Anno: 2007
Regia: Gus Van Sant
Distribuzione: Lucky Red
Dopo “The last days” e, soprattutto, “Elephant”, Gus Van Sant torna dietro la cinepresa a dirigere un film che descrive ancora una volta l'inquietudine e l'apatia dell'essere adolescenti.
Alex è un giovane appassionato di skateboard. Una notte, scappando da una guardia che vorrebbe trattenerlo, il giovane spinge accidentalmente l’uomo su un binario uccidendolo. Superato lo smarrimento iniziale, Alex decide di non raccontare nulla dell'accaduto…
Per "Paranoid Park" Gus Van Sant fa ciò che gli riesce meglio: fotografare la quotidianità dei giovani di oggi.
Apatia, inquietudine, delusione, noia, sono tutti sentimenti che con mano lucida Van Sant riesce a far emergere, a portare alla luce con estrema nitidezza registica. Inoltre, senza mai lasciarsi andare alla tentazione (voglia?) di esprimere un giudizio su quanto accade sullo schermo, il regista statunitense tratteggia una vicenda che ricorda molto da vicino, pur con le dovute distinzioni del caso, quella narrata in "Elephant".
Purtroppo però, pur essendo Gus Van Sant regista poliedrico che ci ha abituato a film di vario spessore e genere, con questo “Paranoid Park” non riesce a toccare le corde più intime e profonde dello spettatore. Alla noia generale di un soggetto che non spicca mai il volo, Van Sant rimedia alternando immagini in 35mm (usate per raccontare la vicenda), a quelle girate in super8 (utilizzate per mostrare le evoluzioni di alcuni ragazzi con il loro skate).
Andare sullo skateboard su e giù per le varie rampe diventa quindi per il regista la giusta allegoria dell’inquietudine, dell’apatia, e della frustrazione di un ragazzo qualunque.
L’abulica regia è però ben sostenuta dalla musica, che spazia nei temi di accompagnamento proponendo anche brani diretti dall’italiano Carlo Savina tratti da “Amarcord” e “Giulietta degli spiriti”. Rimane impressa, a tal proposito, la scena che vede Alex lasciare la giovane Jennifer: l’idea di non sentire le parole di rabbia della ragazza e di sostituirle con la musica di Savina risulta molto ispirata.
Tirando le somme “Paranoid Park” è un film che ha dalla sua armi come la buona tecnica registica (intima come una fotografia), e il buon montaggio (musica e immagini si sposano perfettamente). Purtroppo però il film mira in alto e malgrado l’esperienza e la tecnica che lo hanno realizzato, alla fine ci si chiede se tutte quelle evoluzioni con lo skateboard e quei continui primi piani non siano stati inseriti furbescamente al fine di sopperire alla mancanza di idee e allungare un brodo già visto.
Diego Altobelli (12/2007)
Regia: Gus Van Sant
Distribuzione: Lucky Red
Dopo “The last days” e, soprattutto, “Elephant”, Gus Van Sant torna dietro la cinepresa a dirigere un film che descrive ancora una volta l'inquietudine e l'apatia dell'essere adolescenti.
Alex è un giovane appassionato di skateboard. Una notte, scappando da una guardia che vorrebbe trattenerlo, il giovane spinge accidentalmente l’uomo su un binario uccidendolo. Superato lo smarrimento iniziale, Alex decide di non raccontare nulla dell'accaduto…
Per "Paranoid Park" Gus Van Sant fa ciò che gli riesce meglio: fotografare la quotidianità dei giovani di oggi.
Apatia, inquietudine, delusione, noia, sono tutti sentimenti che con mano lucida Van Sant riesce a far emergere, a portare alla luce con estrema nitidezza registica. Inoltre, senza mai lasciarsi andare alla tentazione (voglia?) di esprimere un giudizio su quanto accade sullo schermo, il regista statunitense tratteggia una vicenda che ricorda molto da vicino, pur con le dovute distinzioni del caso, quella narrata in "Elephant".
Purtroppo però, pur essendo Gus Van Sant regista poliedrico che ci ha abituato a film di vario spessore e genere, con questo “Paranoid Park” non riesce a toccare le corde più intime e profonde dello spettatore. Alla noia generale di un soggetto che non spicca mai il volo, Van Sant rimedia alternando immagini in 35mm (usate per raccontare la vicenda), a quelle girate in super8 (utilizzate per mostrare le evoluzioni di alcuni ragazzi con il loro skate).
Andare sullo skateboard su e giù per le varie rampe diventa quindi per il regista la giusta allegoria dell’inquietudine, dell’apatia, e della frustrazione di un ragazzo qualunque.
L’abulica regia è però ben sostenuta dalla musica, che spazia nei temi di accompagnamento proponendo anche brani diretti dall’italiano Carlo Savina tratti da “Amarcord” e “Giulietta degli spiriti”. Rimane impressa, a tal proposito, la scena che vede Alex lasciare la giovane Jennifer: l’idea di non sentire le parole di rabbia della ragazza e di sostituirle con la musica di Savina risulta molto ispirata.
Tirando le somme “Paranoid Park” è un film che ha dalla sua armi come la buona tecnica registica (intima come una fotografia), e il buon montaggio (musica e immagini si sposano perfettamente). Purtroppo però il film mira in alto e malgrado l’esperienza e la tecnica che lo hanno realizzato, alla fine ci si chiede se tutte quelle evoluzioni con lo skateboard e quei continui primi piani non siano stati inseriti furbescamente al fine di sopperire alla mancanza di idee e allungare un brodo già visto.
Diego Altobelli (12/2007)
1 commento:
Questo è un film che non devo perdere . Dalla tua recensione prendo atto che siamo comunque davanti a un bel film (anche se con alcuni difetti). Quindi da vedere comunque. Grazie Ciao.
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