mercoledì 30 gennaio 2008

Tropical Malady

Anno: 2004
Regia: Apichatpong Weerasethakul
Distribuzione: Istituto Luce

In concorso all'International Gay e Lesbian Film Festival di Torino 2004, e in gara per il Premio della Giuria al Festival del Cinema di Cannes 2004, "Tropical Malady" è un film che racconta la storia d'amore, silenziosa e conflittuale, tra due omosessuali.

La pellicola è divisa in due fasi ben distinte e separate tra loro: una prima in cui assistiamo alla storia d'amore ingenua e spensierata tra Keng, un soldato in congedo provvisorio, e Tong, un contadino in cerca di un impiego fisso; ed una seconda fase completamente diversa, narrativamente e visivamente, in cui Keng si ritrova a dare la caccia ad una bestia feroce nascosta, da qualche parte, nella giungla.

E se la prima parte del film colpisce per la delicatezza visiva con cui viene descritto l'amore tra i due giovani, la seconda affascina e intriga grazie all'atmosfera misteriosa e alienante che trasmette. Nell'oscurità della giungla, infatti, il giovane soldato Keng si ritrova a cacciare una tigre (controparte misteriosa e feroce del suo animo) e a dare la caccia a fantasmi in cui ricercare un nuovo livello di consapevolezza emotiva. Seondo la volontà del regista Weerasethakul è nella giungla che Keng vive intimamente (esemplificata attraverso la visionaria caccia all'uomo da cui non può che uscire sconfitto) il suo rapporto con Tong e, quindi, con la sua sessualità.

Già premiato nel 2002 con "Blissfully Yours", "Tropical Malady" è il secondo film del regista tailandese Apichatpong Weerasethakul, pieno di allegorie e di figure metaforiche che si prestano a svariate interpretazioni personali. Tra le altre, analizzando il sottotesto, si percepisce anche un senso di strana inquietudine nella descrizione della Tailandia, Paese a cui sembra mancare una vera identità culturale: basta osservare la scena in cui i due giovani pregano una statua giocattolo, per avere un'idea di ciò.

"Tropical Mallady" è un film non semplice in cui facilmente si perde il senso di orientamento, domandandosi cosa stia effettivamente accadendo sullo schermo.
Malgrado ciò, riesce a colpire lo spettatore... anche per la personalissima interpretazione che dà del Cinema: luogo ameno e oscuro in cui ritrovare il selvaggio animo umano. Da recuperare.

Diego Altobelli (12/2004)
estratto da http://filmup.leonardo.it/sudpralad.htm

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