martedì 11 settembre 2007

Su Sin City di Frank Miller, Robert Rodriguez

SIN CITY - Osservazioni sulla città del peccato - Premessa
Frank Miller ha più volte affermato: «...Sin City [...] è il luogo dove mi rifugio sempre quando non ho altro da fare. Torno sempre a Sin City...». Sin City è una visione, un affresco disarmante ma fatto d'incanto, di netti passaggi emotivi e schizofreniche carrellate aeree. Sin City è un film crudo e violento ma, possedendo una lucidità che è propria delle grandi opere, in quegli anfratti oscuri e nascosti riesce a descrivere sentimenti eroici e nobili. Sentimenti difficilmente rintracciabili nella vita di tutti i giorni e, proprio per questo motivo, universali. Sin City ha una forza espressiva tale da infrangere anche l'ultima frontiera, la sottile linea di confine esistente tra Cinema e Fumetto: lo stesso modo di intendere la "narrazione per immagini". «...L'aspetto divertente di portare in vita un fumetto sta nel fatto che ci si ritrova in un mondo di completa fantasia.», confida Robert Rodriguez, «...Per cui non ho tentato di complicarlo, ho cercato di adattarmi al suo corso e di divertirmi, la chiave del mio lavoro in questo film è stata quella di adeguarmi all'integrità del lavoro di Frank Miller». Se queste erano le intenzioni iniziali del regista, il risultato si può considerare esaustivo. Il film riprende le stesse scenografie, la stessa sceneggiatura, gli stessi dialoghi, gli stessi personaggi, spiazzanti per somiglianza e credibilità; e, naturalmente, le stesse atmosfere del fumetto originale.Conclude Miller: «... L'intera realizzazione del film è stata sbalorditiva per me. Sin City sarà la trasposizione di un fumetto più fedele mai vista sullo schermo. Ci troviamo tutti gli elementi dei fumetti che da sempre i registi hanno affermato di non poter portare al cinema, il particolare tipo di dialoghi, i tagli veloci dell'immagine. Siamo stati in grado di realizzare tutto in maniera innovativa. Credo che gli appassionati del fumetto e quelli del cinema saranno sorpresi da quanto Sin City sia diverso da qualsiasi altra cosa vista prima. Non si tratta di un realismo fantastico, somiglia più a un sogno febbrile».
Sin City è, come si diceva all'inizio, l'ultima frontiera, il punto di arrivo da dove ricominciare a parlare di Cinema. In fondo un nuovo inizio.

SIN CITY 1 - I fumetti
Un breve accenno alle singole opere che vengono riprese nel film. Il primo episodio, con un eccellente Mickey Rourke nella parte di Marv, è tratto dalla prima miniserie chiamata proprio Sin City (The Hard Goodbye), di prossima ristampa e pubblicata in Italia già nel lontano 1997 dalla Play Press. Il secondo episodio si rifà a Abbuffata di morte (The Big Fat Kill), in cui Clive Owen veste i panni di un giovane investigatore privato di nome Dwight che, per proteggere la sua nuova "amica", si trova coinvolto in una guerra di potere tra le Signore della notte, prostitute spietate e sanguinarie, e la mafia locale. Il terzo e ultimo episodio è forse il più bello e toccante di questo primo ciclo di storie e ha per protagonista Hartigan (un bravissimo Bruce Willis), un vecchio poliziotto che deve proteggere la giovane Nancy (Jessica Alba) da un redivivo Bastardo giallo, un serial killer pedofilo che aveva già ucciso nove anni prima. Questa miniserie è comparsa in Italia sempre sotto l'etichetta Play Press e ha preso il titolo proprio di Sin City, Quel bastardo giallo (That Yellow Bastard). Un ultimo episodio è rintracciabile nelle prime battute del film, nello specifico sulla scena del tetto in cui vediamo una donna, vestita di rosso, venire uccisa da un misterioso sicario. L'episodio in questione è apparso su una storia auto conclusiva, una delle tante su Sin City raccontate da Miller, dal titolo emblematico di La pupa veste di rosso e già pubblicata in Italia sempre sotto l'etichetta Play Press. Anche nella versione cartacea la bella ragazza non faceva una bella fine..

