giovedì 10 dicembre 2009

A serious man

Anno: 2009
Regia: Ethan e Joel Coen
Distribuzione: Medusa

Annichilente rappresentazione dell’esistenza umana. I fratelli Coen questa volta ci vanno giù pesante e con A serious man firmano quello che può tranquillamente essere definito come il loro capolavoro. Sicuramente, il lavoro più personale e intimo della loro filmografia.

Preparatevi, signore e signori. Quello che state per vedere è un film che non concederà nulla allo spettatore. Dimenticatevi cose come l’immedesimazione e il coinvolgimento. Dimenticatevi l’happy ending. Esiste solo il racconto, la diegesi. Esiste solo la catarsi. Ebbene, godetene. Si spengono le luci e Joel e Ethan Coen (come fanno sempre nel loro Cinema) immergono a forza la testa dello spettatore in una immaginaria bacinella d’acqua dove confluiscono le immagini. Poi gridano: “Apri gli occhi!”. Gridano: “Guarda!”. Se avete visualizzato quanto scritto, potreste avere un’idea vaga della potenza di A serious man, una pellicola che avvicina i registi di Non è un Paese per vecchi allo stato dell’Arte.

In A serious man il protagonista è Larry Gopnik, e guardandolo verrebbe da dire: l’apoteosi dell’uomo fuori posto e fuori dal tempo. Da tutti i tempi. In procinto di divorziare, con dei figli che gli rubano soldi e fumano spinelli, con un capo al lavoro che preferisce ascoltare le lamentele di gente sconosciuta piuttosto che fidarsi di lui… A Larry succede di tutto e in poco tempo. Però lui ha un unico fine nella sua vita: essere una persona seria. Disciplinata. In qualche modo “logica” come la materia che insegna: la fisica. Per riuscirci chiederà aiuto a vecchi rabbini…

Claustrofobico fino all’esaurimento, con un ritmo “adagio”, alla ricerca continua di uno scossone, di una smossa e di una svolta, A serious man descrive la vita com’è. Senza fronzoli, senza divagazioni divertite e senza speranze. E la comicità, quando fa capolino nel racconto, è cinica e grottesca, nerissima. Come a dire: si ride per non piangere.

Il racconto dei Coen è “kafkiano” perché narra dell’impossibile incontro tra Larry e l’Assoluto, ovvero la soluzione ai suoi problemi: Dio. I Coen affondano quindi le mani nella religione ebraica e la chiave di lettura per il loro film è tutta lì. In una religione basata sull’attesa. Sulla non-reazione. Quale divertimento? Piuttosto utopistiche speranze. Incomprensibili rituali e formule che confluiscono nel linguaggio Yiddish e nella Cabala. Insomma, l’Incomprensibile è oggi fuori tempo massimo, suggeriscono i Coen, e cercare di dargli un senso è fatica sprecata. Esiste solo il Caos.

Nel film dei Coen non c’è niente, eppure c’è tutto. Critica sociale, critica religiosa, critica culturale. Con tutti i limiti dell’Uomo messi in mostra sul grande schermo per essere "sezionati". Freddo, distaccato, difficile. Un rompicapo? No, un autentico capolavoro.

Diego Altobelli (12/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/recensione-A_Serious_Man_I_fratelli_omaggiano_il_Caos-3891.html

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