Anno: 2011
Regia: Jodie Foster
Distribuzione: Medusa Film
Ci sono varie ragioni per cui vale la pena andare al cinema e godersi questo “Mr Beaver”, Fuori Concorso a Cannes 2011 nonché ultima fatica registica dell’attrice Jodie Foster (due volte premio Oscar come miglior attrice). Ma la prima che viene in mente è che a stento troverete un Mel Gibson altrettanto umano, toccante e vero come in questa pellicola. Si abusa spesso dell’espressione “stato di grazia”, ma in questo caso gli calza a pennello.
Trama difficile e scomoda. Il maledetto parassita della depressione ha preso la vita di Walter Black. Prima sofisticato imprenditore di una ditta di giocattoli di successo; improvvisamente ombra di se stesso. Senza stimoli, senza gioie, senza voglia di vivere. Come lui stesso ammette a un certo punto, “tra lui e il balcone al decimo piano di un palazzo” c’è solo un orsetto. Beaver, appunto. Parlando attraverso la buffa marionetta che si porta dietro, Walter pare ritrovare coraggio. Sarà così veramente? E quanto può durare?
E se Mel Gibson, con i suo trascorsi dietro le sbarre e le denuncie di maltrattamento (al punto che nessuno pareva più volerlo a Hollywood) è il traino principale di questa pellicola – vederlo muovere la marionetta per rispecchiare le emozioni è il vero spettacolo -, non mancano altre ragioni di peso. Parliamo ad esempio di coraggio. E ci voleva una donna, guarda un po’, per tirare fuori gli attributi a questo cinema hollywoodiano impantanato tra supereroi e super remake. Jodie Foster, che a dirla tutta come regista non aveva brillato come da attrice (sua la regia di “Il mio piccolo genio” del 1991, e “A casa per le vacanze” del 1995), in questa occasione dimostra di sapere il fatto suo. Ottime alcune intuizioni, come il dualismo esistente nel film tra padre e figlio, un Anton Yelchin (qualcuno si ricorda dell’ottimo “Charlie Bartlett”?) qui studente e scrittore; o il saper mediare tra commedia e dramma in un equilibrio vacillante, che richiama idealmente la terribile malattia del protagonista. “Mr. Beaver” è allora anche un film sui rapporti famigliari, e su come il modo di relazionarsi finisca per essere una fitta rete di decisioni e scelte che condizioneranno altri, nel bene e più spesso nel male. Ambizioso, ma riuscito esempio di buona sceneggiatura, insomma, ad opera di Kyle Killen, insospettabile autore televisivo.
Jodie Foster tra ragione e pazzia trova la sua impronta registica. Con delicatezza e realismo, “Mr. Beaver” vi commuoverà e vi farà sorridere. E vi interrogherà su cosa state cercando davvero. Perché tutto è bene quel che finisce, punto. La Foster chiude lì la frase.
Diego Altobelli (05/2011)
Regia: Jodie Foster
Distribuzione: Medusa Film
Ci sono varie ragioni per cui vale la pena andare al cinema e godersi questo “Mr Beaver”, Fuori Concorso a Cannes 2011 nonché ultima fatica registica dell’attrice Jodie Foster (due volte premio Oscar come miglior attrice). Ma la prima che viene in mente è che a stento troverete un Mel Gibson altrettanto umano, toccante e vero come in questa pellicola. Si abusa spesso dell’espressione “stato di grazia”, ma in questo caso gli calza a pennello.
Trama difficile e scomoda. Il maledetto parassita della depressione ha preso la vita di Walter Black. Prima sofisticato imprenditore di una ditta di giocattoli di successo; improvvisamente ombra di se stesso. Senza stimoli, senza gioie, senza voglia di vivere. Come lui stesso ammette a un certo punto, “tra lui e il balcone al decimo piano di un palazzo” c’è solo un orsetto. Beaver, appunto. Parlando attraverso la buffa marionetta che si porta dietro, Walter pare ritrovare coraggio. Sarà così veramente? E quanto può durare?
E se Mel Gibson, con i suo trascorsi dietro le sbarre e le denuncie di maltrattamento (al punto che nessuno pareva più volerlo a Hollywood) è il traino principale di questa pellicola – vederlo muovere la marionetta per rispecchiare le emozioni è il vero spettacolo -, non mancano altre ragioni di peso. Parliamo ad esempio di coraggio. E ci voleva una donna, guarda un po’, per tirare fuori gli attributi a questo cinema hollywoodiano impantanato tra supereroi e super remake. Jodie Foster, che a dirla tutta come regista non aveva brillato come da attrice (sua la regia di “Il mio piccolo genio” del 1991, e “A casa per le vacanze” del 1995), in questa occasione dimostra di sapere il fatto suo. Ottime alcune intuizioni, come il dualismo esistente nel film tra padre e figlio, un Anton Yelchin (qualcuno si ricorda dell’ottimo “Charlie Bartlett”?) qui studente e scrittore; o il saper mediare tra commedia e dramma in un equilibrio vacillante, che richiama idealmente la terribile malattia del protagonista. “Mr. Beaver” è allora anche un film sui rapporti famigliari, e su come il modo di relazionarsi finisca per essere una fitta rete di decisioni e scelte che condizioneranno altri, nel bene e più spesso nel male. Ambizioso, ma riuscito esempio di buona sceneggiatura, insomma, ad opera di Kyle Killen, insospettabile autore televisivo.
Jodie Foster tra ragione e pazzia trova la sua impronta registica. Con delicatezza e realismo, “Mr. Beaver” vi commuoverà e vi farà sorridere. E vi interrogherà su cosa state cercando davvero. Perché tutto è bene quel che finisce, punto. La Foster chiude lì la frase.
Diego Altobelli (05/2011)
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