Regia: Gabriele Salvatores
Distribuzione: 01
Tratto dal romanzo di Niccolo’ Ammaniti, vincitore del Premio Strega, “Come Dio comanda” riporta Gabriele Salvatores dietro la macchina da presa dopo "Quo Vadis baby?". L’esito di questa nuova regia è altalenante, causa una sceneggiatura forse troppo sintetica rispetto al lungo romanzo a cui si ispira.
Nord Italia. Rino Zena è un padre violento, ma molto legato al figlio Cristiano che cerca di crescere malgrado la timidezza del ragazzino e i servizi sociali che li vorrebbero divisi. Durante una notte un loro amico ritardato, Quattroformaggi, stupra e uccide una ragazzina, amica di scuola di Cristiano. Rino corre in soccorso della ragazza ma è tardi e, preso da un momento di rabbia, viene colpito da un infarto. Spetta a Cristiano, allora, mettere a posto la brutta faccenda di sangue...
Per la seconda volta dopo "Io non ho paura" Salvatores s'ispira a un romanzo di Ammaniti, questa volta però con esiti non altrettanto felici. Il film di Salvatores, infatti, si modella di varie parti troppo spezzettate tra loro. Una prima in cui si assiste all’educazione di Cristiano; una seconda in cui conosciamo il microuniverso dei personaggi; una terza dedicata al fatto di sangue, fino al finale che, togliendo molto della natura intima del crepuscolare romanzo, salva tutti in un plateale happy end, poco in sintonia con il tenore della storia. Insomma il regista, cercando di riprendere i molti aspetti che componevano il complesso romanzo perde di vista i temi portanti della trama, ovvero l’incomprensibilità del gesto e l’assenza totale di sicurezze dell’uomo, posto da solo di fronte al proprio destino su cui non ha alcun tipo di controllo.
Per la seconda volta dopo "Io non ho paura" Salvatores s'ispira a un romanzo di Ammaniti, questa volta però con esiti non altrettanto felici. Il film di Salvatores, infatti, si modella di varie parti troppo spezzettate tra loro. Una prima in cui si assiste all’educazione di Cristiano; una seconda in cui conosciamo il microuniverso dei personaggi; una terza dedicata al fatto di sangue, fino al finale che, togliendo molto della natura intima del crepuscolare romanzo, salva tutti in un plateale happy end, poco in sintonia con il tenore della storia. Insomma il regista, cercando di riprendere i molti aspetti che componevano il complesso romanzo perde di vista i temi portanti della trama, ovvero l’incomprensibilità del gesto e l’assenza totale di sicurezze dell’uomo, posto da solo di fronte al proprio destino su cui non ha alcun tipo di controllo.
Bravi gli attori, comunque, Filippo Timi, molto convincente. Meno forte l’interpretazione di Elio Germano, un po' troppo compiaciuta.
Diego Altobelli (2008)
1 commento:
Una sceneggiatura che lascia a desiderare con personaggi non sempre credibili e dai risvolti non sempre verosimili.
Elio Germano non persuade nel difficile ruolo affidatogli.
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