Anno: 2004
Regia: Takashi Shimizu
Distribuzione: 01 Distribuzione
L'americana Karen, una giovane studentessa universitaria, si trova in Giappone per uno scambio culturale. Una mattina le viene offerto di sostituire un'infermiera che presta servizio domiciliare ad un'anziana signora, Emma, ridotta a vivere in uno stato catatonico. La ragazza finisce per accettare senza troppi problemi. All'interno della villa però regna un inspiegabile disordine e strani rumori sembrano provenire dalla soffitta... Karen scoprirà presto che in quella casa si nascondono terrificanti presenze ultraterrene.
The grudge nasce nella terra del Sol Levante da una serie di film intitolati Ju-on e girati dallo stesso regista Takashi Shimizu. Contattato da Sam Raimi, il regista giapponese ha accettato di girare questo remake per l'America, ambientandolo nella sua patria, negli stessi luoghi e con i personaggi che avevano caratterizzato gli altri due film. L'operazione commerciale, che segue una moda iniziata con The ring, è insolita, ma funziona: il film diviene uno strano mix tra un mero remake, con un paio di scene riprese quasi identiche dagli originali, e un nuovo episodio della serie, riuscendo a spiegare alcuni particolari narrativi che venivano lasciati volontariamente irrisolti nei precedenti due capitoli. Chi ha visto i vari Ju-on potrebbe notare questa particolare crisi d'identità da parte del film, una sensazione che però non mina in modo sostanziale la visione dello spettacolo.
The grudge cela un'incredibile suggestione visiva. Shimizu possiede la capacità innata di fotografare la paura, di fermarla, di rallentarla come fosse un respiro soffocato. Con un ritmo quasi estenuante le sue immagini divengono visioni collettive di paure presenti nell'animo umano: il buio, la scoperta, la solitudine, tutto viene trasformato visivamente in Cinema. Un cinema fatto di allusioni, o illusioni, di miraggi, un cinema che indaga all'interno dell'immagine stessa cercando particolari che sembra mostrare e poi nasconde, in attesa di essere scoperti nuovamente. La paura diviene dunque questa: sapere che vi è qualcosa che non si ha voglia di vedere, di riconoscere. Poi il sonoro: distorto, alieno, disturbante, quasi ossessivo nella sua parte psicologica/narrativa. Questo dualismo, questo sapiente utilizzo di sonoro e immagine rende The grudge un film eccellente, un nuovo punto di riferimento del genere, senza mezzi termini.
Diego Altobelli (11/2004)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1064
Regia: Takashi Shimizu
Distribuzione: 01 Distribuzione
L'americana Karen, una giovane studentessa universitaria, si trova in Giappone per uno scambio culturale. Una mattina le viene offerto di sostituire un'infermiera che presta servizio domiciliare ad un'anziana signora, Emma, ridotta a vivere in uno stato catatonico. La ragazza finisce per accettare senza troppi problemi. All'interno della villa però regna un inspiegabile disordine e strani rumori sembrano provenire dalla soffitta... Karen scoprirà presto che in quella casa si nascondono terrificanti presenze ultraterrene.
The grudge nasce nella terra del Sol Levante da una serie di film intitolati Ju-on e girati dallo stesso regista Takashi Shimizu. Contattato da Sam Raimi, il regista giapponese ha accettato di girare questo remake per l'America, ambientandolo nella sua patria, negli stessi luoghi e con i personaggi che avevano caratterizzato gli altri due film. L'operazione commerciale, che segue una moda iniziata con The ring, è insolita, ma funziona: il film diviene uno strano mix tra un mero remake, con un paio di scene riprese quasi identiche dagli originali, e un nuovo episodio della serie, riuscendo a spiegare alcuni particolari narrativi che venivano lasciati volontariamente irrisolti nei precedenti due capitoli. Chi ha visto i vari Ju-on potrebbe notare questa particolare crisi d'identità da parte del film, una sensazione che però non mina in modo sostanziale la visione dello spettacolo.
The grudge cela un'incredibile suggestione visiva. Shimizu possiede la capacità innata di fotografare la paura, di fermarla, di rallentarla come fosse un respiro soffocato. Con un ritmo quasi estenuante le sue immagini divengono visioni collettive di paure presenti nell'animo umano: il buio, la scoperta, la solitudine, tutto viene trasformato visivamente in Cinema. Un cinema fatto di allusioni, o illusioni, di miraggi, un cinema che indaga all'interno dell'immagine stessa cercando particolari che sembra mostrare e poi nasconde, in attesa di essere scoperti nuovamente. La paura diviene dunque questa: sapere che vi è qualcosa che non si ha voglia di vedere, di riconoscere. Poi il sonoro: distorto, alieno, disturbante, quasi ossessivo nella sua parte psicologica/narrativa. Questo dualismo, questo sapiente utilizzo di sonoro e immagine rende The grudge un film eccellente, un nuovo punto di riferimento del genere, senza mezzi termini.
Diego Altobelli (11/2004)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1064
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