SIN CITY 2 - La tecnica
Inizialmente Rodriguez realizza un cortometraggio su Sin City e lo propone ad uno scettico Frank Miller che però, dopo averle visionate, accetta di cedere i diritti per farne un lungometraggio. «... Lo volevo come coregista, non solo come produttore o autore di fumetti, affinchè attori e tecnici ascoltassero il suo parere e lo rispettassero...», afferma Rodriguez. Miller è riuscito così a trasporre cinematograficamente la propria opera, il proprio disegno. La collaborazione con Miller ha innestato "l'invidia" di Quentin Tarantino, amico di entrambi. Leggende metropolitane narrano che il regista di Pulp Fiction e Kill Bill si sia offerto come special guest director, una nomina piuttosto singolare a dire il vero, per poi essere pagato solo un dollaro... A Tarantino è stata affidata una singola scena del film, quella in cui Dwight guida la macchina parlando con Jackie Boy (Benicio Del Toro), che gli siede morto affianco. Alla fine della ripresa il regista italoamericano ha dichiarato: «... se facciamo il seguito, pretendo di essere pagato almeno due dollari!»Per rendere il bianco e nero del fumetto, Rodriguez ha prima girato tutte le scene con delle macchine da presa digitali, utilizzando la tecnica del green screen, che consiste nel recitare davanti a un telo di colore uniforme. Successivamente le immagini sono state trattate al computer e affidate a tre diverse società di effetti speciali, una per ciascuna storia. Gli ambienti sono stati interamente generati in computer grafica e integrati, solo in una seconda fase, con gli attori, su cui poi sono stati aggiunti anche i colori.Un lavoro impeccabile, che indica la grande attenzione per l'aspetto visivo da parte di Rodriguez: «...Spasimavo all'idea di ricreare quelle immagini così complesse che Frank aveva disegnato [...] abbiamo deciso di usare la stessa procedura adottata da Frank nella realizzazione dei suoi fumetti [...] Riducendo lo sfondo all'essenziale, si è ottenuto l'aspetto innaturale desiderato.» Per rendere il film identico al fumetto in tutto e per tutto, non si potevano tuttavia trascurare il trucco e i costumi, affidati agli esperti Greg Nicotero e Nina Procter che hanno fatto ampio uso di protesi facciali, trucco e cicatrici, al fine di rendere umani i personaggi spigolosi disegnati da Miller. Un esempio su tutti è il Bastardo Giallo, a cui Nicotero non solo ha ricostruito letteralmente la faccia, ma anche il corpo. La Procter dal canto suo aveva l'onere di rendere incisivo il guardaroba dei personaggi, così come appariva nel fumetto. I vestiti dei vari personaggi infatti sono molto iconografici e identificabili, spesso addirittura ne disegnano il carattere, così la costumista ha dovuto rendere ogni vestito speciale e "unico". Anche qui un solo esempio per tutti: i tre impermeabili indossati da Marv, dei trench molto simili tra loro, ma che impedivano i movimenti all'attore Mickye Rourke, il quale appariva così come un soldato legato nei movimenti.

SIN CITY 3 - Gli eroi
I personaggi di Sin City sono spesso eroi solitari. Uomini abbandonati a se stessi che hanno perso ogni speranza e, per questo, parafrasando un'altra opera di Frank Miller, sono "senza paura". Figure violente e perse in un mondo che li ha traditi troppo spesso. La consapevolezza della loro condizione li porta, ad un tratto nella loro vita, a ritrovarsi di fronte a un bivio, che offre loro la possibilità di redimersi, di credere in un sogno, di combattere, un'ultima volta, per una giusta causa. E' in questo modo che i personaggi di Sin City assumono toni e atteggiamenti di nobili e compiono gesta eroiche. Loro non vogliono "ripulire" il mondo dalla malvagità e dall'oppressione, non sono identificabili nelle figure dei supereroi più classici, tuttavia combattono lo stesso tipo di malvagità e credono a tal punto in ciò che fanno, che spesso si ritrovano ad andare incontro alla morte. Persino il suicidio diventa un'alternativa valida al vivere senza aver combattuto. La morte in Sin City viene intesa non come sconfitta e fine di tutto, ma come un possibile traguardo morale per estirpare un male più grande: la malvagità sadica e insensata del potere politico e sociale. Nella maggior parte dei casi, infatti, il nemico da combattere è una figura "intoccabile", protetta dalle forze dell'ordine o comunque inavvicinabile. Il Bastardo Giallo di Hartigan, la Mafia di Dwight, lo psicopatico Kevin, o ancora il cardinale Roark, hanno in comune il fatto di essere cattivi troppo forti, spietati, o politicamente influenti, per poter essere affrontati senza correre il rischio di perdere qualcosa di caro... o la vita stessa. I protagonisti di Sin City somigliano molto a quei samurai, spesso ronin (senza padrone), che abitavano il Giappone quattro secoli fa. Uomini spinti da giudizi morali indissolubili, sicuri nel riconoscere la differenza tra bene e male, pronti a morire pur di difendere un loro ideale. Del resto Frank Miller non ha mai nascosto la sua passione per il Giappone feudale e la cultura che lo abitava...

