Altobelli (05/2008)
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