martedì 24 luglio 2007

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

Anno: 2004
Regia: Alfonso Cuaron
Distribuzione: Warner Bros.

Si cresce, si cambia e, presto, si diventa adulti. Per il terzo capitolo della saga di "Harry Potter" Alfonso Cuaron, preferito a Chris Columbus, rifiuta l'aspetto fin troppo infantile che aveva caratterizzato i film del suo predecessore, e confeziona un inno all'adolescienza e al gotico.

Harry Potter si ritrova a Hogwarts per il terzo anno della scuola di magia. Questa volta dovrà vedersela con un ricercato fuggito dalle prigioni di Azkaban: colpevole di aver complottato con il terribile Voldemort...

E' la paura, e non lo stupore, questa volta a caratterizzare il film. Harry e i suoi amici si muovono mossi dalla curiosità, sì, ma anche dall'angoscia di morire o rimanere feriti, nel corpo e nello spirito, nello scoprire i segreti che si celano dietro il misterioso fuggiasco, riflesso della fuga che invece compie Harry ogni anno dalla realtà. E questo aspetto, così ben reso dalla scenografia ancora una volta spettacolare, ma volta a un generale incupimento delle scene e delle atmosfere, riesce a rispecchiare il momento di crescita dei personaggi: il difficile passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Non più esaltazione della meraviglia, quindi, ma esaltazione del cambiamento e dell'angoscia che questo porta con sè. Quella di "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" è una regia felice e ispirata, forse persino un po' troppo ricercata in alcuni passaggi, ma che riesce, finalmente, a donare al mondo di Harry Potter una identità visiva e narrativa che finora mancavano.

Recitazioni identiche ai precedenti capitoli, se non fosse che i protagonisti sono cresciuti un poco e che quindi, conseguentemente, appaiono più maturi. Ma sotto questo aspetto degna di nota è solo Emma Thompson, immensa nelle vesti dell'insegnate Sybil.

"Harry Potter e il prigioniero di Azkaban" è considerato, a ragione, il film più “autoriale” della saga: quello con più personalità visiva e narrativa. E, fortunatamente, basta questo a salvare la pellicola dalla noia totale.

Diego Altobelli (07/2007)

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