SIN CITY 4 - L'uso del colore
Sin City è stato interamente concepito in bianco e nero. Chiaroscuri netti che delineano figure che vivono esclusivamente di notte. A Sin City il giorno è dedotto e, se il bianco e nero diventa l'elemento predominante dell'immagine, il colore può avere il solo scopo di identificare il male, la fonte di guai. Il Bastardo Giallo è l'esempio più eclatante, ma a ben vedere molti altri personaggi hanno come elemento caratterizzante l'uso del colore. Con questo stratagemma Frank Miller stravolge il concetto iconografico di bene e male che li vuole divisi dalla luce (e colore), che identifica di norma il bene, e l'oscurità (e la prevalenza del colore nero), che al contrario nell'immaginario collettivo più usuale evidenzia l'elemento negativo.Il bianco e nero è utilizzato anche allo scopo di creare il giusto climax narrativo - drammatico, facendo appello all'immagine iconografica del cinema noir e alle atmosfere di film come I gangster, Scarface, o Alba tragica. L'intuizione, a questo punto, è stata quella di non creare sfumature di colore e di azzerarle, alternando il colore del bianco e quello del nero. Quindi non un vero e proprio chiaroscuro, ma un contrasto dato dall'incontro/confronto continuo di questi due colori. Ad esempio vediamo Hartigan perdere sangue di colore bianco da un braccio, dopo essere stato ferito: il colore chiaro e quello scuro si sono dunque scambiati i ruoli. L'immagine e il modo di intenderla visivamente assume maggior importanza rispetto ad ogni altra conclusione logica, che vorrebbe, in un bianco e nero, di norma il sangue di colore scuro.

SIN CITY - 5 Il nuovo Pulp fiction?
E' solo un'illazione ma... A ben vedere sono diversi gli elementi che avvicinerebbero i due titoli: primo fra tutti è la presenza in entrambi di Quentin Tarantino che, girando la discussione in macchina tra Dwight e Jackie Boy, trasmette a quell'episodio quell'humour nero che aveva già caratterizzato il suo Pulp Fiction. Inoltre, entrambi i film sono assimilabili allo stesso genere narrativo: il pulp. I protagonisti sono "intercambiabili": nel senso che sono personaggi avvicinabili caratterialmente e molto simili fisicamente. Ma soprattutto la vicinanza tra i due film risiede nel fatto che curiosamente Sin City presenta una struttura narrativa similare a quella descritta in Pulp Fiction. Come nel film di Tarantino, difatti, tutto avviene nello stesso microuniverso narrativo e con una logica spazio – temporale solamente deducibile. Le tre storie di Sin City, così come avveniva nei vari episodi di Pulp Fiction, non sono raccontate in modo cronologico e di conseguenza si possono incontrare personaggi di cui hai già conosciuto le eroiche gesta e la fine, poche scene prima.Gli elementi comuni tra le due pellicole sono vari e se ne vuole offrire, in questa sede, solo una minima parte allo scopo di far nascere un eventuale spunto di discussione. Un'illazione, non vuole essere altro.

SIN CITY 6 - Conclusioni
Parte della critica si è lamentata della violenza gratuita del film e della mancanza di morale. Purtroppo molti critici hanno trattato Sin city in maniera superficiale. Su una cosa sola, a prescindere dai gusti personali di ognuno, tutti sono d'accordo: la pellicola ha una forza visiva mai vista prima sul grande schermo. E questo già da solo è un elemento che dovrebbe invogliare le persone ad andarlo a vedere.L'immagine fatta di bianchi e di neri è riuscita ad andare oltre la forma, riuscendo quasi a materializzarsi non con la computer grafica ma, come era accaduto già nel fumetto, con l'aiuto dell'immaginazione di ognuno di noi spettatore/lettore. Sin City, con la sua tecnica di sintesi dell'immagine ottenuta dal bianco e nero, possiede questa grande caratteristica rispetto ad ogni altro fumetto (che poi è la caratteristica di ogni grande sceneggiatore): quella di «...rendere visibile [con l'immaginazione] ciò che non si riesce [o non si vuole] a rappresentare [diversamente] ...». (Benoit Peeters).

Buona Visione e, stavolta, anche buona lettura.

Recensione Sin City

Diego Altobelli (2005)

Nessun commento: