martedì 21 dicembre 2010

Codice Genesi (The Book of Eli)

Anno: 2010
Regia: Albert e Allen Hughes
Distribuzione: 01 Distribuzione

Giunge nelle sale questo “atto di fede” dal titolo Codice Genesi (decisamente meglio l’originale The Book of Eli) per la regia di Albert e Allan Hughes che un po’ a sorpresa si rivela un “western post-atomico”.

Eli vaga da solo per le lande deserte di un’America sopravvissuta a una catastrofe atomica. Sul suo cammino i predoni mangiano altri esseri umani alla ricerca di acqua. Lui però, ostinatamente, prosegue il suo cammino verso ovest, portando con sé una copia (l’ultima) della Sacra Bibbia. Quando Eli raggiunge una cittadina, il despota Carnagie scopre il libro e vuole impossessarsene per sottomettere l’umanità…

I fratelli Hughes si sono fatti le ossa tra video musicali e cortometraggi, prima di approdare al cinema con il biopic La vera storia di Jack lo squartatore con Johnny Depp e Heather Graham. E a voler essere onesti la fotografia da video clip è la prima cosa che salta agli occhi. Le scenografie e i costumi echeggiano gli anni ’80 e sembrano usciti direttamente da Wild Boys e We don’t need Another Hero, rispettivamente dei Duran Duran e di Tina Turner. In sceneggiatura invece, la prima parte in solitaria del protagonista - un grande Denzel Washington - tipica della filmografia “post-atomica” (pensiamo ai recenti "Io sono Leggenda" e "The Road", o al sempre verde "Mad Max") qui appare un po’ troppo statica e noiosetta. Il personaggio gira a vuoto e il tragitto verso ovest sembra un po’ illogico (per fare un esempio a un certo punto Eli incontra nuovamente dei personaggi visti in precedenza: come è possibile, ci si chiede, se procede sempre verso ovest?).

Buone le interpretazioni. Denzel Washington tiene il film facendo incontrare in campo neutro Ken il guerriero e Malcolm X (non è uno scherzo); più omogeneo Gary Oldman, la cui fine ricorda quella di Scarface; convincenti le protagoniste femminili Mila Kunis (uno schianto) e Jennifer Beals (Flashdance).Ma come si diceva, per trovare mordente bisogna aspettare la seconda metà del film, quando The book of Eli rivela le vere intenzioni: quelle di voler essere un western a metà strada tra Sam Peckinpah e Sergio Leone (con tanto di omaggio musicale a Ennio Morricone fischiettato da uno dei predoni al soldo di Carnagie). Da quel momento in avanti il film, oltre a farsi cinematograficamente più interessante (splendido il piano sequenza per la scena dell’assedio alla casa nel deserto), rivela anche la sua natura mistica. Il messaggio di fede che vuole inviare.

Albert e Allan Hughes firmano una parabola sulla speranza. Sul mistero della fede. Sull’incomprensibile che diviene il messaggio universale inviato da Dio e rivolto a tutti. Per spiegarlo, i registi usano un background (quello del futuro post-atomico) per natura flessibile a qualunque tipo di situazione, e in effetti in The Book of Eli c’è un po’ di tutto. Questo a conti fatti il suo unico limite, non necessariamente un difetto. Troppo laborioso. C’è da scommetterci: non verrà capito da nessuno, o quasi.

Diego Altobelli (2010)

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