Anno: 2009
Regia: Clint Eastwood
Distribuzione: Warner Bros.
Ci sono film che si piazzano al di sopra delle (p)arti e si vanno a sistemare in mezzo alla manciata di pellicole che chiunque, nella propria vita, dovrebbe vedere almeno una volta. Sono film spesso difficili da classificare, ma che rimangono impressi nella memoria. Innovativi, coraggiosi, sentiti e forti. Sono film come Gran Torino, firmato da Clint Eastwood.
Walt Kowalski, è un reduce del Vietnam in pensione che in garage, nella sua villetta di Detroit, custodisce una classica Ford Gran Torino: vero e proprio bolide del 1972. La storia ha inizio quando muore la moglie di Walt e l’uomo si ritrova a fronteggiare da solo i nuovi vicini di casa: una famiglia d’immigrati Hmong, etnia asiatica provenienti proprio dal Vietnam. Malgrado le riluttanze iniziali, poco a poco l’uomo impara a conoscere i suoi vicini…
Stupefatti. Così si rimane alla fine della proiezione di Gran Torino.
Incredibilmente sottovalutato ai Golden Globe, dove ha ottenuto solo una nomination come miglior canzone (Gran Torino, appunto, scritta e cantata da Clint Eastwood insieme al figlio Kyle), e ingiustamente snobbato alla notte degli Oscar, Gran Torino dimostra come oramai l’interprete di Dirty Harry abbia raggiunto un tale livello di spessore e perfezione che difficilmente sarà eguagliato da un altro uomo del nostro tempo.
Pellicola dalle molteplici valenze: specchio dei tempi di oggi, film crepuscolare sulla fine del tempo e del sogno americano, Gran Torino è soprattutto un film che parla di redenzione.
Clint Eastwood, che da solo regge il film tornando in veste di attore dopo Million Dollar Baby, per raccontare il viaggio salvifico di Walt da quelli che sono i suoi demoni sceglie a sorpresa la strada della commedia, seppure amara. Scimmiotta le battute e le espressioni di un Callaghan invecchiato, ma non si cura degli sguardi altrui (fuori e dentro lo schermo), proseguendo invece, tenacemente, verso una verità che alla fine del film lascia basiti.
Regia: Clint Eastwood
Distribuzione: Warner Bros.
Ci sono film che si piazzano al di sopra delle (p)arti e si vanno a sistemare in mezzo alla manciata di pellicole che chiunque, nella propria vita, dovrebbe vedere almeno una volta. Sono film spesso difficili da classificare, ma che rimangono impressi nella memoria. Innovativi, coraggiosi, sentiti e forti. Sono film come Gran Torino, firmato da Clint Eastwood.
Walt Kowalski, è un reduce del Vietnam in pensione che in garage, nella sua villetta di Detroit, custodisce una classica Ford Gran Torino: vero e proprio bolide del 1972. La storia ha inizio quando muore la moglie di Walt e l’uomo si ritrova a fronteggiare da solo i nuovi vicini di casa: una famiglia d’immigrati Hmong, etnia asiatica provenienti proprio dal Vietnam. Malgrado le riluttanze iniziali, poco a poco l’uomo impara a conoscere i suoi vicini…
Stupefatti. Così si rimane alla fine della proiezione di Gran Torino.
Incredibilmente sottovalutato ai Golden Globe, dove ha ottenuto solo una nomination come miglior canzone (Gran Torino, appunto, scritta e cantata da Clint Eastwood insieme al figlio Kyle), e ingiustamente snobbato alla notte degli Oscar, Gran Torino dimostra come oramai l’interprete di Dirty Harry abbia raggiunto un tale livello di spessore e perfezione che difficilmente sarà eguagliato da un altro uomo del nostro tempo.
Pellicola dalle molteplici valenze: specchio dei tempi di oggi, film crepuscolare sulla fine del tempo e del sogno americano, Gran Torino è soprattutto un film che parla di redenzione.
Clint Eastwood, che da solo regge il film tornando in veste di attore dopo Million Dollar Baby, per raccontare il viaggio salvifico di Walt da quelli che sono i suoi demoni sceglie a sorpresa la strada della commedia, seppure amara. Scimmiotta le battute e le espressioni di un Callaghan invecchiato, ma non si cura degli sguardi altrui (fuori e dentro lo schermo), proseguendo invece, tenacemente, verso una verità che alla fine del film lascia basiti.
L’occhio attento del regista fotografa il malessere, l’incomprensione e l’impaccio che inevitabilmente nascono dall’incontro di due culture lontane, ma unite dalla storia. Eastwood questa storia la racconta, offrendoci una novella formalmente perfetta che ci ricorda come il cinema, l’arte e la narrazione non hanno confini immaginabili dall’uomo.
Diego Altobelli (03/2009)
estratto da http://www.moviesushi.it/html/article.php?id=1364
5 commenti:
Buona recensione anche se hai commesso un errore nella trama.
Non è un reduce della guerra in Vietnam, bensì di quella in Corea, avvenuta almeno una decina di anni prima (confermata anche dall'età avanzata di Walt).
Credo tu abbia ragione, errore mio.
Ciao,
.d
Bella recensione. Un film (come immagino) di ottima qualità che non devo perdere.
Intenso e appassionante, asciutto e tecnicamente perfetto, Gran Torino coinvolge come pochi lavori e ha il pregio di invitare a riflettere e a discutere (merce sempre più rara sul grande schermo… e non solo).
bella recensione soprattutto l'attacco iniziale!
se poi uno ti conosce e immagina la tua tonalità di voce e la tua gestualità nel recitare quelle brevi ma intense battute iniziali....wowwwwwwwwwwwww!!!
Grande Diè: rimani sempre un mito per me!
te bascio
Giuli
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