Regia: Howard McCain
Distribuzione: Eagle pictures
Film insolito questo "Outlander – L’ultimo vichingo", che dal titolo sembrerebbe una rivisitazione in chiave nordica de "L’ultimo dei mohicani". E invece, un po’ disorientati, ci si ritrova davanti a un ibrido fantasy/fantascientifico dai toni epici, i tratti del videogame e con qualche sequenza ispirata.
Anno 709 d.C, ci troviamo nei pressi del villaggio di Herot in Norvegia. Un’astronave aliena precipita in una vallata. Ne escono un uomo, Kainan, e un mostro, il Moorwen, a metà tra un drago una tigre e un camaleonte... Kainan, per non finire sbranato dalla bestia, fugge, ma viene catturato dagli abitanti di Herot. In breve tempo, comunque, l’uomo entra nelle grazie dei vichinghi, e con loro cercherà di uccidere la bestia che gli dà ancora la caccia...
Il regista Howard McCain, alla sua prima regia, ha dichiarato di essersi ispirato al poema epico Beowulf, che mentre era ancora al college, e molto tempo prima dell’uscita della trilogia del Signore degli Anelli, colpiva la sua fervida immaginazione. E in effetti di fantasia ce n’è davvero tanta! In "Outlander" i richiami ad altri film e ad altre storie sono molteplici. Da "Predator", a "Alien", passando per "La Cosa", lo stesso "Beowulf" realizzato in computer grafica, perfino arrivando a videogiochi come Halo o Monster Hunter, per tutti quelli che masticano un po’ la materia. Ma si badi bene, con questo non si vuole relegare il film di McCain ai soliti b-movie fracassoni e privi di spessore come, ad esempio, "Doomsday", anzi. La regia di "Outlander" risulta il più delle volte efficace, nella maggior parte dei casi funzionale, e a tratti persino ispirata, come per le sequenze in cui Kainan ricorda il proprio passato. La sceneggiatura, d’altro canto, sale lentamente di ritmo cominciando con scene quasi mute e portando poco a poco a far parlare i personaggi della trama. Idea efficace che fa dimenticare anche qualche ingenuità narrativa (il momento della gara degli scudi, per quanto suggestivo, non funziona proprio).
"Outlander – L’ultimo dei vichinghi", quindi, è un film onesto, nelle cui due ore di proiezione condensa tutti gli elementi del caso. L’amore, il tormento, la lotta, la rivalità e infine il destino, emergono a testa alta dalle situazioni che la storia presenta. Un film piccolo, ma dignitoso, cui forse avrebbe giovato un cast più ricco. Il bel Jim – "Angel Eyes" - Caviezel appare sempre un po’ troppo monocorde.
Anno 709 d.C, ci troviamo nei pressi del villaggio di Herot in Norvegia. Un’astronave aliena precipita in una vallata. Ne escono un uomo, Kainan, e un mostro, il Moorwen, a metà tra un drago una tigre e un camaleonte... Kainan, per non finire sbranato dalla bestia, fugge, ma viene catturato dagli abitanti di Herot. In breve tempo, comunque, l’uomo entra nelle grazie dei vichinghi, e con loro cercherà di uccidere la bestia che gli dà ancora la caccia...
Il regista Howard McCain, alla sua prima regia, ha dichiarato di essersi ispirato al poema epico Beowulf, che mentre era ancora al college, e molto tempo prima dell’uscita della trilogia del Signore degli Anelli, colpiva la sua fervida immaginazione. E in effetti di fantasia ce n’è davvero tanta! In "Outlander" i richiami ad altri film e ad altre storie sono molteplici. Da "Predator", a "Alien", passando per "La Cosa", lo stesso "Beowulf" realizzato in computer grafica, perfino arrivando a videogiochi come Halo o Monster Hunter, per tutti quelli che masticano un po’ la materia. Ma si badi bene, con questo non si vuole relegare il film di McCain ai soliti b-movie fracassoni e privi di spessore come, ad esempio, "Doomsday", anzi. La regia di "Outlander" risulta il più delle volte efficace, nella maggior parte dei casi funzionale, e a tratti persino ispirata, come per le sequenze in cui Kainan ricorda il proprio passato. La sceneggiatura, d’altro canto, sale lentamente di ritmo cominciando con scene quasi mute e portando poco a poco a far parlare i personaggi della trama. Idea efficace che fa dimenticare anche qualche ingenuità narrativa (il momento della gara degli scudi, per quanto suggestivo, non funziona proprio).
"Outlander – L’ultimo dei vichinghi", quindi, è un film onesto, nelle cui due ore di proiezione condensa tutti gli elementi del caso. L’amore, il tormento, la lotta, la rivalità e infine il destino, emergono a testa alta dalle situazioni che la storia presenta. Un film piccolo, ma dignitoso, cui forse avrebbe giovato un cast più ricco. Il bel Jim – "Angel Eyes" - Caviezel appare sempre un po’ troppo monocorde.
Diego Altobelli (07/2009)
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