Regia: James Mangold
Distribuzione: 20th Century Fox
Cosa può accadere all'ignara passeggera di un aereo quando si ritrova perseguitata da un ex agente dell’FBI? E’ quello che ha cercato di raccontarci James Mangold, regista talentuoso di “Quando l’amore brucia l’anima”, “Cop Land”, “Identity” e del remake di “Quel treno per Yuma”... Della serie: in quanto a curriculum non c’è male.
La vita dell’ingenua June viene letteralmente sconvolta dal misterioso Roy Miller. L’uomo è un agente dell’FBI accusato di aver tradito il proprio Paese e si servirà della donna per provare la propria innocenza e ritrovare una statuetta, contenitrice di una nuova fonte di energia: lo Zefiro. E’ l’inizio di una lunghissima scorribanda in giro per il mondo…
James Mangold deve aver immaginato una moderna favola quando ha letto la sceneggiatura di “Innocenti bugie” (in originale “Knight e Day”), riscrivendo un po’ il mito del principe azzurro (che qui ha le sembianze di un Tom Cruise decisamente sopra le righe) sul suo cavallo bianco (presumibilmente la moto che i due utilizzano a Siviglia nella scena madre del film). E proprio seguendo questa interpretazione, questa lettura che il film di James Mangold si fa apprezzare maggiormente. Oggi, infatti, sembra suggerire la temeraria trama – che si fregia di un’ossatura fatta di sparatorie e inseguimenti – l’uomo perfetto è incarnato in una statuetta (la fonte di energia che motiva la spy story) senz’anima. Gli uomini invece sono decisamente passati da eroi romantici a folli senza speranza. Le donne infine, in questa visione un poco maschilista della pellicola, non hanno smesso di sognare.
C’è dell’altro, naturalmente, perché James Mangold è uno che i film li sa fare, e bene, e lo dimostra ancora una volta reinterpretando di fatto un genere andato in auge negli anni '80 e '90: le spy story d’azione, quelle che per intenderci vedevano una coppia di protagonisti coinvolti in losche vicende poliziesche. E’ il caso ad esempio di “Due nel mirino” (John Badham, 1990), pellicola che ha molte cose in comune con questo “Innocenti bugie”.
Ben vengano insomma questi esperimenti di genere e ben venga James Mangold, che da dieci anni a questa parte non sbaglia un colpo.
Diego Altobelli (10/2010)
La vita dell’ingenua June viene letteralmente sconvolta dal misterioso Roy Miller. L’uomo è un agente dell’FBI accusato di aver tradito il proprio Paese e si servirà della donna per provare la propria innocenza e ritrovare una statuetta, contenitrice di una nuova fonte di energia: lo Zefiro. E’ l’inizio di una lunghissima scorribanda in giro per il mondo…
James Mangold deve aver immaginato una moderna favola quando ha letto la sceneggiatura di “Innocenti bugie” (in originale “Knight e Day”), riscrivendo un po’ il mito del principe azzurro (che qui ha le sembianze di un Tom Cruise decisamente sopra le righe) sul suo cavallo bianco (presumibilmente la moto che i due utilizzano a Siviglia nella scena madre del film). E proprio seguendo questa interpretazione, questa lettura che il film di James Mangold si fa apprezzare maggiormente. Oggi, infatti, sembra suggerire la temeraria trama – che si fregia di un’ossatura fatta di sparatorie e inseguimenti – l’uomo perfetto è incarnato in una statuetta (la fonte di energia che motiva la spy story) senz’anima. Gli uomini invece sono decisamente passati da eroi romantici a folli senza speranza. Le donne infine, in questa visione un poco maschilista della pellicola, non hanno smesso di sognare.
C’è dell’altro, naturalmente, perché James Mangold è uno che i film li sa fare, e bene, e lo dimostra ancora una volta reinterpretando di fatto un genere andato in auge negli anni '80 e '90: le spy story d’azione, quelle che per intenderci vedevano una coppia di protagonisti coinvolti in losche vicende poliziesche. E’ il caso ad esempio di “Due nel mirino” (John Badham, 1990), pellicola che ha molte cose in comune con questo “Innocenti bugie”.
Ben vengano insomma questi esperimenti di genere e ben venga James Mangold, che da dieci anni a questa parte non sbaglia un colpo.
Diego Altobelli (10/2010)
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