lunedì 25 ottobre 2010

La Horde

Anno: 2009
Regia: Benjamin Rocher, Yannick Dahan
Distribuzione: Fandango

Gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse per il genere horror consolidarsi in Francia, con quella che è stata ribattezzata la “nuova Nouvelle Vague” che ha fatto parlare di sé, e continua a farlo. Il motivo è presto detto: a fianco a un genere indirizzato a un pubblico di massa come è quello horror – con tutti gli accorgimenti del caso come violenza estrema e effetti splatter - i francesi affiancano motivi autoriali di grande impatto emotivo, sconfinando in temi sociali, politici e culturali. Ecco quindi udire echi di malesseri provenienti dalla periferia di Parigi; intravedere irrequietezze appartenenti a uno Stato visto come “padrone”; o il confrontarsi con una facilità a far parte di una malavita organizzata che, in qualche modo, è presente, in modo palpabile, come un male collaterale, ma necessario per “sopravvivere” (nel caso del genere questo termine non è preso a caso) alla vita. “La Horde”, diretto a quattro mani da Yannick Dahan e Benjamin Rocher, pur non raggiungendo apici autoriali come i vari “A l’interieur” o “Martyrs” e “Frontiers”, e sconfinando più nel gretto intrattenimento per la massa, non tradisce i motivi e i temi della “nuova Nouvelle Vague”, cercando anche di dire qualcosa di nuovo nel vasto panorama del sottogenere horror – zombie.

Quattro poliziotti decidono di vendicare la morte di un loro compagno penetrando nel covo di un trafficante nigeriano situato alla periferia di Parigi. L’assalto va storto, ma a complicare le cose è l’inizio della fine del mondo. Proprio quella notte, infatti, i morti hanno deciso di uscire dalle tombe e camminare sulla Terra…

“La Horde”, va detto subito, non è certamente uno dei migliori horror degli ultimi anni, ma riesce comunque a confezionare un paio di scene degne di essere annoverate negli annali. Ciò che accompagna la visione di “La Horde”, piuttosto, è una generale disperazione di fondo, trasmessa per mezzo dei protagonisti della pellicola e dei personaggi secondari (il vecchietto del gruppo è uno spasso ed è a tutti gli effetti l’anima del film), che non lascia indifferenti. Yannick Dahan e Benjamin Rocher, del resto, sono giovani e inesperti quanto basta (il primo proviene da un'unica esperienza televisiva, il secondo annovera un cortometraggio) per sopravvivere ai loro alti e bassi: da una parte urlare il proprio malessere e affermarlo con forza con la solita trama apocalittica, e dall’altra condire il tutto con della sana ironia che rimanda a una certa filmografia di registi come John Carpenter.

Forse, una sceneggiatura meno prevedibile e meno votata all’ironia, avrebbero reso il film più avvincente. Così com’è, comunque, rimane un buon esordio con un finale che non dimenticherete e una veduta sulla città di Parigi da mozzare il fiato.

Diego Altobelli (10/2010)

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