mercoledì 19 gennaio 2011

Green Hornet

Anno: 2011
Regia: Michel Gondry
Distribuzione: Sony Pictures

Michel Gondry torna alla regia mettendosi al servizio del genere fumettistico. Dopo aver vagato tra le sensazioni dell’amore (“Se mi lasci ti cancello”), del sogno (“L’arte del sogno”) e del cinema (“Be Kind Rewind”), ora va a toccare le corde dell’intrattenimento riprendendo i personaggi di una (non troppo) nota serie radiofonica prima e graphic novel dopo, le cui origini risalgono niente meno che al 1936 ad opera del duo George W. Trendle e Fran Striker.

Britt Reid è il figlio scapestrato di uno dei più importanti editori di Los Angeles. Alla morte del padre, Britt eredita il quotidiano Daily Sentinel e fa amicizia con Kato, il giardiniere tutto fare del suo vecchio. Proprio grazie a Kato, Britt si ritrova coinvolto in una scorribanda notturna che lo porta a indossare i panni di Green Hornet, un vigilante mascherato. La pubblicità sul proprio giornale però, spinge la malavita a interessarsi del problema…

E’ fisiologico. Arriva per tutti il giorno della verità. Il momento in cui il genere esaurisce tutte le sue cartucce - le ispirazioni, gli entusiasmi, le sperimentazioni - per tramutarsi in cliché. E’ quello che si percepisce guardando “Green Hornet”, ennesimo fumettone scanzonato, fracassone, pieno di battute, inseguimenti, combattimenti e riferimenti ad altri film e fumetti. Una pellicola non brutta e neppure noiosa, dove ci si diverte parecchio anche grazie alla buona dose di umorismo che arricchisce la scrittura, ma dove si avverte l’inevitabile assenza di vere idee.

In “Green Hornet” (che un paradosso storico lo vuole precursore dei supereroi, prima ancora di Batman e Superman per intenderci) c’è davvero di tutto. Si va da riferimenti a Sin City, a Batman e Robin, alla Pantera Rosa, e persino a film action come “Arma Letale” o “Beverly Hills Cop”. Il protagonista è uno strano mix tra Peter Parker e Bruce Wayne; mentre il co-protagonista si chiama Kato, fa arti marziali e emula Bruce Lee che alla fine degli anni Sessanta lo aveva interpretato (veramente) nell’omonima serie televisiva. Cortocircuiti citazionali in cui il regista Michel Gondry ama sguazzare, ma l’effetto finale è comunque quello della mera calcomania.

Gondry, d’altro canto, ci mette del suo e la regia visionaria, soprattutto in un paio di sequenze, dimostra carattere e voglia di rinnovare. Da citare la scena in cui la malavita fa il passaparola sull’uccisione del vigilante, o il momento in cui il protagonista ricollega tutto quello che è avvenuto fino alla nascita di Green Hornet.

Insomma, “Green Hornet” è un film ben diretto, ben interpretato e diverte, ma pecca nell’assoluta mancanza di novità. Solo per patiti del genere.

Diego Altobelli (01/2011)

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